Ciak, si gira. Il braccio di ferro tra Cesare Roth e Paolo per il segreto di Stradivari. L'intrigante sceneggiatura di "Stradivarius Cremonensis", il film di Salerno mai girato (24)
Nelle due precedenti puntate abbiano raccontato i retroscena della gestazione del film “Stradivarius Cremonensis” secondo la ricostruzione fatta da uno dei due sceneggiatori, Ernesto Gastaldi. Nell’ottobre 1985 il regista Vittorio Salerno pubblicò la sintesi del soggetto sull’opuscolo curato dall’amministrazione comunale con lo stesso titolo. La brochure in quattro lingue, di cui furono stampate cinquecento copie, aveva lo scopo di pubblicizzare il più possibile l’iniziativa.
Siamo nel 1775 a Cremona. Cesare Roth, mediocre liutaio tirolese, ma abilissimo commerciante di strumenti ad arco, giunge alla casa di Paolo Stradivari, l’ultimo figlio di Antonio Stradivari, morto alcuni decenni prima, nel 1737. Paolo, nato agli inizi del XVIII secolo, è ormai vecchio e gravemente malato. Il trafficante di violini dice di essere stato mandato a Cremona dal compositore di corte dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria per acquistare quanti violini siano rimasti in città del grande Stradivari. Paolo afferma di non possederne più, di averli venduti per necessità al conte Ignazio Cozio di Salabue. Ma Roth vuole in realtà impossessarsi dei “segreti” di Stradivari, che egli ritiene siano racchiusi in una cassa già sigillata, pronta per essere anch’essa spedita al conte Cozio. Essa in effetti contiene gli attrezzi, le forme, gli studi e i disegni del celebre liutaio cremonese (sono i cimeli del maestro che ancora oggi è possibile vedere al Museo del Violino).
Paolo, sentendo le forze mancargli, manda a chiamare suo fratello, padre Giuseppe Stradivari, per dettargli il suo testamento, e per pregarlo di tenere lontano da lui quel commerciante senza scrupoli, che lo minaccia e lo terrorizza, e che si è fermato nella vicina locanda della Colombina.
Così, dai ricordi dei due fratelli, cose viste quand’erano piccoli o sentite raccontare dai fratelli maggiori, e dalle pressanti domande di Cesare Roth, che vuol sapere tutto sulla vita ed il modo di lavorare di Antonio Stradivari, prenderanno corpo, mediante numerosi flashback, fatti e personaggi che vissero in quella casa e in quella città anche cinquanta o cento anni prima; rivivranno, cioè, i momenti più salienti, più emozionanti e più spettacolari della vita del grande Stradivari, dei suoi familiari, dei suoi amici e dei musicisti che frequentarono, Antonio Stradivari vivente, la sua casa e la sua bottega sotto la parrocchia di San Matteo.
In questa sede - racconta Vittorio Salerno - per ragioni di spazio ne citeremo solo alcuni:
Il frettoloso matrimonio del giovane Antonio Stradivari con la prima moglie, Francesca Ferraboschi, che si lasciava alle spalle una misteriosa vicenda di sangue (il primo marito di lei, Giovanni Giacomo Capra, figlio del grande Alessandro Capra, architetto e prestigioso uomo di lettere, fu ucciso di notte da un colpo di archibugio, sparatogli dal fratello stesso della donna).
L’ingresso della giovane coppia nella casa nuziale di S. Agata (che ancora esiste a Cremona) dove Stradivari cominciò a costruire i suoi primi violini e dove, in seguito, nacquero 6 figli: Giulia Maria (dopo soli cinque mesi dalle nozze), Francesco, Giacomo, Caterina, Alessandro e Omobono, due dei quali, Francesco e Omobono, appresero dal padre l’arte del liutaio.
I rapporti con gli altri liutai, le invidie, le gelosie: il famoso Giuseppe Guarneri, detto del Gesù, che praticamente ignorò Stradivari ed i Bergonzi, vivendo appartato e solitario, costruendo strumenti dal suono meraviglioso e dalla forma sgraziata.
