La leggenda della Merla. Rituale che scaccia Gennaio. La tradizione canora s’innesta nell’immaginario popolare. Canti e falò in tutta la provincia. Sabato la Merla torna anche a Cremona
I tradizionali "giorni della Merla", dal 29 al 31 gennaio, sono solitamente i più freddi dell'inverno, ma quest'anno potrebbe non essere esattamente così o almeno non in tutta l'Italia che sarà letteralmente spaccata in due. Secondo le previsioni, infatti, al Nord sono previste da giovedì pioggia e correnti gelide, con possibilità di importanti nevicate fin verso i 700 - 800 metri, soprattutto su Piemonte, Valle d'Aosta e Friuli Venezia Giulia per quella che gli esperti definiscono: "la nevicata più abbondante dell'anno". Mentre al Sud è previsto caldo record per la stagione invernale dove sulle Isole Maggiori e in alcune zone si sfioreranno i 22 gradi.
Nel cremonese sono previsti tre giorni di bel tempo con temperature massime che non scenderanno sotto gli 8 gradi. Non troppo freddo quindi, rispetto a come ci avevano abituato questi giorni negli anni passati e come tradizione vuole per i giorni della Merla che iniziano oggi, 29 gennaio, i più freddi dell'anno e si legano ad antichi riti agro-pastorali che accompagnano i passaggi stagionali, in questo caso il risveglio della natura trascorso l'inverno, con elementi imprescindibili come l'acqua ed il fuoco. Nel cremonese, ma anche nel lodigiano, in Friuli e nella Maremma grossetana sono caratterizzati dai canti. La tradizione, in vigore fino agli anni Trenta del secolo scorso, si era persa in seguito alle disposizioni sul coprifuoco nel corso dell'ultima guerra mondiale, poi in seguito allo spopolamento delle campagne negli anni Cinquanta. E' tornata agli inizi degli Settanta a Formigara, per poi estendersi progressivamente negli altri comuni di Crotta d'Adda, Soresina, Annicco, Trigolo, Pizzighettone, Gombito, San Bassano, Sesto ed Uniti, Genivolta, Stagno Lombardo, Pianengo e tanti altri.
Fitto il calendario degli appuntamenti, eccone alcuni. Sabato pomeriggio (ore 15) si canterà la Merla anche a Cremona, partendo da piazza Stradivari fino alla Cattedrale poi in Battistero e quindi in cortile Federico II con Luigi Dossena, voce narrante della “storia della Merla”, intercalato dal Gruppo corale ”Armonia” di Moscazzano, Credera e Rovereto guidato da Luca Tommaseo. Sabato sera alle 21 a Castelverde "La Merla al castello", Canti tradizionali della merla al Castello di Breda de Bugni con il coro Folk di Castelverde e i cantori della Merla di Marzalengo e San Martino. Sempre sabato sera Canti della Merla a Stagno Lombardo alle ore 21 presso la Cascina Lazzarini a Stagno Lombardo. I cantori: Kei Ke Resta de Stagn e il Gruppo di canto popolare di Cremona. Con l'accompagnamento del Gruppo di musica popolare del cambonino e il poeta contastorie Giovanni "CIOFFI" Gusberti. 29-30 e 31 i Canti della Merla a Crotta d'Adda, Meleti e Maccastorna in riva al fiume dall'una all'altra sponda. I canti della Merla verranno eseguiti dalla Corale della Valle dell’Adda “Paolo Asti. Sabato 1 febbraio alle ore 21,00, in riva all'Adda a Pizzighettone ad ascoltare i tradizionali canti della Merla attorno al falò accompagnati dal coro Paolo Asti e i Cantori della Valle dell'Adda. Canti a Casalmaggiore Domenica 1 febbraio in piazza, a cura della Pro loco, ‘I canti della terra ’, tradizioni contadine casalasco-piadenesi. L’appuntamento è previsto (nei giorni della merla) dalle ore 16, con l’accompagnamento del coro ‘I giorni cantati’ di Calvatone e Piadena. A Grumello Cremonese sabato 1 febbraio, nel salone conferenze di Cascina Castello, i ragazzi del coro Stemm in grup, diretti dal maestro Angelo Mozzi, si cimenteranno nei canti tradizionali della Merla e popolari, tipici dei giorni più freddi dell’anno: la serata sarà presentata da Luigi Arli e terminerà con il falò della vecia.
Nonostante la sua diffusione, l'origine della tradizione e delle leggende che l'accompagnano non è chiara, hanno tuttavia in comune due temi fondamentali: il merlo ed il fiume. Il tema più antico narra che gennaio aveva 28 giorni, ma ne prese in prestito 3 da febbraio per vendicarsi della merla, la sua antagonista, in quanto era invidioso della sua candida livrea e del suo canto, e la perseguitava con violente bufere ogni qualvolta la poveretta usciva dal riparo. Finalmente la merla pensò di riempire il suo caldo nascondiglio di così tante provviste bastanti per tutto il mese e allo scadere del 28esimo giorno, quando finalmente riuscì all'aperto credendo che l'inverno fosse finito, gennaio, avendo ottenuto tre giorni in più, ritornò ancora più aggressivo di prima e la costrinse a ripararsi in un buio e sporco comignolo; la merla dal candido piumaggio alla fine si salvò, ma le sue piume restarono grigie per sempre.
