In nome della fede, della storia e di Verdi il pontificale per il patrono di Busseto del 24 agosto sarà presieduto dal vescovo Napolioni
Sarà il vescovo di Cremona monsignor Antonio Napolioni a presiedere, il prossimo 24 agosto, a Busseto (Parma), il solenne pontificale per il patrono San Bartolomeo apostolo. Lo scorso anno era toccato all’arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini ed ora è invece la volta di monsignor Napolioni. Si tratta di un progetto ben coordinato dal parroco di Busseto don Luigi Guglielmoni che si prefigge di invitare i vescovi delle città dove si recava abitualmente il maestro Giuseppe Verdi e, quindi, Milano, Cremona, Piacenza, Genova, Torino. Da tempo la parrocchia di San Bartolomeo si adopera per dare rilievo alla festa del Santo Patrono, nonostante il periodo estivo che vede ancora in vacanza tanti residenti. Per il parroco don Luigi Guglielmoni Busseto è chiamato ad esprimere meglio la propria vocazione turistica per il suo patrimonio di storia e di religiosità, di cultura e di arte musicale, oltre che di gastronomia: “La scadenza annuale del Patrono rischia di diventare il pretesto per tutt’altro – commenta don Guglielmoni - sarebbe davvero significativo se una rappresentanza delle istituzioni e delle imprese, delle associazioni di volontariato del territorio fossero presenti con la popolazione a questo evento, che dovrebbe unire tutti. Ogni anno mi chiedo come coinvolgere le forze vitali del paese nel valorizzare meglio l’eredità che ci è stata tramandata dalle generazioni precedenti”. Anche a questo, oltre che all’incontro tra Chiese vicine, tende l’invito al vescovo di Cremona, al quale il sindaco Stefano Nevicati darà il saluto della cittadinanza. Un legame quindi nel nome innanzitutto della fede, poi della verdianità, ma anche della storia. Perché un tempo, prima della nascita della diocesi di Borgo San Donnino (l’odierna Fidenza) avvenuta nel 1601, Busseto era parte integrante della diocesi di Cremona. Sarà quindi anche un modo per tenere vivo questo legame nel solco della storia. Una storia che è di grande interesse anche per Cremona stessa. Va detto che la prima chiesa funzionante a Busseto fino al XIV secolo era quella di San Nicolò. Busseto divenne poi capitale dello Stato Pallavicino e già nel 1336 Uberto Pallavicino dispose l’erezione di una chiesa di fronte alla rocca che potesse rispondere meglio alle esigenze della popolazione . Il sacro edificio fu terminato nel 1340 e consacrato il 17 settembre di quello stesso anno. Fu poi quasi un secolo dopo che venne eretta in collegiata con Orlando Pallavicino Il Magnifico che nel 1432 presentò istanza al capitolo di Cremona (diocesi da cui Busseto appunto dipendeva) affinchè fosse conferita alla chiesa di San Bartolomeo la dignità prepositurale con un prevosto, quattro canonici e due prebendari, impegnandosi a dotare i rispettivi benefici con la sola riserva del diritto di patronato. Chiese inoltre che un certo numero di chiese del distretto venissero sottoposte a quella di Busseto assumendosi l’obbligo di restaurarle e dotare di beni le più povere. Assente il vescovo di Cremona Venturino dè Marni, convocato per il Concilio di Basilea, la pratica fu esaminata dal capitolo cremonese presieduto dal vicario generale Niccolò degli Aleardi, che espresse parere favorevole. La delibera fu ratificata dal vescovo al suo ritorno e la concessione definitivamente confermata da papa Eugenio IV il 9 luglio 1436 La bolla papale, oltre a sancire l’erezione in collegiata della rettoria di San Bartolomeo, conferiva la primaria dignità al prevosto, che