Drusilla Foer, una "Venere nemica" garbata e ironica
A Firenze tutti conoscono Gianluca Gori: secco-secco, alto-alto, canta, balla, recita, disegna e fotografa. Dopo tanta gavetta, quando forse non ci sperava più, trova il successo sul web nei panni di Drusilla Foer, una toscanaccia ironica che maltratta amiche svaporate e la sua governante Ornella. Col tempo, il personaggio di Drusilla diventa più sofisticato e assai somigliante all’iconica top-model americana Carmen dell’Orefice. Anche la biografia inventata di Drusilla s’infittisce di aneddoti più o meno verosimili ma sempre affascinanti che condivide col pubblico nelle sue performance.
Oggi Drusilla Foer dimostra di saper fare tutto quello che Gianluca Gori era capace di fare già da un pezzo: è attrice di cinema e di teatro, scrive libri, canta assai bene e presenta in tivù (Festival di Sanremo 2022). Gori-Drusilla affronta temi sociali e di attualità, mescolando umorismo pungente e riflessione profonda. La sua figura di diva d’antàn coinvolge il pubblico con storie che sono allo stesso tempo personali e universali.
In Venere nemica, vista ieri sera al teatro Ponchielli, Drusilla sembra uscita da una rivista di moda anni Cinquanta: il vestito Christian Dior, quello di paillettes di Marilyn Monroe, le pose a citare Marlene Dietrich e Gloria Swanson. Affiancata da una spiritosa cameriera (Elena Talenti) che le versa champagne in continuazione, interpreta nientemeno che Venere, la dea della bellezza. Venere-Drusilla si lamenta della schiuma del mare da cui è nata e degli effetti collaterali della salsedine (le doppie punte!): perché il mare è bello dalla terrazza del tuo attico, ma viverci, nel mare, con tutti quei pesci e il via-vai di navi da crociera, è altra cosa.
Oggi Venere-Drusilla abita lontano dall’Olimpo. È finita a Parigi in mezzo ai mortali e finalmente può permettersi di provare l’imperfezione dell’umano esistere. Ci fa sapere che intende vendicarsi del figlio ingrato Amore, e di Psiche, amata da lui, sulla quale, da suocera nemica, proietta ogni rancore.
È la storia di Amore e Psiche di Apuleio che la presenza garbata e ironica della protagonista intreccia con riflessioni serie e momenti leggeri in una sorta di viaggio verso la consapevolezza di sé attraverso delusioni, prove dolorose, contraddizioni. Lei stessa, Venere-Drusilla, prima odia Psiche, la bella amante del figlio Eros; poi ammette di esserle suo malgrado riconoscente, perché ha scoperto la maternità e imparato ad amare qualcuno oltre se stessa.
Il testo è firmato dalla stessa Foer insieme a Giancarlo Marinelli sulla base antica di Apuleio. La regia dello spettacolo è affidata a Dimitri Milopulos. La scenografia è una parete specchiante su quadratura nera, fra fumogeni a profusione e luci aranciate.
Gori-Drusilla mescola citazioni colte a gustose derive pop: non è immemore di Paolo Poli, maestro nel travesti e fiorentino come lei (lui?) che nel 1994 aveva scritto con Ida Omboni un adattamento memorabile dell’Asino d’oro; omaggia Franca Valeri con le telefonate in sequenza ad Atena, Marte e Giunone che le attaccano il telefono in faccia; trova accenti commoventi nel dialogo con l’ombra di Psiche; nel canto, passa con nonchalance dall’aria settecentesca Lascia ch’io pianga di Farinelli a Nat King Cole, da Bye bye, baby de Gli uomini preferiscono le bionde al musical Chicago.
Divorate le vostre vite! Invita convintamente Drusilla alla fine.
Il pubblico applaude affettuosamente e lei ricambia con un delizioso fuori programma, cantando a cappella una canzoncina della sua Firenze.
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