Ciak, si gira. "Il violino rosso" di Girard con Carlo Cecchi e Irene Grazioli in piazza del Duomo e in via Del Cistello. Quando la musica è nel sangue (6)
Con una certa sorpresa, i cremonesi che mercoledì 14 maggio 1997 di buon mattino transitavano per piazza del Duomo, avevano osservato due carri agricoli versare copiosamente sull’acciottolato, la sera prima coperto di terreno, quintali di letame. Strani gusti, quelli del regista canadese Francois Girard per l’ultimo giorno di riprese del film “The red violin”, il violino rosso, la vicenda di uno strumento “maledetto” realizzato nel 1681 dal liutaio Nicolò Bussotti che viaggia attraverso tre secoli di storia. Era il giorno dei grandi movimenti di massa, dopo le riprese di ambito domestico girate in sordina nei giorni precedenti in via del Cistello, dove era stato allestito l’ambiente familiare in cui nasce lo strumento. Le lettiere erano state poi sparse lungo tutto lo spazio prospiciente il duomo, davanti agli allibiti astanti che osservavano, con preoccupazione mista a scetticismo, l’acre vapore sprigionato dalla paglia diffondersi nell’aria di quella che si annunciava come una giornata di piena estate. Nel cortiletto del Comune tra banchi di legno, panche e tavolacci, drappi di stoffe e verdure, due stie con le relative galline ed il trambusto allegro, infarcito di accento romanesco, della troupe al lavoro. Primo ciak alle quindici: la gente sorride e guarda allibita la piazza, spettrale sotto il sole cocente del pomeriggio. Sull’angolo verso largo Boccaccino sudano senza scampo le comparse, oppresse da pesanti sai marroni con i visi paonazzi chiusi in improponibili, vista la temperatura, cuffie verde oliva. Due cavalli, le orecchie drizzate e gli occhi atterriti, scalpitano trattenuti a stento da due stallieri in abiti da bravi manzoniani. Fanno avanti e indietro dalla piazza al cortiletto, dove si stanno girando le scene del mercato.
“Mmm…Cecchi è ‘na bestia!”, esordisce l‘addetto stampa della troupe, durante la pausa delle riprese. Cala la sera su una giornata campale: sugli infuocati gradini del duomo le donne negli austeri costumi seicenteschi sventolano le gonne facendosi aria. I visi sono accaldati. Una bravo manzoniano si stravacca su una sedia sventolando il cappello a larghe falde. Smessi i panni di attori e comparse, la troupe si accalca davanti al cibo preparato dalla Food Service in via Janello Torriani. Austeri frati grassocci si rimboccano le maniche della tonaca e ci danno sotto. Lui, il protagonista, Carlo Cecchi, cioè Niccolò Bussotti, mangia ad un tavolo da solo. Ci dicono che è intrattabile.
Irene Grazioli, alias Anna, la moglie, è una bella ragazza mora, grandi occhi neri senza un’ombra di trucco. La classica ragazza qualunque, sì, ma forse troppo bella, per essere davvero “qualunque”. Arriva trafelata alla mensa con sotto il braccio una borsina di plastica ed un acquisto fatto in pasticceria. Si mette subito ad armeggiare con un mangianastri, cercando una cassetta. Parte la musica: “Mi piace molto la musica classica - spiega - anche questo film che sto girando si presenta come musica, come una grande poesia, una musica in verso, insomma. Interpretare la parte di Anna, la moglie, mi emoziona, dopo aver ricoperto il ruolo della greca in ‘Mediterraneo’, una figura solare, positiva. Avevo già rivestito un ruolo drammatico ne ‘La donna del mare’ di Ibsen e dunque ero preparata. E poi mi piace molto la storia: conoscevo già il mondo della liuteria, ma non in modo così profondo, non mi ero mai spinta così addentro. Questo è un personaggio stupendo, molto intenso, molto amabile e che ama a sua volta. Anna è la vera protagonista della storia: muore di parto, ma è presente in tutti gli episodi, fino alla fine”.
Le riprese in piazza durano fino a notte fonda. Venerdì 16 maggio il set chiude per trasferirsi a Oxford, dove viene girato un altro episodio della storia, con Greta Scacchi. La vicenda di una passione torbida, fatta di amore ed odio, di parole inespresse. Un dramma dell’incomunicabilità, dove il violino, quel maledetto violino rosso, è sempre presente con la storia di dolore che cela nella sua cassa. L’episodio inglese è ambientato alla fine dell’Ottocento. Costituisce solo una tappa dei vari flash back che costituiscono la trama.
Il binomio amore e morte, l’uno eterno, l’altra solo una parentesi dolorosa, ed insieme eternità dell’arte dell’amore contrapposta alla caducità dell’avventura umana. Un tema complesso e affascinante che il registra Francois Girard narra nella straordinaria avventura di un violino dal colore inusitato.
