Santa Lucia porta ai cremonesi il regalo più bello: terminati i restauri nella sua chiesa, tornata ad essere una splendida bomboniera barocca
Il più bel regalo che Santa Lucia farà ai cremonesi sarà…lei stessa. E’ terminato infatti in questi, giorni il restauro della graziosa chiesa, la più cara ai cremonesi, che ha restituito ai fedeli quell’aspetto di preziosa bomboniera barocca che ne doveva costituire la veste originale. E questo scrigno è pronto ad aprirsi nella notte più lunga dell’anno, per accogliere le preghiere e le letterine scritte all’amata santa. Un lavoro duro e delicato, complicato dal persistere della pandemia, di cui possono essere giustamente fieri il parroco don Antonio Bandirali, gli architetti Ezio Gozzetti, progettista e direttore dei lavori, Eva Balestreri, che ha curato l’impianto di illuminazione, ed i restauratori Luigi Rizzi e Federica Cattadori. “Tutto è iniziato qualche anno fa con la caduta di calcinacci dalla volta, appena finita la messa - racconta l’architetto Ezio Gozzetti - da qui si è partiti sensibilizzando la parrocchia e la città sulla possibilità di recuperare fondi ed iniziando un intervento partito con molte difficoltà, soprattutto economiche. Dopo don Stefano Moruzzi ha preso in mano la situazione don Antonio, permettendo di estendere il restauro, originalmente limitato alla zona absidale. Si è cercato di non rompere l’armonia, l’omogeneità dell’intervento, mantenendo l’unicità dell’ambiente frutto di numerosi rimaneggiamenti. Per una corretta visione cromatica sarebbe oggi interessante intervenire sui pilasti della navata centrale e sui sottarchi. Però va riconosciuto a don Antonio di avere fatto uno sforzo enorme. Abbiamo ritenuto opportuno rifare anche l’impianto elettrico nella sua parte superiore, obsoleto e pericoloso, per offrire una nuova lettura di quanto fino ad oggi ai cremonesi era del tutto sconosciuto. L’intervento è stato impegnativo ed estremamente difficile perchè i restauratori si sono venuti a trovare in presenza di situazione decisamente anomale e difficili da gestire, però il risultato finale ci riempie di soddisfazione”. “Il recupero dei fondi necessari è stato estremamente difficoltoso - spiega don Antonio Bandirali - abbiamo avuto un solo donatore, e poi forse ventimila euro, su un totale di circa 340.000, di cui pagati almeno la metà. Rispetto ai tanti che mi hanno chiesto un ampliamento dell’apertura, devo far presente le difficoltà di una chiesa sussidiaria. Certamente cercheremo di mantenere alcune celebrazioni liturgiche, ma servono molti soldi. La mia è una parrocchia di quattro chiese, di cui due sussidiarie. Cercheremo nel possibile di ampliare la conoscenza di questa chiesa da parte dei cremonesi, la città ha tante aspettative, io ancora di più”.
“Nostro lavoro iniziale è stato mettere in sicurezza tutte le parti che potevano cadere - spiega il restauratore Luigi Rizzi - un lavoro lungo e difficoltoso. In 35 anni di restauri non abbiamo mai riscontrato una situazione del genere, con cadute importanti. Le cause principali che hanno portato a tale stato di degrado sono da attribuirsi all’umidità di risalita capillare e alle infiltrazioni d’acqua dall’estradosso. Considerate le condizioni dell’intonaco, in prossimità della base della soffittatura delle campate laterali, si suppone che, in parte, l’acqua piovana infiltrata dal tetto sia scivolata lungo la curva andando a permeare il materiale di risulta stipato nell’estradosso, alla base della quota di imposta della volta. L’acqua di infiltrazione durante l’evaporazione ha innescato efflorescenze saline, esfoliazioni e decoesioni del colore, visibili in alcune zone delle pareti. L’umidità di risalita capillare ha colpito la parte bassa delle pareti determinando rigonfiamenti, distacchi, cadute di stucco e decoesioni del colore; in alcune zone ha innescato la formazione di annerimenti dovuti ad attacchi microbiologici. Anche le dorature degli stucchi si presentano in parte esfoliate e in alcune zone mancanti. Un’altra causa di degrado è la dissoluzione nell’ambiente di sostanze degradanti. Queste ultime derivano dai fumi delle candele, dagli incensi, dagli inadeguati metodi di riscaldamento e nella formazione naturale di pulviscolo superficiale. L’insieme di tali sostanze si è sedimentato in un particellato grigiastro sui dipinti murali della chiesa, causando un’ alterazione cromatica generale che offusca tutte le superfici. Diverse sono le fenditure e le crepe; parti di queste sono originate dai movimenti di assestamento dell’edificio. Le più grandi sono state monitorate e ad oggi non è rilevabile nessun movimento. Le parti in stucco più compromesse, a rischio di caduta, sono state protette con una velinatura di carta giapponese e di garze, realizzata con resina metacrilica in solvente. Gli stucchi sono stati messi in sicurezza con perni in vetroresina zigrinati e malta fine caricata con resina acrilica.Conclusa la prima fase di consolidamento cautelativo si è iniziata la pulitura delle superfici decorate.”