Della leggenda esiste anche un'altra variante con al centro sempre una merla dal piumaggio bianco che, infreddolita e indebolita dalla mancanza di cibo dovuta al gelo, un giorno scelse di trovare riparo dentro un comignolo. Il volatile decise di restare al caldo per tre giorni, quelli più freddi. In questo modo riuscì a recuperare forze e sopravvivere, diversamente da altri uccelli. Nel frattempo la merla, rimasta a contatto con la fuliggine del comignolo, era diventata interamente nera. Essendo l'unica merla rimasta in vita, da allora tutti i merli nacquero neri come il carbone.
«Se vùm mìia a cantàa la Mèerla, fùm mìia bèl de galéte», «Se non andiamo a cantare la Merla, non facciamo un buon raccolto di bozzoli», si diceva con sentita convinzione nelle campagne della Bassa Padana. E tutti facevano del loro meglio perché questa tradizione riuscisse alla perfezione ed ottenesse gli auspicati effetti nella corale partecipazione ad un rito folklorico in cui il dialetto era (ed è) linguaggio elettivo, portatore ed evocatore di un’aurea dalla forte connotazione identitaria.
Oltre ad essere cantato, quello della ‘Merla’ è un dialetto narrato attraverso la poesia, presente nel filone lirico di Melchiorre Bellini e nella produzione di Alfredo Pernice, il quale dedicò al nero e mitico pennuto un’intera composizione, pubblicata sulla rivista «Cremona», nel gennaio-febbraio 1941. In questi versi il poeta ci parla di un generale chiamato Merlo, e di un Gennaio che non si decideva mai a por fine ai rigori stagionali, così come di una Merla bianca avente tale colore non per caratteristiche albine d’origine, ma a causa dello spavento procuratole dal primo mese dell’anno.
Questi versi sono la testimonianza della pluralità creativa del folklore, che si propone e si manifesta in un modellamento ininterrotto di varianti nel ricordo e nella qualità di alcuni giorni ‘canonizzati’ in chiave popolare dall’immaginario collettivo.
La Merla 29-30-31 genàar
La versione di Pernice inserisce una circostanza militaresca alla leggenda del contrasto fra l’impertinente pennuto che si prese gioco di un mese ormai giunto agli ultimi sgoccioli, ed un Gennaio permaloso e vendicativo che punì le smancerie della Merla facendosi prestare alcuni giorni dal dirimpettaio Febbraio. Così esso venne a costringere il pennuto, allora bianco, a rifugiarsi in un camino, dal quale sarebbe uscito, dopo tre giorni, nero come la notte. Nella tradizione cremonese, insieme a questa leggenda, ve sono altre tre, che vengono riportate da Giampaolo Dossena nella sua «Guida a una Cremona leggendaria misteriosa insolita fantastica».
Nella prima, si racconta che la Merla fosse una vecchia che voleva sposare un giovanotto; per meritarselo essa stette nuda quei tre giorni sul tetto; al terzo giorno il giovane corse da lei e la trovò stecchita.
Nella seconda, si dice che il Merlo e la Merla fossero due sposi novelli, che volevano tornare a Cremona; essi dovevano attraversare il Po in barca; ma il grande fiume era gelato. Gli sposi aspettano il 29, aspettano il 30, aspettano il 31; per l’impazienza provano ad attraversare il fiume con un ninsòt, una slitta; la crosta cede e i due muoiono annegati.
Va precisato che i temi delle leggende riguardanti la Merla del mito non sono presenti nei testi delle canzoni tradizionali che verranno cantate nei classici trìi dì de la Mèerla, il 29-30-31 gennaio o il 30-31 ed il 1° di febbraio, in molti paesi del Cremonese. In queste canzoni vi sono incisivi riferimenti al rinnovo della natura, che rimandano in modo manifesto, o attraverso metafore, all’approccio amoroso fra giovani maschi e giovani femmine, e che confermano tenere promese nella linfa perpetua della vita. Interessanti sono i prestiti e i contagi avvenuti fra melodie presenti in un areale italiano molto vasto; melodie che sono state come selezionate dal piacere canoro popolare per entrare a far parte della tradizione locale della Merla. (dalle ricerche di Agostino Melega)
I brani ‘cristallizzati’ dal folklore in territorio cremonese sono:
1) Trà la rùca in més a l’èera (‘Butta la rocca in mezzo all’aia’); 2) La culumbìna biàanca (‘La colombina bianca’); 3) Bèl uzelìn de’l bòsch (‘Bell’uccellino del bosco’); 4) Chèl uzelìn che càanta in turezéla (‘Quell’uccellino che canta in torricella’); 5) L’àaqua de’l Travacòn ( l’acqua del Travacòn). Il rito viene concluso dalla mascherata del “contrasto fra Martino e Marianna”, un brano ‘a dispetto’ che un tempo ragazzi e ragazze dentro e fuori le stalle si rimandavano a vicenda, e che nel mantovano e sull’Appennino bolognese veniva cantato per san Martino, l’11 di novembre.
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commenti
Lilluccio Bartoli
29 gennaio 2025 07:31
Auspico che, finiti i giorni della merla, inizino quelli del merlot, da bravo iscritto alla lega antianalcolica.