A Cremona nel 1681, mentre è in attesa della nascita del suo primogenito, il maestro liutaio Nicolò Bussotti prepara quella che dovrà essere la sua opera più grande. Ma la moglie muore durante il parto dopo che un indovino le ha rivelato il suo futuro e l'omaggio preparato per festeggiare l'evento diventa una vera ossessione. Sopraffatto dal dolore, Bussotti porta a termine la costruzione del suo violino perfetto, dipinto con la vernice rossa nella quale ha diluito un po' del sangue della moglie. Il violino inizia quindi a viaggiare attraverso l'Europa. Prima a Vienna, in un monastero che è anche orfanotrofio, dove per più di cento anni il violino viene tramandato di orfano in orfano fino al 1792 quando lo strumento finisce nelle mani di Kaspar Weiss, enfant prodige malato di cuore. I monaci contattano Georges Poussin, un ambizioso maestro di musica francese, che lo porterà nella capitale per prendersi cura di lui e perfezionare il suo talento. Kaspar, dal cuore fragile, supererà un'audizione davanti al principe che purtroppo gli sarà fatale. Quest'ultimo viene poi sepolto, nel monastero da cui proveniva, ed il suo violino con lui. Anni dopo, il cimitero dove riposa Kaspar Weiss viene saccheggiato e il violino viene ritrovato nelle mani degli zingari, che lo tramandano di generazione in generazione per quasi cento anni, prima di cederlo nel 1893 a Frederick Pope, un ricco decadente e talentuoso aristocratico di Oxford, come pagamento dell'affitto del terreno.
Il violino fa allora da tramite alla relazione erotica tra Pope e la sua amante, la scrittrice Victoria Byrd. Quando Victoria parte per la Russia, Pope si dà all'oppio; Victoria torna, trova l'amante insieme ad una zingara, spara, colpisce il violino, va via. Pope si suicida. Il suo domestico porta il violino a Shanghai, lo vende ad un banco dei pegni, dove viene acquistato da una donna per sua figlia Xiang Pei. Nel 1965 Xiang-Pei, funzionaria del partito comunista, viene redarguita per aver difeso un violino, strumento occidentale in mano ad un suonatore. Ma il suo vecchio insegnante di musica nasconde il violino in soffitta. Ai giorni nostri, nel 1997 il violino viene ritrovato a casa del professore cinese, morto nella sua soffitta in mezzo a una vasta collezione segreta di strumenti. Le autorità cinesi inviano ad una società d’aste di Montreal la serie di strumenti, per essere battuti all'asta. L'esperto Charles Morritz si accorge della presenza del violino e, per impossessarsene, durante la vendita finale e con l'aiuto di un dipendente di un laboratorio di analisi, il perito scambierà l'originale con la copia recuperata dalla Fondazione Frédérick Pope, a rischio di perdere tutto. L'ignaro compratore è tutto felice, ma Morritz è già in fuga verso l'aeroporto col violino autentico sotto il braccio.
Tanti sono gli scenari in cui la vicenda si svolge, tanti sono i produttori impegnati nel lavoro. Aiuto regista per l’Italia è Olivier Gerard, ma ve è uno in ogni paese interessato alla coproduzione: Italia, Austria e Canada. Di spessore anche le case produttrici: Sidecar Film e Mikado Film per l’Italia; la Film on Four per l’Inghilterra, anche se l’input principale viene da oltreoceano, dalla Eniv Fickman, produttore della Rhombus Media di Toronto, mentre il distributore principale della pellicola è la Fineline Feature New Line International. Location manager a Cremona è stato Leonardo Caracciolo.
Il cast è di tutto rispetto. Venuta meno la possibilità di avere Robert De Niro, a cui in un primo tempo aveva pensato il produttore americano, ci si era rivolti a Samuel L. Jackson, Carlo Cecchi, Irene Grazioli, Greta Scacchi, tra gli altri. Ma, aldilà degli attori, vera protagonista è stata ancora una volta la città con le sue vie, i suoi muri rossi, i suoi cortili e la sua grande piazza. E poi i suoi stessi abitanti, con i loro visi autentici, scavati o rubizzi, fortemente caratterizzati dalle mani dei truccatori, ed i liutai chiamati a interpretare lo stesso mondo da cui provengono. Per un giorno Cremona ha fatto un balzo a ritroso nel tempo. Con la consapevolezza di fingere e giocare. Il resto, tramutare cioè la finzione in realtà accettabile, lo ha fatto il cinema.
La colonna sonora è eseguita da Joshua Bell con la Philharmonia Orchestra diretta da Esa-Pekka Salonen e nel 2000 ha vinto l’Oscar per la migliore colonna sonora.
Le foto in bianco e nero sono di Giuseppe Muchetti
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commenti
Primo Luigi Pistoni
15 dicembre 2022 12:03
Film interessante.