coi canonici ed i prebendari poteva tenere capitolo ed esercitare giurisdizione sopra quattro chiese aventi la dignità di prepositura e su 22 chiese minori, tutte dipendenti dall’episcopio cremonese. La collegiata di Busseto è inoltre uno scrigno di opere d’arte cremonesi. Nella cappella dedicata ai Caduti di guerra svetta il monumento in marmo bianco di Carrara che raffigura Gesù presso un soldato accasciato ai suoi piedi e fu decorata nel 1926 dal cremonese Giuseppe Moroni con dipinti allegorici che, con un suggestivo effetto, risaltano sul fondo scuro delle pareti. Vi dominano le figure dei santi Giorgio e Sebastiano, ai lati, di angeli e di uno stuolo di personaggi sullo sfondo. Le vetrate istoriate delle due monofore laterali sono a loro volta opera del Moroni e recano impresse le figure dei santi Vigilio e Giusto. Questa cappella custodisce la meravigliosa Croce astile del 1524 dei fratelli Jacopo Filippo e Damiano De Gonzate. Inoltre la chiesa presenta in facciata pregiate decorazioni in terracotta di gusto lombardo, ricorrenti negli edifici bussetani del Quattrocento, prodotte probabilmente nella bottega di Jacopo de’ Stavolis a Polesine (1480-90 ca) su modelli di Rainaldo. All’interno, rivestito a metà Settecento di stucchi rocaille alla maniera di Fortunato Rusca e Carlo Bossi, sono conservati importanti dipinti dei secoli XVI, XVII e XVIII, tra cui quindici tondi con i Misteri del Rosario del cremonese Vincenzo Campi (1576-1581 ca) e affreschi con imponenti figure di Dottori della Chiesa di Michelangelo Anselmi (1538-39). Rimarchevoli sono l’altare maggiore con figure e intagli a finto bronzo dorato, del cremonese Giovanbattista Febbrari (metà ’700) e il coro neoclassico (1800-1805). Nella collegiata di Busseto operarono soprattutto pittori cremonesi, tra questi Andrea Mainardi, meglio conosciuto come il Chiaveghino, di cui si conserva la tela dedicata alla “Madonna immacolata con i Santi Paolo, Pietro, Francesco d’Assisi e Chiara”; Francesco Boccaccino, autore della pala dell’altare maggiore dedicata al patrono San Bartolomeo; Camillo Procaccini, autore invece della “Madonna col Bambino e i Santi Francesco d’Assisi e Chiara”; Francesco Superti, autore della “Madonna in Gloria con i Santi Giminiano e Francesco d’Assisi”; Giovan Battista Trotti (Il Malosso), autore della “Madonna col Bambino ed i Santi Pietro e Giacomo”. Senza dimenticare poi che la collegiata conserva, oltre a diversi dipinti e tele di ignoti pittori cremonesi, anche decorazioni di Giovanni Motta e un reliquiario seicentesco di Altobello dè Cambi. Nell’adiacente oratorio della Santissima Trinità (al quale si accede direttamente dalla collegiata), celebre per aver ospitato, il 4 maggio 1836, il matrimonio tra Giuseppe Verdi e Margherita Barezzi, spicca poi la pala dell’altare maggiore (riconsacrato nel 1861 dal vescovo cremonese Antonio Novasconi) raffigurante la Santissima Trinità, opera (datata 1579) di Vincenzo Campi (autore anche dell’Annunciazione conservata nella chiesa bussetana di Santa Maria Annunziata). Organista e maestro di cappella della Collegiata, fu dal 1820 al 1833, Ferdinando Provesi. Alla sua morte l’appena ventenne Giuseppe Verdi sospese gli studi e tornò da Milano a Busseto, desideroso di succedergli, ma gli fu preferito – e senza concorso – Giovanni Ferrari di Guastalla. In segno di protesta i membri della Filarmonica Bussetana, capitanati da Antonio Barezzi, rifiutarono di partecipare alle funzioni sacre e il paese si spaccò in due fazioni: pro e contro Verdi. Per quanto riguarda la figura di Ferdinando Provesi, questa, in questi