15 febbraio 2021

Cinquanta sfumature di grigio, che fine ha fatto la Tavolozza dei colori della città del regolamento edilizio?

Che fine ha fatto la tavolozza dei colori del Comune di Cremona, allegata al regolamento edilizio? La domanda viene spontanea vedendo gli esiti degli ultimi rifacimenti delle facciate di alcuni edifici storici cremonesi, con la prevalenza di varie tonalità di grigio: palazzo vescovile, palazzo Stradiotti e chiesa di San Vincenzo. In tutti i casi a deporre per la scelta sarebbe stata la riscoperta dei colori originali. Nel primo caso sono stati l’architetto Massimo Fertonani, supportato dai restauratori Francesca Cè e Sonia Nani, ad effettuare diversi saggi stratigrafici sugli intonaci ritrovando gli antichi colori voluti da Faustino Rodi per la ristrutturazione del palazzo di fine Settecento, anche se lascia perplessi la scelta degli infissi grigioazzurri.

Lo stesso è avvenuto per palazzo Stradiotti, sede dei corsi della Fondazione Stauffer, ristrutturato dallo studio di architettura Rossi–Tarabella, e per la “chiesa degli Studenti” di via Palestro, che la restauratrice Alberta Carena ha riportato al colore originario, tornando alla tonalità precedente al verde intenso utilizzato per l’intervento degli anni Trenta. I risultati sono, in tutti i casi, decisamente “dissonanti” dal contesto in cui sono inseriti, consolidato nel tempo e nell’immaginario collettivo. La tavolozza dei colori, allegata al regolamento edilizio, stabilisce una serie di tonalità dove, effettivamente, è presente anche il grigio nelle sue varie sfumature, dalla pietra di sarnico al color calce, ma con una serie di avvertenze, riguardanti il peso cromatico delle tinteggiature. Ad esempio il fatto che “la realizzazione di una tinteggiatura deve creare un giusto rapporto tra la dimensione del supporto (la facciata dell’edificio) e il colore, bilanciando il peso cromatico degli interventi: è necessario valutare attentamente il tipo di tinteggiatura in relazione alla dimensione della superficie da trattare”. Oppure: “Nel caso di cortine composte da varie tipologie di facciate, è corretto rispettarne la dimensione destinato alle superfici ridotte colori scuri o molto saturi e alle superfici estese colori chiari o poco saturi”.

Osservando le ultime tinteggiature non sembra che queste indicazioni siano state rispettate, privilegiando il recupero filologico rispetto al contesto urbanistico consolidato nel quale si collocano, con risultati spesso stridenti, come nel caso di palazzo vescovile. La tavolozza dei colori era nata nel corso di un anno di lavoro del Laboratorio di Recupero del centro storico coordinato dall’architetto Lamberto Rossi e, per la Qualità urbana, da Barbara Croce con la partecipazione di alcuni giovani architetti cremonesi, come Riccardo Bianchini, Nelly Bonati, Elisabetta Bondioni, Federica Lusiardi, Paola Morandi, Stefania Terenzoni e Massimo Bocchi, ed altri interni all’amministrazione comunale come Simona Castellini, Nicola Delindati, Elena Martorana e Paola Varani. Per costruire la Tavolozza erano state individuate come aree campione alcune parti significative della città storica. All’interno di queste aree era stata condotta una ricognizione diretta basata sulla semplice osservazione del colore degli edifici.

L’analisi aveva portato ad identificare alcune famiglie cromatiche ricorrenti, sulle quali è stato indagato successivamente a livello strumentale. In contemporanea erano stati riletti i documenti conservati all’interno dell’Archivio di Stato di Cremona che riguardano le richieste fatte alla Commissione di Ornato a partire dall’inizio dell’Ottocento in merito alle tinteggiature degli edifici. In questo modo erano stati ritrovati molti nomi di colori che hanno fatto parte della tradizione della città, grazie ai quali si era riusciti a risalire alle tipologie di materiali adottati e, nel caso di terre e pigmenti colorati di formulare ipotesi sui loro luoghi di provenienza. Poi, come sappiamo, l’ufficio per la Qualità urbana, fortemente voluto dall’assessore Massimo Terzi, è stato smantellato. Ed ora il grigio ha finito per prevalere sulle altre tinte della tradizione, anche in contesti, come la piazza, dove sarebbe stato preferibile il mantenimento di una sequenza cromatica distinta che, anziché interromperne violentemente l’uniformità, ne avesse valorizzato il ritmo.

Fabrizio Loffi


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