9 dicembre 2024

"Rigoletto" ha parlato migliaia di volte "cremonese" in tutto il mondo con Basiola, Protti, Nucci. "Opera che mette alla berlina il potere", dice Leo Nucci

Per migliaia e migliaia di volte da quel 1851, anno della prima rappresentazione al teatro la Fenice di Venezia,  Rigoletto, opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, è stato ‘cremonese’. Un vero record storico. Una cifra strabiliante che si ottiene sommando le interpretazioni di importanti baritoni che hanno dato la voce e il corpo al buffone della corte mantovana. I loro nomi splendono nell’universo della lirica: Mario Basiola, Aldo Protti, Leo Nucci. Il primo cremonese nacque ad Annicco nel 1892. Il secondo pure ‘cremonese’ di nascita: classe 1920.  Il terzo ‘cremonese’ d’adozione per aver sposato la cantante cremonese Adriana Anelli e per aver ricevuto, nel 2018, la cittadinanza onoraria cremonese come ‘ambasciatore dell’arte italiana nel mondo, promotore dell’eccellenza della musica e della liuteria e cultore delle bellezze artistiche di Cremona, con la mente e il cuore proiettati a far crescere nei giovani la consapevolezza del valore del patrimonio della Città di Cremona’. 

Personalità artistiche, soprattutto quelle di Protti e di Nucci, che hanno segnato, per tutto il corso del Novecento e degli anni Duemila, l’interpretazione dell’opera verdiana in scena al teatro Ponchielli giovedì 12 dicembre (ore 20) e sabato 14 dicembre (ore 15.30) per la stagione dell’Opera con la regia di Matteo Marziano Graziano e con la direzione musicale di Alessandro D’Agostini. Cantanti che hanno segnato per tutto il corso della storia del melodramma, la forza e la vita e di Rigoletto. 

Mario Basiola ha vestito i panni del giullare di corte, nel 1925, al Metropolitan Opera di New York , dove si esibì fino al 1932, soprattutto nel repertorio verdiano. “E di certo, come scriveva il quotidiano locale, non ci si può dimenticare (…)  anche di  Mario Basiola che nel corso della sua luminosa carriera ha eseguito più di mille volte in tutto il mondo la parte di questo personaggio verdiano”.

Aldo Protti è stato Rigoletto ben 425 volte partendo da quel lontanissimo 1955 in cui registrò, per la Rai, un’edizione televisiva con la regia di Franco Enrique. Fenomenale la sua collaborazione con Herbert von Karajan alla Staatsoper di Vienna, dove è costantemente presente dal 1957 al 73 in circa 380 recite. Nel 1961, portò il personaggio verdiano in Giappone nell’ambito della seconda tournée lirica di artisti italiani nel paese de Sol Levante. E negli anni Ottanta oltreoceano al Metropolitan di New York sempre con Rigoletto.

Leo Nucci, ha dato voce al personaggio 550 volte; festeggiando la 500 in uno dei tempi della musica europea: la Staatsoper di Vienna. E chiudendo questa sua incredibile cavalcata di interpretazioni verdiana il 20 settembre del 2019 al Teatro alla Scala di Milano. Un percorso luminoso di cui ha lasciato anche uno splendido scritto in cui spiega il suo Rigoletto portato in giro per il mondo per decenni. 

Vale la pena ricordarne alcuni passaggi proprio alla vigilia della rappresentazione cremonese di giovedì al Ponchielli, non dimenticando che quest’opera di Verdi è stata tra le più rappresentate al teatro Concordia/Ponchielli nella seconda metà del XIX secolo e per tutto il Novecento. 

Il mio sogno – scrive Nucci in alcuni appunti di regia - era realizzare un Rigoletto o Triboletto, come lo chiama Verdi nel manoscritto e nelle lettere, il più possibile corrispondente alla fonte letteraria del libretto, e cioè Le Roi s’amuse di Victor Hugo. Viviamo un momento storico difficile, dove parlare di ‘bellezza’ a volte suona come un’offesa, parlare di ‘intelligenza’ può sembrare una provocazione, il ‘rispetto’ suona quasi sminuente. Il pubblico non viene all’opera solo per ascoltare i brani più celebri. Sono convinto che desideri apprezzare quello che il compositore, in questo caso Verdi, voleva trasmetterci. Per anni ho studiato, le intenzioni dell’autore”.

Verdi e Piave – appunta ancora Nucci - hanno un’intuizione modernissima, attuale: alla morte di Gilda, Rigoletto chiude dando tutta la colpa alla maledizione. Ecco la novità! Il padre non si assume la responsabilità della tragedia accaduta a sua figlia e punta il dito, in questo caso, verso la superstizione: nulla di più irrazionale, ma anche sconvolgente per chi ascolta, perché sempre molto attuale! Quante volte sentiamo dire non è colpa mia”. 

“Rigoletto è succube della vita, della società, un salariato al quale è concesso dispensare cattiverie solo perché è protetto: il Duca glielo ricorda chiaramente. In effetti le opere, e specialmente quelle verdiane, si capiscono dai cori e non dalle arie. Per Hugo – autore anche di Hernani – era importante mettere alla berlina il potere. Rigoletto è un grande dramma per la sua umanità e attualità, purtroppo certe cose non cambiano: cambia la tecnologia che abbiamo a disposizione per rappresentare, ma non l’animo umano”, conclude il grande baritono.

Che il sipario si alzi, nel nome di Cremona.   

Musicologo

 

Roberto Fiorentini


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commenti


Dirce

9 dicembre 2024 11:33

È un peccato che questi artisti non siano più un punto di riferimento. Ultra sorpassati da nuovi e più culturati artisti e, purtroppo non italiani. L orchestra è stata superata alla grande e quelle registrazioni non hanno più nessun valore.