Capossela incanta l’Auditorium del MdV e si stupisce: “mai suonato in un posto del genere, è come un grande abbraccio”
Questa sera, sabato 15 ottobre al Museo del Violino, ci siamo trovati a chiudere un viaggio, viaggio che è iniziato nel 2019 con la pubblicazione di Ballate per Uomini e Bestie. Ecco che nel terzo appuntamento di STRADIVARIfestival Vinicio Capossela ha portato per mano il pubblico alla fine di questa avventura dal sapore medioevale eseguendo Bestiario d’Amore. Solo apparentemente quest’opera parla di animali, è infatti un grande percorso interiore in cui ciascuno di noi guarda dentro se stesso con gli occhi della natura animale, indagando fra tutti i sentimenti, ed in particolar modo l’amore. La composizione è stata cucita addosso alla Bulgarian National Radio Symphony Orchestra che nell’incisione mostra un ventaglio di sfumature fortemente evocative. Questa sera, però, il compositore ha deciso di offrire a Cremona una versione più intimistica, e tuttavia altrettanto potente. Nel “tondo” al centro dell’Auditorium a fianco di Vinicio Capossela troviamo il violinista Raffaele Tiseo, Giovannangelo De Gennaro alla viella ed agli aulofoni. Sorpresa dell’ultimo minuto, all’organico si sono uniti anche la violoncellista Daniela Savoldi ed il contrabbassista Andrea Lamacchia.
Capossela prende uno spunto illustre, il Bestiario di Richart de Fournival come chiave di lettura della propria composizione. Il musicista stesso definisce la propria composizione «un'impresa diversamente bizzarra e inutile, oltre che superstiziosamente pericolosa», con quell’ironia sorniona che da sempre contraddistingue il personaggio.
La scaletta ripercorre l’album orchestrale riproponendolo per la prima volta in assoluto con questa formazione. “È come un abbraccio, non mi sono mai sentito così tanto avvolto dal pubblico” sorride Capossela, in una reazione a cui ormai il pubblico del Museo del Violino è abituato.
L’artista riesce ad unire un turbinio di esperienze ed emozioni difficili da raccontare in un articolo musicale. Ad ogni brano, ad ogni parola, emergono mille spunti nascosti dietro un testo apparentemente semplice o ad una melodia simpatica ed elementare. Tante le citazioni o i riferimenti, da Ariosto a Wilde passando per Gramsci, Brecht e Levi. Tanti gli stili che si intrecciano e si confondono, lasciando però trasparire la malinconia di Bruno Lauzi, la ricerca dei testi di Luigi Tenco, la dolcezza di Ivan Graziani, la nostalgia delle ultime pagine orchestrali di Mary Poppins, le contaminazioni arabeggianti di Khaled e l’intima profondità poetica di De Andrè. Sicuramente mancano all’appello altre migliaia di sfumature, ma la sala ha dato segno di averle colte tutte. Particolare momento intenso quando, poco prima del brano dedicato alla “Staffetta in bicicletta” durante la resistenza, il cantautore ha introdotto con “mi riconosco in questa Repubblica e nei suoi valori antifascisti”, provocando una standing ovation della sala gremita che si è lasciata andare in un forte lungo applauso di consenso. Vinicio Capossela è in continuo mutamento, durante la serata ha cambiato più cappelli di quanti ne cambiasse la recentemente scomparsa sovrana britannica. Per i più attenti, non possiamo negarlo: Vinicio non è intonato, nonostante si aiuti con estrema facilità al pianoforte suonandosi sempre la melodia del brano con la mano destra. Va bene così. Nessuno si aspetta che lui sia intonato, la sua arte esce dai canali canonici della mera esecuzione di note. È molto di più. Con quella voce, sussurrata ma nitidissima perché pronunciata vicina al microfono, potrebbe leggere anche le previsioni del tempo ottenendo ugualmente un effetto magnetico sulla sala. Ma i suoi testi, il suo lavoro evocativo, le piccole genialità nascoste come quella di inserire il tema della “Follia” nel brano “Archibugio” dedicato alle armi ed ai disastri che esse provocano, sono le peculiarità che mettono questa serata su un piano artistico molto elevato. Più volte Capossela è riuscito a coinvolgere il pubblico con il ritmo dei suoi brani accompagnati da ottocento mani che applaudivano a tempo. Il quartetto strumentale si è distinto per incredibile intesa (il contrabbassista è arrivato soltanto un’ora prima del concerto e la violoncellista ha scoperto di suonare in questo evento solo tre giorni prima) e sonorità espressiva. Tantissimi applausi tributati alla compagine ed al proprio leader, soprattutto durante l’omaggio finale al cremonese Gino Nazzari, accordatore riparatore e costruttore di pianoforti prediletto da Arturo Benedetti Michelangeli.
Un concerto che ha stregato l’Auditorium lasciando ancora una volta la liuteria al centro dell’attenzione, valorizzata però con grande intelligenza e rispetto da parte di artisti di tutti i generi come ha fatto in questa occasione l’incredibile Vinicio Capossela.
le foto sono di Danilo Codazzi
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