Ciak, si gira. Redenzione, il film maledetto di Farinacci, girato al Ponchielli, a Casalmaggiore e Cinecittà nel 1942, oggi proibito e introvabile (10)
Il film “Redenzione” fu un flop, e tanto più clamoroso in quanto vide coinvolto lo stesso autore del soggetto, Roberto Farinacci. Un film realizzato fuori tempo massimo, nella primavera del 1942, quando ormai risultava del tutto anacronistico il tentativo del fascismo, in crisi di identità, di rivolgere lo sguardo indietro alla ricerca della purezza nello squadrismo delle origini. Ispiratore del progetto fu Lino Milanesi, l'aguzzino di Villa Merli capo dell'Ufficio Politico Investigativo, fucilato a Bergamo il 30 aprile 1945. Il soggetto, tratto dal testo teatrale “Redenzione” del 1927, fu messo a disposizione dallo stesso Farinacci gratuitamente, anche se qualcuno malignò che se lo fosse fatto pagare 200.000 lire. Di questo film, girato a Cremona, Casalmaggiore e Cinecittà sappiamo solo quanto ci raccontano i giornali e le riviste specializzate del tempo, in quanto la distribuzione e proiezione della pellicola è oggi vietata. Da testimonianze di alcuni storici del cinema sappiamo che fu proiettato al circolo “Colosseo”di Roman nel corso di una rassegna cinematografica curata dai giovani del MSI verso la metà degli anni Sessanta.
Il 26 giugno 1941 viene costituita la Marfilm, società anonima per azioni con oggetto la produzione ed il noleggio di film, di cui è amministratore unico Maria Basaglia, sceneggiatrice di origini cremonesi che nel 1939 ha sposato il regista Marcello Albani, con un capitale sociale iniziale di 50 mila lire, suddiviso in 500 azioni da 100 lire l’una, e lo stesso Albani inizia a raccogliere la troupe per girare il film. Direttore di produzione viene nominato Lino Milanesi, privo, ovviamente, di qualsiasi esperienza nel settore, ma tuttavia ricompensato dal Consiglio di amministrazione con diecimila lire al mese. Del film si inizia a parlare, dopo mesi di preparazione, il 9 ottobre 1941 con un articolo de “Il regime fascista” che, dopo aver sommariamente descritto la trama, afferma che: “Il film – a differenza di tanti altri film – disprezzerà la finzione scenica. Personaggi veri che fanno parte di quella schiera elettissima di Eroi che immolarono la loro giovane esistenza per il trionfo del Verbo Mussoliniano; fatti veri e non scaturiti – anche nei loro minimi particolari- dalla fantasia: cornice scenica realistica – quella autentica di Cremona e di Casalmaggiore – dove il film – durante la primavera e l'estate prossima, verrà realizzato in massima parte – e non ambienti che rivelano la loro origine di carta pesta o di compensato; attori scelti fra la schiera numerosa e valorosa degli attori italiani, oculatamente, uno per uno, con aderenza perfetta ai personaggi da interpretare, degni della responsabilità che essi si assumono accingendosi a far rivivere sullo schermo uomini considerati dalla nostra gratitudine e dalla nostra venerazione come divinità; masse non di generici mestieranti, ma di reali, autentici Squadristi che verranno chiamati, dopo vent'anni, a rivivere ancora una volta, forse per l'ultima volta, per lo schermo, le ore di pericolo e di battaglia da essi vissute generosamente. Ed alla supervisione di tutta la realizzazione di quest'opera cinematografica, lo stesso Autore: Roberto Farinacci. L'Eccellenza Farinacci – affidata la regia del film a Marcello Albani – rivivrà – quale Supervisore – questa vicenda della quale egli fu l'animatore, l'organizzatore, il fedelissimo seguace di Colui che – Duce supremo – aveva votata la sua preziosa esistenza all'annientamento della potenza rossa - «Roma contro Mosca!» - alla grandezza imperiale della Patria. Un film, quindi, «Redenzione» che va atteso con serena fiducia, un film del Tempo Nostro e dalle nostra Fede”. Anche il settimanale “Film”, solitamente non tenero nei confronti di Marcello Albani, dedica un trafiletto al nuovo progetto cinematografico nel numero del 18 ottobre 1941: “La Mar-Film e l’Andros-Film si apprestano a realizzare cinematograficamente il dramma di Roberto Farinacci Redenzione, che ritrae un drammaticissimo episodio cremonese della Rivoluzione fascista: la conversione al Fascismo del giovane socialista Giuseppe Madidini. Sovversivo per convinzione, di fronte alla viltà dei suoi compagni di fede che si erano proclamati araldi della distruzione e del disordine, il Madidini vede che la verità sta dalla parte avversa e si fa squadrista. Durante la notte dal 27 al 28 ottobre del 1922, questo puro eroe della Rivoluzione, offre la sua vita per l’idea mussoliniana e muore sopraffatto e massacrato dai suoi ex-compagni. Ora Roberto Farinacci ha sviluppato quello che nella