Cremonesi così: Alessandro Gnocchi, giornalista e scrittore di grande successo, punta di diamante delle pagine culturali de “Il Giornale”. Dalle cronache del Pizzighettone a ghost writer della Fallaci
Sesto appuntamento con “Cremonesi Così” la nuova avventura di CremonaSera, il viaggio che ci condurrà alla scoperta di personaggi che hanno la parola Cremona scritta nel loro percorso di vita. Sono molte ed interessanti le figure che, in vari modi, hanno contribuito a far conoscere la realtà di Cremona in Italia e nel mondo, noi vi porteremo da loro. Il primo appuntamento era stato con lo scrittore Sandrone Dazieri, il secondo con il Maestro Mauro Ivano Benaglia, terzo il medico Alberto Rigolli, quarto il fotografo delle étoile della danza Pierluigi Abbondanza, quinto il compositore Beppe Cantarelli.
Questa volta la rubrica mi porta a Milano, proprio a due passi dalla Madonnina, qui incontro il cremonese Alessandro Gnocchi, giornalista e scrittore. Oggi vive a Milano ma ha un profondo amore per Cremona, per la sua campagna, in particolare durante la nostra chiacchierata il racconto ci trasporta a San Lorenzo Picenardi, frazione del comune di Torre de’ Picenardi, dove il padre si rifugiò presso la cascina della famiglia Agarossi durante la Seconda Guerra Mondiale. Il “cat alùra”, così com’era stato con Beppe Cantarelli, ci eleva immediatamente in una dimensione quasi di amicizia. La cremonesità antica fatta di sapori della tradizione, delle piccole vie incastonate tra gli antichi palazzi dai tetti rossi, ed il suo affetto per una città in cui ritorna quasi ogni weekend per ritrovare la famiglia di origine e gli amici di sempre diventano la linfa perfetta con cui scogliere i ricordi.
L’affetto per il luogo in cui siamo nati e chi ci ha visto crescere lascia spazio anche al rammarico per ciò che la nostra città, spesso, mette in un angolo e dimentica.
In prima battuta il pensiero di Gnocchi va al concittadino Giampaolo Dossena, storico della letteratura ma, anche, giornalista e cultore di enigmistica, uno tra i massimi esperti di giochi ed il primo a renderli popolari sulle rubriche dei maggiori quotidiani italiani. Stessa sorte tocca al cremonese Danilo Montaldi, scrittore, traduttore, saggista e politico italiano.
Gnocchi muove i primi passi nel mondo del giornalismo cremonese collaborando con il quotidiano “La Cronaca Padana”, si occupava del Pizzighettone calcio. “Ricordo con grande affetto le domeniche in cui seguivo le partite, mi è rimasta impressa nella mente la tazza di vin brulè ed il salame che ci venivano offerti d’inverno per scaldarci alle partite, era bellissimo – sottolinea – sono affezionato a quei momenti, tanto è vero che continuo a seguire la squadra”. Da quei tempi, la sua evoluzione è stata straordinaria.
Alessandro Gnocchi è nato a Cremona il 3 agosto 1971. Ha studiato a Pavia e Firenze e tra le sue numerose pubblicazioni spiccano saggi di filologia italiana, libri sullo scrittore Giuseppe Berto, sullo scrittore e poeta Antonio Delfini senza dimenticare il poeta, scrittore, regista, sceneggiatore e drammaturgo Pier Paolo Pasolini.
Una vita dedicata agli studi universitari, una carriera accademica che tarda ad arrivare, il desiderio di indipendenza poi l’incontro con Vittorio Feltri che ne coglie il talento e lo avvicina al giornalismo professionista.
L’ultimo saggio presentato si intitola “Testori corsaro” ed è appena uscita nelle librerie la nuova edizione della Carta del Carnaro di Gabriele d’Annunzio, edizioni Giubilei Regnani, con il manoscritto inedito autografo di Gabriele d’Annunzio, testo curato da Alessandro Gnocchi, e l’introduzione di Giordano Bruno Guerri.
