10 dicembre 2022

Il Direttore di Avvenire apre il percorso "Insieme, sulla strada della Pace"

Un accorato appello a testimoniare contro i conflitti (e se ne contano 169) che feriscono il pianeta e segnano il nostro tempo in maniera drammatica è arrivato dalle parole del direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, che ha aperto nel tardo pomeriggio di venerdì, al Centro pastorale diocesano di Cremona, il percorso “Insieme, sulla strada della Pace”. Si tratta del primo di una serie di appuntamenti pensati dall’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e il lavoro per richiamare l’attenzione su questo tema e valorizzare sul territorio la 56ª Giornata mondiale per la pace, che si celebrerà il prossimo primo gennaio. Una serie di eventi voluti da tante realtà tra cui associazioni e gruppi, come le Acli, l’Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Pax Christi, la Tavola della pace di Cremona e quella dell’Oglio Po.

«Per disinnescare le guerre occorre che ognuno si prenda la sua parte di responsabilità chiedendo conto a quelli che hanno il potere di incidere e scegliendo ogni giorno da che parte stare, dicendolo, facendolo palese». Affermazioni accompagnate da passione, quelle di Tarquinio, soprattutto perché dietro a quelle parole c’è una ricchezza di informazioni e dati che mettono a nudo una conflittualità le cui dinamiche spesso restano dietro le quinte del flusso di informazioni che travolge ciascuno.

E se ne è accorta la platea in sala, dove sedeva anche il vescovo Antonio Napolioni, fatta di laici e sacerdoti impegnati nei vari movimenti e associazioni per la pace, fatta dai rappresentanti delle autorità cittadine, ma anche, grazie alla trasmissione in diretta in altri tre punti della diocesi, dalle comunità del Milanese a Cassano d’Adda, della Bergamasca a Covo e del Casalasco-Mantovano a Casalmaggiore.

L’incontro si è aperto con l’introduzione di Eugenio Bignardi, incaricato diocesano per la Pastorale sociale e il lavoro, che ha esplicitato la scelta del nome del percorso. «Insieme, – ha detto – perché null’altra cosa come la pace ha bisogno di tutti. E strada, perché non possiamo restare chiusi nelle nostre chiese». Per il titolo della relazione di Tarquinio «Sorella Pace – Sovvertiamo la guerra: Adesso!» si è preso spunto da un editoriale del 26 febbraio scorso di Avvenire.

Parole che il direttore del quarto quotidiano più letto in Italia ha ribadito con forza: «Occorre una sovversione radicale della logica secondo cui ci sia qualcuno che vince le guerre». Perché la speranza del cambiamento non può che nascere da un completo rovesciamento della logica imperante. «Avete mai visto una guerra che finisce?», ha detto rivolgendosi in maniera provocatoria verso chi lo ascoltava. I conflitti crescono, si accendono, ma non finiscono mai, le loro conseguenze sono disastrose. I Paesi citati sono stati tanti, dal Congo, dove si fronteggiano cinque eserciti ed in gioco c’è il coltan (materiale indispensabile per la costruzione dei cellulari), alla Siria, dove si potrebbero aprire a breve spiragli di pace, o lo Yemen, dove il silenzio delle cronache non restituisce il disastro umanitario in corso da anni, dall’Iraq alla Corea. Per arrivare all’Europa, al conflitto in corso tra Russia e Ucraina, scoppiato di fatto già otto anni fa. Uno scontro «a cui ci stiamo pericolosamente abituando», che slitta dalle prime alle ultime pagine dei giornali, che però «ha turbato i 2/3 degli italiani» e per il quale sono scesi in piazza tanti connazionali e sta lavorando incessantemente la diplomazia (in primis quella vaticana). Una guerra alle nostre porte che «ci riprecipita come europei agli anni 1910/20». Gli ingredienti paiono gli stessi: la crisi economica, una pandemia, un conflitto sul territorio europeo già in corso. Condizioni che devono allarmare, far aprire gli occhi su un’economia che fa crescere gli investimenti più nelle spese militari che nell’istruzione, un’economia che dimentica il concetto cristiano di «giustizia sociale», che non si commuove nemmeno davanti a 169 conflitti e non versa lacrime, come invece il Papa davanti alla Vergine.

Ma una parola e una testimonianza di speranza si può e si deve dire con «veglie, manifestazioni, preghiere, digiuni e cortei», ribadisce Tarquinio. I cittadini responsabili chiedono la pace. E, «nonostante tante parole armate che circolano», molti si informano e danno testimonianza di pace, creando una rete di solidarietà e fratellanza tra i popoli.

 

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