prima versione scenica rispondeva ad una sintesi maggiore e ad un contrasto drammatico più violento, arricchendo la vicenda di nuovi episodi e personaggi, che sono tutti veri. Il film sarà in gran parte girato nella cornice scenica reale nella quale gli episodi si sono svolti, cioè le piazze di Cremona e di Casalmaggiore. Gli interpreti principali saranno sette, scelti tra i migliori nostri attori con aderenza perfetta dei personaggi da interpretare. Le masse saranno costituite da autentici fascisti e squadristi che verranno chiamati dopo venti anni a rivivere per lo schermo le ore di pericolo e di battaglia da essi vissute nella realtà. Il film sarà girato nella primavera o nell’estate prossima e supervisore sarà lo stesso autore Roberto Farinacci, il quale ha affidato la regia a Marcello Albani”. La trama del film è incentrata su un giovane che dopo aver disertato dall'esercito italiano nelle fasi finali della prima guerra mondiale, nel 1922 si è unito ai rossi per combattere il crescente movimento fascista. Giorno dopo giorno, però, si rende conto di essere più in sintonia con gli ideali del nazionalismo e del fascismo, ripudia il marxismo e si unisce a un gruppo di compagni fascisti. Vergognandosi del suo passato comunista, compie il sacrificio estremo per il Movimento, il giorno prima della marcia su Roma, e viene "redento". L’autorevolezza dell’autore del soggetto ed il fatto che sia anche il supervisore della pellicola, spinge case produttrici come la “Scalera Film” ad offrire i propri attori già sotto contratto per prendere parte alle riprese. Ed ecco arrivare a Farinacci le offerte di Carlo Ninchi, Rossano Brazzi e Adriano Rimoldi, mentre nella rincorsa dell’ultimo momento ad una particina qualsiasi, in quello che si annuncia come il film fascista per eccellenza, specchio ed immagine di un’epoca destinata all’immortalità, si offrono gratuitamente uno dopo l’altro Paolo Stoppa, Carlo Minello, Giacomo Moschini ed il cantante della radio Aldo Masca.
Alla fine di gennaio 1942 il cast è pressoché completato ed il settimanale “Film” può scrivere: “Sino ad oggi sono stati scritturati: Carlo Tamberlani, Mario Ferrari, Camillo Pilotto, Mino Doro, Vera Carmi, Leda Gloria, Lauro Gazzolo, Luigi Cimara, Maria Melato, Aroldo Tieri, Luigi Pavese, Luigi Carini, Carlo Romano, Bella Starace Sainati, Corrado De Cenzo, Osvaldo Gennazzani, Osca Andriani, Carola Lotti. IL complesso artistico è veramente notevole e risponde alla importanza politica e spirituale del film Redenzione. Il regista Marcello Albani ha scelto, attraverso una accurata selezione, quegli attori che- per il loro temperamento e per affinità fisica - potessero trasportare sullo schermo personaggi che costituiscono il simbolo di coloro che hanno dato vita e forma al più grande movimento rivoluzionario del nostro secolo”. Il 16 febbraio 1942 alle 16 al primo giro di manovella, fuori dal teatro Ponchielli c’è mezza città. Sul set recitano Carlo Tamberlani e Vera Carmi una delle sequenze più drammatiche del film. Il primo ciak è preceduto dai saluti di Farinacci a tutta la troupe, il gerarca si sofferma s salutare uno per uno i presenti, poi l’amministratore della casa produttrice gli consegna simbolicamente la lira, prezzo pattuito per l’acquisto del soggetto a condizione che la somma che sarebbe spettata all’autore venga in realtà devoluta alle opere assistenziali del regime. Poi si può iniziare. Il pubblico invitato è assiepato sulle gallerie del teatro, mentre dalla platea sono state rimosse le poltrone e realizzata la scenografia di una piazzetta che racchiude un piccolo mondo: c’è la chiesa, un gruppo di case, un giardino. Sul palcoscenico, che è stato livellato di cinque centimetri, sono stati realizzati gli interni: una stanzetta arredata solo con i mobili indispensabili, un tavolo apparecchiato, alcune sedie, un vecchio canterano rallegrato da un vaso di fiori, una finestra chiusa e una minuscola scala in legno che porta alle camere superiori. Un piccola porta comunica con un altro ambiente, un ufficio, poi ve n’è un’altra con un centralino telefonico, e un ambiente più vasto diviso da ampie arcate che salgono dal pavimento, accostato ad una parete vi è un lungo bancone, tra grandi botti di legno e scansie colme di bottiglie, bicchieri, scatole e prosciutti. E’ l’interno della Cooperativa di Casalmaggiore. Le riprese avvengono di notte, per evitare il consumo di energia elettrica durante il giorno, dalle 21 alle 8 del giorno dopo. Nella prima settimana si girano le scene dell’agguato teso dai suoi compagni a Madidini, la morte dello stesso e del giovane squadrista Giuseppe, il contrasto tra Giuseppe e la sorella Maria, segreta fidanzata di Madidini.
