Dopo 26 anni torna Gioconda a Cremona. Grandi scene, effetti speciali ed un ottimo cast per una serata da applausi. Cinquant’anni fa sul palco del Ponchielli anche Aldo Protti
Dal 1996 non risuonavano le note della "Danza delle Ore" dalla buca del Tetro Ponchielli di Cremona. Un bel ritorno a casa per la partitura del compositore che dà il nome al massimo teatro cittadino, dopo un lungo "travaglio" compositivo che porta al "parto" di quest'opera alla quinta stesura. Gioconda è un titolo del grande repertorio che non vanta grande presenza nei cartelloni dei teatri. La stessa Cremona, che ha dato i natali al compositore, la prevede finalmente in cartellone dopo molti anni di assenza. Una curiosità storica: cinquant'anni fa, più precisamente il 22 febbraio del 1972, il grande baritono cremonese Aldo Protti salì sul palco del Ponchielli proprio interpretando in Gioconda il ruolo di Barnaba.
Lo spettacolo andato in scena questa sera ha colpito immediatamente gli spettatori per colpo d’occhio. Una scena ricca, evocativa delle grandi scene corali dell’Arena di Verona con i suoi soliti grandi numeri sul palco. E lo sguardo non tradisce poiché proprio in coproduzione con la Fondazione Arena di Verona è stato creato questo titolo. Uno sforzo notevole per il teatro di Cremona che ha intercettato, insieme ad OperaLombardia, al Teatro di Maribor ed al Bellini di Catania, le risorse necessarie per una produzione ricchissima. Una storia di amore, intrighi, tradimenti, il libretto di Boito è colmo di spunti che il regista Filippo Tonon ha saputo cogliere nel segno. Non solo le grandi scene mobili (firmate anch'esse dal regista) hanno saputo evocare perfettamente questa Venezia decadente in cui è ambientata la narrazione, ma il profondissimo palco del Ponchielli ha reso l’idea di uno spazio scenico immenso che, unito alle grandi masse presenti, dava un incredibile “effetto wow”. Bello ritrovare le luci di Fiammetta Baldiserri che già avevano incantato il Ponchielli nella produzione di Trovatore dello scorso anno. Molto belli anche i costumi realizzati dallo stesso Filippo Tonon con Carla Galleri. Per nulla facile la partitura ideata dall’illustre concittadino e nelle parti corali con tempo stretto si sono colti alcuni piccoli ritardi del coro rispetto all’orchestra. Un po’ meno perdonabile lo stesso problema evidente nel Barnaba di Angelo Veccia, timbricamente molto interessante, sfoggiando un mezzo vocale ricco di armonici pur con qualche ritardo sull’orchestra, appunto, nella prima scena. La sua prestazione ha poi trovato un equilibrio, convincendo anche dal punto di vista interpretativo. Ottima, intensa prova per Angelo Villari, che porta in scena un Enzo squillante e denso, con un bel colore brunito che ricorda tanto il Domingo dei tempi d’oro, quando ancora cantava da tenore. Ovazione per il suo intenso “Cielo e mar”. Agostina Smimmero propone una Cieca da applausi a scena aperta, come infatti è accaduto al termine di “Voce di donna o d’angelo”. Una gestione del suono, un colore ricco di armonici ed i fiati infiniti hanno regalato emozioni intense alla sala. Probabilmente, la migliore interpretazione della serata. Simon Lim interpreta un Alvise scevro da fronzoli ma preciso. Una prova che ha messo in buona luce il suo potente mezzo vocale ma che ha difettato, in alcuni tratti, di intonazione. Parentesi a parte, necessaria peró da menzionare, è l’articolazione del testo non sempre corretta. Prova magistrale anche per Cristina Melis, che canta una Laura cristallina, di grande impatto. Rebeka Lokar nel ruolo del titolo non brilla, e pur portando un’intenzione chiara nella sua interpretazione, non trova la via per esprimere appieno le proprie potenzialità. Dotata di un bel registro centrale, emerge purtroppo una disomogeneità tra quello grave e quello acuto. Nelle frasi più acute, poi, fatica a trovare l’intonazione corretta apparendo sempre spinta e crescente, in particolar modo nelle scene corali. Di buon livello i comprimari, convincono lo Zuàne di Alessandro Abis, l’Isèpo di Francesco Pittari. Potente la compagine corale, anche per merito dei numeri schierati (circa 60 coristi), che ha mostrato le qualità di un coro stabile pur non essendo esente da sbavature ritmiche. Bravissimi i giovani coristi del Coro di Voci Bianche A.LI.VE diretti da Paolo Facincani, che hanno brillato per intonazione, precisione e presenza scenica. L’Orchestra dell’Arena di Verona ha accompagnato l’intera composizione con un suono ricco, presente. Anche in questo caso non è mancata qualche marginale sbavatura nella sezione dei violoncelli ed in un accidentale attacco del corno, ma in generale ha sostenuto con decisione il cast vocale dando prova di grande qualità musicale. Non ha aggiunto nulla all’opera la bacchetta di Francesco Ommassini, che tiene con sicurezza le redini di questo grande cast senza lasciare nessuno indietro. Ommassini ha diretto con lucidità ed equilibrio, usando un pulso preciso ed un gesto fluido. Da 26 anni Cremona non vedeva quest'opera, ed ora probabilmente non la rivedrà nuovamente per un bel po’. Nel mentre, possiamo solo dire che Gioconda si sia fatta attendere a lungo, ma che ne sia valsa, indubbiamente, la pena.
fotoservizio Gianpaolo Guarneri/Studio B12
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