La chiesa dedicata a Santa Lucia, che sorge nell’anonima piazza, èuna delle più antiche di Cremona; secondo tradizione fu voluta dalla regina Teodolinda nell’ anno 622, dopo la distruzione di Cremona del 603. Questa chiesa sembrerebbe il secondo edificio innalzato dopo il tempio di San Michele. Il vescovo Anselmo la benedì nel giorno 28 ottobre dell’anno 623.
Molti invece, la datano intorno al 1120, come dimostrano alcuni caratteri stilistici di parti superstiti, quale l’abside di sinistra con i beccatelli allungati, tipico dello stile romanico cremonese. Nel secolo XIII la chiesa di Santa Lucia era collegiata, ma il prevosto Cristoforo Brumani l’aveva ceduta ai Chierici regolari Somaschi, per questo la cura delle anime passo alla chiesa di Sant Egidio ed Omobono. I Somaschi però restarono coadiutori della stessa cura sino al 1798, quando vennero soppressi. Nel 1808 essendo stata la parrocchia di S. Egidio e Omobono riunita a quella di S.Agostino, la Chiesa di Santa Lucia fu posta sotto la dipendenza del parroco di S. Pietro.
Riposano in essa le ceneri del vescovo di Sora Marc'Antonio Salomoni cremonese, chierico regolare somasco morto nel 1615 e di altri uomini illustri. L’edificio presenta una sobria facciata in cotto, ricostruita da Giovanni Dattaro alla fine del XVI secolo, ed è scandita da lesene binate poggianti su alto zoccolo e con cornicione aggettante su piccole mensole. Ai lati del timpano si trovano due volute che lo raccordono con l’ordine inferiore. La sommità è alleggerita da pinnacoli piramidali. Al centro della facciata si apre un finestrone settecentesco, in sostituzione del rosone originario. L’Abside di sinistra conserva interessanti frammenti di affreschi appartenenti all’antica decorazione duecentesca ; il catino absidale presenta un’incoronazione della Vergine, affresco ricco di elementi tardo gotici, attribuito ad Antonio De Ferrari e risalente alla prima metà del XV secolo. All’interno della chiesa sono custodite opere pregevoli attribuite a Giovanni Bertesi: secondo altare di sinistra, il terzo di destra, la statua lignea di Santa Lucia e la Crocifissione. L’altare maggiore presenta la tela raffigurante la morte di santa Lucia, opera di Angelo Massarotti.
fotoservizio di Gianpaolo Guarneri-StudioB12
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commenti
michele de crecchio
12 dicembre 2022 00:57
Si conclude così, finalmente ed in maniera egregia, una operazione di riqualificazione architettonica ed ambientale iniziatasi nel secondo quinquennio (1975-80) del felice mandato amministrativo che vide come ottimo Sindaco di Cremona l'indimenticabile Emilio Zanoni. Prima di allora, il sagrato della bella chiesa di Santa Lucia presentava il tradizionale selciato in ciottoli tutto in dissesto anche perché liberamente utilizzabile come parcheggio. Persino sulla facciata dell'edificio residenziale che si attestava sul lato settentrionale del sagrato venivano infatti allora sistematicamente incollati manifesti pubblicitari, grandi, spesso di pessima ideazione e, non di rado, persino offensivi per la sacralità del sito. Superando non poche difficoltà (taluni si lamentarono persino per la pur modesta contrazione dell'imposta sulle pubbliche affissioni che si sarebbe determinata), anche il sagrato di Santa Lucia fu riportato a ben più decorose condizioni di arredo urbano, vietando la pubblicità murale, riordinando l'acciottolato, e recuperando dai magazzini comunali, dove da tempo giacevano inutilizzati, i pilastrini di granito destinati a delimitare le superfici di sagrato sulle quali era vietato il parcheggio delle automobili. Ora, a distanza di quasi mezzo secolo, l'iniziativa laica e quella religiosa vengono finalmente a fondersi. L'unica cosa che, a mio modesto parere, manca ancora sarebbe solo una bella pubblicazione che sappia fondere le informazioni storiche, urbanistiche, edilizie e artistiche ancora così relativamente poco esplorate in una città come la nostra che a Santa Lucia è così tanto tradizionalmente legata!