La troupe porta da Roma una novità che colpisce molto i cremonesi: le giacche a vento. In città non se n'erano mai viste ed il direttore della produzione, Lino Milanesi, con il direttore generale, se ne fanno confezionare subito due su misura da un sarto. Un altro aneddoto che girava in quegli anni riguarda il supervisore Roberto Farinacci. Arriva un attore del tutto nuovo che deve interpretare la parte del medico, pronunciando non più di due o tre parole. La scena è quella della morte del protagonista, Giuseppe Madidini. L'artista viene truccato, gli viene spiegata la parte, e viene posizionato davanti all'obiettivo della macchina da presa: suo compito è quello di assistere il morente che, dopo aver dato l'estremo saluto, reclina il capo da una lato ed esala l'ultimo respiro. In quel mentre tutti i presenti salutano romanamente, ma il medico ha un dubbio, visto che nessuno gli ha detto niente a proposito del saluto: come deve comportarsi? Di conseguenza si rivolge al regista: «Debbo salutare romanamente anch'io, che sono il medico?». Il regista ha un attimo di incertezza, ed allora interviene Farinacci: «Fate voi. Dipende dal grado di fascismo del medico». Evidentemente l'attore non sa chi si trova di fronte ed esclama inviperito: «Come si fa presto a dire delle “fesserie”!». Farinacci resta ammutolito, mentre Albani, invece, inferocito prorompe in una scenata, ordinando al medico di fare immediatamente il saluto romano. L'attore esegue, poi, terminata la scena, gira lo sguardo attorno osservando gli astanti impietriti, con nei visi un'espressione inspiegabile. Ne chiede il motivo prima ad uno, poi ad un altro, ed infine qualcuno gli dice la verità. L'attore sbianca e si dispera, ne parla con altri della troupe. Non sa che fare, sente di aver fatto un tremendo passo falso. Infine prende il coraggio a due mani e si presenta paonazzo a Farinacci per spiegargli l'equivoco: «Eccellenza...io non sapevo. Eccellenza..non vi avevo riconosciuto». Trema come una foglia, e Farinacci, ovviamente lo perdona. La storiella, comunque, gira sulla bocca di tutti per almeno una settimana.
Intanto la lavorazione del film procede negli studi di Cinecittà, dove si girano gli esterni, tra le schioppettate, con litigi tra artisti e regista, tra tecnici ed ispettori, tra comparse, mentre la casa di distribuzione Artisti Associati, deve decidere come collocare la pellicola a Cremona ed a quale sala cinematografica dare la preferenza. La discussione è animata ma, alla fine, si decide salomonicamente di non scontentare nessuno e proiettare “Redenzione” contemporaneamente in tutti e quattro i cinema cittadini. Restano da definire i tempi della programmazione: c'è chi sostiene che siano necessari almeno quindici giorni per promuovere degnamente il film, altri, più ottimisti, pensano ad un mese intero. Il rappresentante della casa noleggiatrice tratta direttamente con Walter Sacchi per il “Politeama”, che, molto diplomaticamente, spiega: “Io da mesi non sognavo che proiettare nel mio teatro la vostra Redenzione. Vi assicuro che il pensiero che altri l'avessero, e io no, non mi faceva dormire. Direte che sono invidioso, ma cosa volete...Ma ero tanto lontano dal pensare che mi faceste una offerta così gradita che...Debbo pur dirvelo: per sei mesi almeno ho tutte le date occupate, sia con pellicole (e questo non importerebbe niente, perchè si potrebbe sempre spostare) che – ed ecco il male – com compagnie teatrali e di varietà che mi farebbero pagare fior di penale...Quindi è con il cuore in gola che debbo rispondervi che proprio non posso...”.