anni, al centro di importanti studi effettuati dal maestro Dino Rizzo, insigne musicologo e musicista bussetano, autore anche di preziosi studi dedicati alla figura del maestro Giuseppe Verdi e di importanti ricerche sugli organi dei nostri territori. Come scrive il maestro Rizzo sul Dizionario Biografico degli Italiani (volume 85 – 2016) e per la Treccani, Ferdinando Provesi “Nacque a Parma il 20 aprile 1770 da Davide, di professione servitore, e da Brigida Faraia; di due fratelli e due sorelle si hanno scarsissime notizie. Lo zio Noè Provesi (Parma 1730-1810 circa) era incisore e ritrattista. Della formazione di Provesi non si hanno notizie certe. Sposatosi a Parma con Rosa Fornelli il 16 aprile 1791, divenne padre di Pietro Giovanni Raimondo il 30 agosto 1792 (forse morto ancora infante) e di Caterina Teresa Maria Cecilia il 25 settembre 1795. Trasferitosi con la moglie e la figlia a Sissa (nella Bassa parmense) come organista nella parrocchiale, alla fine del 1799 fu incarcerato, posto in isolamento e incatenato, in attesa di processo con l’accusa di furto sacrilego: ignota l’entità e la modalità del reato. Nei componimenti che indirizzò come suppliche a Ferdinando I di Parma (Parma, Biblioteca Palatina, Mss., Pezzana, 570: Elegia; Misto, A.21: Alcune poesie […] scritte in tempo di sua carcerazione in Sissa) Provesi vantò origini nobili e un’accurata formazione letteraria e musicale e lamentò un’infanzia condizionata dalla malattia. Il 14 agosto 1801 fu condannato al confino perpetuo in Compiano in Val di Taro (nell’Appennino parmense), dove venivano isolati gli oppositori politici, ma già il 15 settembre 1801 Provesi fu dichiarato evaso dal domicilio coatto. Attraversato il Po, (1804) si rifugiò nella confinante seconda Repubblica Cisalpina. Continuò l’attività nella Bassa cremonese: nel 1804 a Torricella del Pizzo, Scandolara Ravara, San Martino del Lago, Soresina, indi a Cremona. Il 13 febbraio 1810 fu nominato organista a Soresina, cittadina in cui esercitò anche l’insegnamento delle belle lettere. Nel settembre del 1816 era a Casalmaggiore, dove invano supplicò il posto di organista del Duomo. Nel novembre del 1818 da Cremona si trasferì ad Asola, nel Mantovano, avendo accettato la nomina triennale di maestro di cappella e organista nella cattedrale, con annessa la docenza di musica vocale e strumentale nella scuola comunale. Contro la nomina di Provesi presentò ricorso il precedente organista, Nicola Cestana: l’incarico, sospeso in attesa del giudizio, fu confermato a Provesi nella primavera del 1820. Ma intanto, l’8 novembre 1819, Provesi aveva inviato a don Giovanni Bernardo Ballarini, parroco nella collegiata di S. Bartolomeo a Busseto (nella Bassa parmense), la richiesta per divenire suo maestro di cappella e organista. A Busseto, antica capitale dello Stato Pallavicino, proclamata città nel 1533 da Carlo V, vi erano un teatro di corte nella Rocca Pallavicina (vi si davano opere e farse) e una Società filarmonica di strumenti a fiato fondata nel 1816 da vari dilettanti di musica, tra cui i fratelli Orlando e Antonio Barezzi e Giuseppe Demaldè, cognato di Antonio Barezzi, alunni di Pietro Ferrari, il maestro di cappella e organista della collegiata morto nel 1817. Proprio nel 1820 Busseto conobbe la ripresa d’importanti attività culturali. Il 15 febbraio furono riaperte le scuole di grammatica inferiore e superiore, di umanità e retorica, soppresse nel 1806; il Monte di Pietà riaprì la biblioteca, chiusa nel 1811, e tornò a finanziare la scuola di musica vocale e strumentale interrotta nel 1817 con la morte di Ferrari. Il 