Una scrittura diretta, priva di fronzoli ne caratterizza la pubblicazione di libri ed articoli, un modo di raccontare la realtà ed i fatti storici che smuove riflessioni.
Partiamo da qui con l’intervista.
Testori corsaro, edizioni La Nave di Teseo, sono pagine in cui prendi per mano il lettore e fai ripercorrere la traiettoria di Giovanni Testori come editorialista e voce libera del giornalismo italiano tra gli anni 70’ e 80’. In queste pagine ci fai scoprire Testori ma c’è anche qualcosa di te?
L’interesse per Testori e per l’aspetto giornalistico della sua attività nasce da molto lontano. In passato la Fondazione Mondadori di Milano mi chiese di realizzare, insieme ad una collega, l’archivio di Testori, io mi occupai proprio del Testori giornalista. Lui conservava tutto. Il libo vuole sollevare un interrogativo: ciò che Testori scriveva in prima pagina sul Corriere della Sera, negli anni 70’/80’, articoli così provocatori e netti, potrebbero trovare ospitalità in prima pagina sul principale quotidiano nazionale oggi? La mia risposta è no. Non troverebbero spazio perché vanno in controtendenza rispetto alla cultura in cui viviamo. Testori non temeva di toccare il mondo della cultura, inteso come mondo dei salotti, oggi non esistono nemmeno più. Al tempo ebbe il coraggio di fare polemiche con personaggi di primissimo piano come Giorgio Napolitano e Gae Aulenti, figure intoccabili a Milano, lui li toccò forte. Lo scopo del libro era ricostruire l’attività non solo del Corriere ma anche per il settimanale Il Sabato, in cui il giornalista raccontava storie di vita comuni, casi di cronaca, dal tossico che si suicida alla bambina a cui viene strappata la collanina, da qui realizzava inchieste singolari.
Sei caporedattore della sezione cultura e spettacoli de Il Giornale, sei un importante riferimento per la cultura italiana, hai rivoluzionato il modo di scriverne al di fuori dai salotti, in un modo che assapora la libertà dell’essere, cosa ne pensi?
Sono caporedattore dal 2009 e ho sempre tenuto presente ciò che scriveva Guido Piovene, fondatore della terza pagina de Il Giornale, grande scrittore, grande inviato, grande personaggio, lui scrisse dei pezzi che sono il nostro faro; io non sono Guido Piovene, ma tento di seguire la sua linea: primo, non si prende mai in giro il lettore, se un libro è brutto, è brutto; secondo, questo lo trovo geniale e calzante, per essere bravi giornalisti culturali non si deve essere troppo giornalisti. Mi spiego, non si deve dimenticare che la pagina della cultura non deve essere schiacciata sulla cronaca, deve cercare di capire i grandi movimenti che fanno parte del nostro mondo. Ogni volta che ho un dubbio vado rileggere quei 3/4 articoli scritti da Piovene nel 1974 che, secondo me, sono ancora attuali. Piovene è stato un grandissimo personaggio, l’ho sempre ammirato ed ogni volta che penso che sto per sedermi sulla sua poltrona vengo colto quasi da una sorta di mancamento, ricoprire il suo posto per me è stato scioccante. Altro grande personaggio della terza pagina de Il Giornale che ho ammirato e che, invece, ho potuto conoscere è stato Enzo Bettiza, lui trasmetteva un respiro internazionale, fu il primo traduttore degli scrittori dissidenti sovietici. Queste figure sono una continua ispirazione.
Hai scritto un libro che ho trovato illuminante. Titolo Il capocannoniere è sempre il miglior poeta dell’anno, frase di Pasolini, calcio e letteratura. Sveliamo che, anche tu, sei stato un calciatore, tutt’ora innamorato, fedelissimo ai grigiorossi della Cremonese, per te il calcio è espressione di libertà e poesia. Vuoi parlarcene?