Vedremo le abili mani di Stradivari mentre creano i famosi strumenti. Assisteremo all’appassionante gara tenutasi in Cremona tra i creatori di strumenti ad arco: nello splendido salone ove si riunivano gli studiosi dell’Accademia degli “Animosi”, vincerà la gara il violinista che suonò con uno strumento di Stradivari; vedremo i violinisti che nella bottega d Stradivari provavano e collaudavano i vìolini.
I contatti e l’amicizia che Stradivari ebbe con i violinisti del suo tempo: Gasparo Visconti, Giovan Battista Vitali, cremonesi, il Locatelli, bergamasco, poi tutti: Giovan Battista Lulli, Arcangelo Corelli, il Veracini, il Geminiani, il Tartini, Antonio Vivaldi e, per interposta persona, J.S.Bach.
I leggendari viaggi dei violinisti italiani già citati, che portarono la loro musica (e i violini di Stradivari e degli altri grandi liutai cremonesi) nelle corti dei regnanti di tutti i Paesi Europei di quel tempo (fine seicento, primi decenni del settecento): in Francia, in Spagna, a Monaco, a Vienna, a Dresda, a Londra, ecc…In queste città incontrarono e scambiarono le loro esperienze con musicisti e violinisti di altre scuole.
La prematura morte di Francesca Ferraboschi, ed il lungo anno di disperazione ed apatia di Stradivari, pressato dalle necessità familiari e dagli impegni del suo lavoro, che ormai (siamo nel 1699) gli veniva commissionato da ambasciatori provenienti da tutte le Corti Europee.
Il nuovo matrimonio con Antonia Maria Zambelli, dalla quale nasceranno altri cinque figli: Francesco Maria, Giovanni Battista, Giovanni Battista Martino, Giuseppe Antonio, il prete che abbiamo presentato all’inizio, e Paolo Bartolomeo, l’altro personaggio che ci serve per entrare ed uscire dal flashback.
Approssimandosi la fine del film, vediamo che il trafficante Cesare Roth si fa sempre più incalzante, aggressivo e spietato. Padre Giuseppe Stradivari non è riuscito ad allontanarlo da Cremona. Egli vuole conoscere la formula della “mitica vernice” che usava Stradivari e gli altri “segreti” che già in quel tempo (1775) la letteratura popolare attribuiva al grande Maestro. Roth, approfittando di un momento in cui rimane solo al capezzale di Paolo, gli strappa con la forza le chiavi della cassa, e la apre: prende a rovistare tra le forme, i disegni e gli attrezzi, ma inutilmente. Paolo, benché morente, trova la forza di sbottargli a ridere in faccia dicendo: “Mio padre, i suoi ‘segreti’ se li è portati nella tomba, perché ce li aveva qui (ed indica le mani) e qui! (e indica la fronte)”.
Il trafficante, quasi non volesse darsi per vinto, segue il funerale di Paolo e si trova al cospetto della lapide funeraria della tomba della famiglia Stradivari, nella chiesa di San Domenico, sulla quale scritto: QUI GIACE ANTONIO STRADIVARI e i suoi eredi, 1729. (Ma la chiesa nel 1859 fu demolita, ed i resti mortali degli Stradivari andarono dispersi, confusi con altri nella fossa comune al cimitero civico). Ora vediamo che la lapide, ben protetta da una cornice di marmo e cemento, è esposta in piazza Roma, ai giardini pubblici, contornata di fiori. Su questa immagine appare, in sovrimpressione, la scritta:
QUESTA PIETRA E’ CIO’ CHE RIMANE DEL SEPOLCRO DI ANTONIO STRADIVARI, MA I SUOI VIOLINI, NELLE MANI DEI PIU’ GRANDI INTERPRETI, CONTINUANO AD INCANTARCI CON LA LORO VOCE SOAVE, MERAVIGLIOSA, INCONFONDIBILE.
Il film - conclude Vittorio Salerno - sarà girato, nei costumi e nei luoghi dell'epoca, massimamente a Cremona. Ma anche a Mantova (per i Gonzaga), a Firenze ( i Medici), a Roma (Scarlatti, Corelli e Haendel), a Koethen (Bach e il principe Leopoldo), a Venezia (Vivaldi) e in tutte le Capitali europee nelle quali i violinisti italiani andavano a esibirsi.
3-fine
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