41 cremonesi su 100 sono pensionati. Forti divari di genere, grandi disuguaglianze e povertà crescente. SPI CGIL traccia un disegno dello stato delle pensioni in provincia
Con una leggerissima flessione rispetto al 2022, a settembre 2023 le prestazioni pensionistiche erogate nella nostra provincia sono 117.174. Questo dato include pensioni private (59.540), autonome (39.463), prestazioni assistenziali (18.160). Aggiungendo le prestazioni per i dipendenti pubblici, il totale sale a 143.770 pensioni.
Ad analizzare i numeri è Mimmo Palmieri, Segretario Generale dello SPI CGIL, oltre 18.500 iscritti in provincia e una presenza capillare, in 93 comuni del territorio: "il dato complessivo è già di per sé significativo dal punto di vista demografico: il 41% dei cremonesi è in pensione. Un dato che, se esteso al livello regionale, è allarmante".
È entrando nel merito della qualità delle pensioni erogate che, secondo Palmieri, le preoccupazioni aumentano: "estremamente preoccupante è il tema della distribuzione del reddito, che non lascia le pensioni esenti da disuguaglianze e povertà". Sono infatti circa il 65% (76.541) le pensioni di importo inferiore a 1.000€, mentre sono 17.048 le pensioni che superano i 2280€ lordi.
Un'altra grande criticità evidenziata dal Sindacato Pensionati della CGIL è il divario di genere: "se da un punto di vista quantitativo le pensioni erogate si suddividono in un 45% a pensionati uomini e 55% a donne, da un punto di vista qualitativo il divario è enorme: per gli uomini l'importo di erogazione medio è di 1.514,28€, contro gli 833,38€ per le donne". Una differenza di quasi 700€ mensili, in media, per i redditi pensionistici da anzianità e vecchiaia.
Sul piano nazionale la CGIL avanza da tempo delle proposte che hanno l'obiettivo di garantire trattamenti dignitosi ed equi, rapportati al costo della vita, richieste rivendicate in piattaforme siglate unitariamente a CISL e UIL, affinché si approvi una vera riforma delle pensioni. "È indispensabile superare la Legge Monti-Fornero che fa danni ancora oggi, basterebbero pochi punti: flessibilità in uscita da 62 anni o 41 di contributi e una garanzia per giovani, precari e discontinui, così come riconoscere il valore dei lavori gravosi e precoci e superare definitivamente le differenze di genere. Bisogna garantire il potere di acquisto di chi ha lavorato una vita e oggi viene ancora trattato come un bancomat e non arriva a fine mese".
Palmieri prosegue poi con una valutazione di quanto fatto finora dal Governo Meloni: "Continua a fare cassa sui pensionati peggiorando il meccanismo di perequazione e taglia le rivalutazioni a partire da redditi medio-bassi. Vengono riviste al ribasso le aliquote di rendimento per i dipendenti pubblici".
"Siamo scesi in piazza e continueremo a farlo - conclude il Segretario Generale dello SPI - perché nessuna delle nostre richieste, che rappresentano i bisogni di milioni di pensionati e che reputiamo semplicemente di buonsenso, trova risposta da questo governo, che anzi decide ancora una volta di fare CASSA sui pensionati, privilegiando, ancora una volta, chi evade, chi ha speculato sulle crisi."
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