Gli straordinari acquerelli di Rosamund Constance Talbot del 1876 svelano i colori tipici della Cremona dell'Ottocento
Il papà appoggia delicatamente la mano sulla testa di sua figlia e le ricorde le regole basilari da seguire nel suo studio “Mi raccomando Rosamund, non toccare nulla, dentro questo studio ci sono cose pericolose e molto delicate; fai la brava e tra pochi minuti papà ti farà vedere una sorpresa, una magia come quelle che trovi nei libri”. La bambina sgrana gli occhi come ogni suo coetaneo da sempre mentre aspetta paziente di ricevere un regalo, una trepidante attesa mentre gli occhi dilatati spiegano quale bellezza e unicità rappresenti, per una bambina di 4 anni, in fatto di vivere in casa con uno scienziato.
Siamo in Inghilterra intorno al 1840, William Fox Talbot sta per fare una magia che cambierà la storia della fotografia e il sorriso di sua figlia, da una lastra anonima tira fuori una immagine che ritrae un soggetto a caso ma che anche Rosamund aveva potuto osservare qualche minuto prima. La magia è quella di far nascere una fotografia che, pochi mesi dopo la scoperta di Daguerre nello sviluppo delle immagini, porterà William Talbot a diventare uno dei pionieri nel mondo dello sviluppo delle immagini tanto da dare il nome di talbotismo al procedimento da lui brevettato. La bambina osserva estasiata la fotografia che il papà ha tirato fuori da quei macchinari molto fragili e magari anche pericolosi, vede qualcosa di unico e di incredibile ma con un piccolo difetto; su quel foglio non esistono i colori perché, nel 1840, è possibile vivere quel momento solo in bianco e nero. Rosamund sta comunque attraversando, con gli occhi sgranati dalla ammirazione, un passaggio unico nella storia dell'uomo, il bianco e nero di quella specie di piccolo quadro rappresenterà un passo enorme nella narrativa sociale e nella possibilità per tutti di vivere o rivivere ricordi e attimi, i colori magari arriveranno più avanti.
Cremona, anno 1876, una signora inglese appoggia cavalletto nella attuale piazza Stradivari, tira fuori pennelli e colori e, sfruttando la naturale luce solare di una giornata che sembra non lesinare in materia di illuminazione, comincia a dipingere ad acquerello quella piazza e un contesto che ricorda il Medioevo dove tre torri, di dimensioni crescenti, si offrono per poter essere ritratte. Dopo un paio di ore Rosamund Constance Talbot prende tutto il suo armamentario e si sposta sotto i portici del Duomo; con cavalletto, pennelli e colori e decide di immortalare un angolo di piazza del Duomo da una prospettiva diversa dal solito, non si concentra sulla maestosa facciata ma preferisce un angolo vicino a quei leoni che sono a guardia della porta d'ingresso.
Il risultato dei due acquerelli è stupefacente, i colori di due piccole porzioni della città del Torrazzo sembrano prendere vita, dalle persiane verdi come i banchi della attuale piazza Stradivari fino al cotto di palazzo Comunale che da secoli porta con sé una caratteristica unica e quasi inimitabile. Rosamund vede i colori e dipinge secondo quella visione che suo padre, pioniere della fotografia, applicherebbe per poter scattare un'istantanea, ma attraverso quella immagine in bianco e nero le sfumature e la vita di una piazza rischierebbero di sparire. I leoni sono di quel rosa che sembrerebbe fuori luogo vista l'immensità della Cattedrale ma che in realtà riempie alla perfezione il foglio alternandosi con i comignoli e le piccole torrette ben visibili in lontananza della attuale via Solferino. Una persona, forse un religioso, sembra aspettare a fianco dei leoni sotto il simbolo che sovrasta il portone d'ingresso, forse è in attesa di quelle persone che, con i carretti al seguito, “facevano mercato” poche ore prima in piazza Stradivari. Il sole sembra ormai arrivare da ovest, da ponente, le ombre si allungano ma la luce premia ancora l'occhio di Rosamund che sembra essere ben più allenato di quello di una ancora inesistente macchina fotografica a colori.
Siamo sempre nel 1876 ma è incredibile vedere come la signora Talbot, forse grazie agli insegnamenti di papà, riesca a trasferire su un foglio due angoli che, successivamente, diventeranno punti di osservazione per i fotografi i quali, spesso, magari usavano le tecniche di William per sviluppare i negativi. Osservando le foto, spesso arrivate dopo, di una Cremona “antica” non si può non constatare che Rosamund abbia scelto due scorci che riteneva unici in una serie quasi infinita di possibilità, quei due scorci da dipingere quasi come ad integrare quelle istantanee che finiranno nei libri di storia ed architettura.
E' una Cremona viva quella del 1876, una città da dipingere o da fotografare perché accogliente e pulita, dove l'armonia delle forme parte dalla torre più alta fino ad arrivare al selciato di una piazza. Nella sua unicità come città anche Rosamund aveva visto forme e colori che, da secoli, affascinavano architetti, artisti o principi e aveva deciso di dare vita a quel luogo senza usare le scoperte di suo padre. Sarebbe interessante capire se, prima di quel 1876, anche William Talbot era venuto a vedere e ad immortalare, a modo suo, quegli scorci di una città viva nei colori e unica nella architettura.
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