Non resta che iniziare il giro delle altre sale cinematografiche. Tocca al Supercinema dove la proposta è preceduta da un lungo preambolo: “Vede come Sacchi non sa fare i suoi interessi? Piuttosto che pagare una penale, ha preferito rinunciare a tanto affare!”. Ma il risultato non è differente: «Ma perchè non me l'avete detto prima? - risponde una delle sorelle Ferrari – Sono dei mesi, ormai, che questo film si gira. E dopo tanto tempo, io non speravo più di avere una proposta così lusinghiera. Pensare che per settimane e settimane non ho atteso niente altro...Ma, voi mi capirete...Debbo anch'io pensare ai miei interessi...Per l'epoca nella quale voi sarete pronti, io ho dei contratti assolutamente inderogabili. Capirete...film di prima visione assoluta...Se perdo quelle date, quando mai potrò tornare a programmare? Quando li avranno già proiettati in tutta Italia». Restano solo altre due possibilità. Ma anche Anita Calza, gestore dell'Italia, declina la proposta di programmare “Redenzione” per ben due mesi. «Fosse vero! Ma come vi par possibile proiettare un film di tanta importanza in un locale relativamente piccolo...Noi saremmo tanto lieti di lanciare Redenzione, ma abbiamo paura che per noi l'onere sia troppo grave». «Ma se avete proiettato dei colossi, ma...», «Non c'è ma...E' proprio così...». Non resta che il cinema Littorio, dove Redenzione va in scena a partire dalle 15 del 28 ottobre 1942; il Supercinema ha in programma “Scarpe grosse” con Amedeo Nazzari e Lilia Silvi, all'Italia danno “Appuntamento alle cinque” con Michael Bartlett mentre al Politeama Verdi c'è una rivista di avanspettacolo. All'indomani il “Regime Fascista” parla ovviamente di un grande successo, anche se la recensione è confinata nella piccola rubrica degli “Echi di cronaca”: “Alla presenza di un foltissimo pubblico è stato ieri presentato, vivamente atteso il film Redenzione che, per la notorietà della trama (ricavata dal dramma di Roberto Farinacci) e per essere stato «girato» interamente nella nostra città, ha destato il più vivo interesse, ottenendo un caloroso successo anche per merito degli ottimi interpreti numerosissimi, fra i quali Carlo Temberlani, Vera Carmi, Mario Ferrari, Camillo Pilotto, Bella Starace Sainati, Aroldo Tieri. Regìa di Marcello Albani. Da oggi Redenzione inizia le repliche”. In realtà sulle repliche non si è deciso nulla: scartata l'ipotesi di limitare la programmazione ad un mese, il film resterà in sala finchè lo richiederà il pubblico.
In effetti allo spettacolo serale si presenta una folla enorme. Che urla, ride e lancia frecciate perchè, per un errore avvenuto probabilmente in fase di ripresa, alcune scene sono state girate con un passo accelerato, cosicchè anziché camminare, come sarebbe logico, i personaggi saltellano con un involontario effetto comico, tanto che il pubblico urla: “Guarda Ridolini!”- Il pubblico poi sa, per averlo letto sul giornale, che sono state girate scene con protagonisti sovversivi rossi che cantano in coro “Bandiera rossa”, e la gente è curiosa di vederli. L'attesa è tanta ma è destinata a rimaner frustrata: il Ministero dello spettacolo ha tagliato proprio tutte quelle scene che facevano in qualche modo riferimento agli oppositori. Come quella dell'incendio della cascina fatta costruire in riva al Po dall'architetto Sandro Marzano appiccato dai comunisti, per assistere alla quale i cremonesi si erano precipitati in massa sul set domenica 3 maggio, attirati dalle fiamme che divampavano in cielo. Ma produttori e noleggiatori si fregano ugualmente le mani: l'incasso della prima giornata di programmazione è enorme e fa ben sperare per il futuro. La sera successiva ad ogni buon conto il cinema Littorio è presidiato dai Carabinieri per evitare resse e tumulti, ma quando si aprono le porte entra solo un piccolo gruppo di spettatori e qualcun altro alla chetichella, senza dar troppo nell'occhio. La terza sera è un fiasco completo, in sala c'è solo il personale di servizio. La quarta sera il film viene tolto dalla programmazione e da quel momento di Redenzione non ne parla più nessuno. Nel frattempo, dopo i toni enfatici ed entusiasti della vigilia, anche la stampa specializzata di regime si dimentica totalmente di Redenzione. Alcuni fotogrammi della pellicola, considerata prototipo del nuovo cinema fascista, fanno una fugace apparizione nel dicembre del 1942 alla Mostra della Rivoluzione fascista, allestita in un’ala della Galleria d’arte moderna di Villa Giulia a Roma, in compagnia di quelli tratti dagli altri due film emblematici del fascismo “Camicia nera” e “Vecchia guardia”. La sezione cinematografica è organizzata dal direttore di “Film” Mino Doletti, in collaborazione con Francesco e Alberto Pasinetti e Ubaldo Magnaghi. Ma la sfortuna per “Redenzione” non è ancora finita: il 26 luglio 1943 il “Supercinema” di Roma annuncia la “prima” del film di Marcello Albani, ma a causa di forza maggiore lo spettacolo viene rimandato a data da destinarsi. Il giorno prima vi è stata la drammatica riunione del Gran Consiglio che ha sancito la caduta di Mussolini. Dopodiché il nulla. La proiezione del film Redenzione è oggi vietata e nessuna copia, commerciale o "piratata", è attualmente in circolazione.
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