Invito tutti a cercare su YouTube le immagini di Alviero Chiorri, le sue giocate sono poesia e libertà, giocatore sopraffino che decise di fare la carriera a Cremona, raggiunse livelli elevati perché giocò nella Cremonese, forse, poteva ambire anche a piazze più importanti ma restò fedele alla maglia grigiorossa; in questo libro mi sono divertito a mettere insieme tutte le poesie sul calcio fatte da grandi come Umberto Saba, Pier Paolo Pasolini e tanti altri.
Hai scritto PPP (Pier Paolo Pasolini) Le Piccole Patrie, editore la Nave di Teseo, un libro in cui fai luce su un passaggio poco noto della vita di uno degli intellettuali più importanti del ‘900. L’adolescenza a Cremona tra il 1932 ed il 1935. Parli del Liceo Manin, della Canottieri Baldesio, del Po, una ricerca di autenticità e valori perduti attraverso gli occhi di Pasolini, una critica alla modernità ed il desiderio di indagare le proprie radici. Quanto è vera ancora questa visione?
Credo che questa visione sia ancora vera, è la lezione che ci lascia Pasolini e si può riassumere in uno slogan “Difendi, conserva, prega” che troviamo nella sua ultima poesia Saluto e Augurio detta, peraltro, da un ateo, da un non credente. Lui ha studiato al liceo Manin e restò sempre molto legato alla nostra città. Ciò che mi ha mosso a scrivere queste pagine è che Pasolini ha lasciato un romanzo, pubblicato solo molti anni dopo la sua morte, poco noto ma molto bello, che contiene una parte lunghissima interamente dedicata a Cremona. Trascorse pochi anni in territorio cremonese ma studiò al Liceo Manin e definì Cremona come la sua Patria. Ricordando il suo addio alla città sottolineò: “Si me ne andai da Cremona ma, per me, Cremona rimarrà sempre la mia Patria”. Ci sono parti meravigliose sulla città del Torrazzo, una descrive i vicoli che vanno da Piazza Roma verso il vecchio Ospedale, pagine che descrivono l’anima della città, il silenzio, la luce del sole, i tetti rossi, poi ho amato una parte dedicata al Grande Fiume dove spesso andava a giocare.
Nel video è disponibile una descrizione.
Nel 2016 hai scritto I nemici di Oriana. La Fallaci, l’Islam e il politicamente corretto. Introduzione di Vittorio Feltri. Racconti di una Fallaci scomoda ai media. È L’Oriana post 11 settembre 2001, la Fallaci che ha rotto le catene dei tabù esprimendo una posizione netta sull’Islam da lei ritenuto inconciliabile con i valori occidentali e l’immigrazione incontrollata, una forma di invasione demografica dalle incalcolabili ricadute culturali. Quanto anche questo è ancora attuale?
Penso che sia perfettamente attuale, forse oggi lo è ancora di più rispetto a quando fu scritta ma ciò che mise in evidenza nella “Trilogia” pone l’accento su fatti con i quali dobbiamo ancora misurarci, in primis il tema dell’immigrazione, ed il come dobbiamo relazionarci con le persone che arrivano e sbarcano in Italia. Lei aveva delle posizioni nette, forse troppo dure ma, comunque, è un punto di vista di cui tenere conto. Il libro vuole mostrare come in Italia sia stata demonizzata, maltrattata, in realtà, ciò che la Fallaci esprimeva, era stato detto anche da grandi intellettuali europei come Roger Scruton, Michel Houellebecq, la sua non era una visione isolata. Grazie a Vittorio Feltri, che ha scritto l’introduzione del volume, ho potuto lavorare molto con Oriana Fallaci, le facevo da “redattore occulto” sia per ciò che scriveva per Libero, sia in generale. Aveva un carattere molto duro ma essere al suo fianco è stato straordinario.
Il viaggio con Cremonesi così si interrompe per una pausa estiva. Cogliamo l’occasione per ringraziarvi per aver apprezzato l’iniziativa. Ci avete seguito in tantissimi. Ci ritroveremo a settembre con interessanti novità e tanti personaggi su cui già stiamo lavorando. A presto.
Nel video l’intervista completa. Non perdetela!
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