12 giugno 1820, ottenuta la nomina in Collegiata, Provesi e la moglie risultano rientrati nel restaurato Ducato di Parma, retto da Maria Luigia d’Austria, residenti in affitto in una casa del filarmonico Demaldè. Il musicista non aveva tuttavia comunicato alle autorità comunali di Asola la rinuncia all’insegnamento, anzi proseguì la corrispondenza come se continuasse a esercitare l’incarico, ma una segnalazione anonima e la conseguente verifica misero in luce le sue assenze e inadempienze. Non potendo obbligare Provesi al rispetto del contratto triennale, in quanto residente in altro Stato, nel gennaio del 1821 le autorità asolane accettarono le sue tardive dimissioni. Dall’attività svolta a Busseto e dalle lettere superstiti (Busseto, Biblioteca della Fondazione Cariparma) emergono le idee anticlericali e liberaleggianti professate da Provesi, in sintonia con la maggioranza dei Filarmonici, nonché l’indole energica e poco incline alla mediazione. Immediati furono gli scontri con il clero e i suoi fautori. Al parroco Ballarini, impegnato a difendere l’immagine della Chiesa e a incrementare il prestigio della Collegiata in seno alla diocesi di Borgo San Donnino (l’odierna Fidenza) mediante liturgie arricchite dal canto gregoriano in alternanza con brani polifonici, Provesi fornì musiche di conio melodrammatico sia nella struttura sia negli organici: vi si avvertono i tratti distintivi di Haydn e di Rossini. Gli stessi autori riecheggiano nei drammi e nelle farse che, presumibilmente librettista di sé stesso, Provesi allestì nel teatro di corte della Rocca. La cultura letteraria di Provesi lo portò a contrapporsi al clero anche nell’insegnamento: dall’ottobre 1823 all’aprile 1824 insegnò umanità e retorica nel ginnasio, ma fu infine rimpiazzato con uno studente del seminario di Piacenza. Proseguì con l’insegnamento della filosofia nella propria abitazione, attività lodata pubblicamente dalle autorità comunali. Impegnato nella diffusione della poesia greca e latina, tentò senza successo il riordino dell’Emonia, l’accademia poetica costituita nel Settecento da sacerdoti e nobili bussetani. Soddisfazioni, invece, provennero dalla gestione della Scuola di musica, che Provesi aprì anche alle ragazze, e dalla direzione della Filarmonica, che in pochi anni egli trasformò in un’orchestra completa degli archi e del controfagotto. Nel novembre del 1823 il decenne Giuseppe Verdi, giunto a Busseto per frequentare il ginnasio dalla vicina Roncole, dove già svolgeva l’incarico di organista nella chiesa di S. Michele, conobbe Provesi. Come tutti gli alunni, con Provesi il ragazzo perfezionò la lettura musicale, l’orecchio e la memoria tramite il canto corale nel coro della Collegiata. Dopo due anni di attività (1823-25) Provesi ammise Verdi al corso quadriennale di composizione (1825-29). In quel periodo si instaurò fra loro il rapporto tipico da maestro ad apprendista. Verdi aiutò Provesi nello svolgere gli obblighi contrattuali in Collegiata: realizzò il basso continuo all’organo; come copista produsse le parti staccate per il coro e l’orchestra; completò brani che l’insegnante abbozzava nel ‘partimento’; adattò agli organici vocali e strumentali disponibili brani di musicisti attivi nel Ducato, come Ferdinando Paer, Nicola Aliani, Paolo Bonfichi, Alfonso Savi, Giuseppe Nicolini e Giuseppe Alinovi; compose musiche originali da eseguire in Collegiata in vece dei numerosi brani che ogni anno Provesi doveva scrivere per contratto. La permanenza di Provesi a Busseto fu contrassegnata da difficoltà economiche. Tra le cause, fu la malattia della moglie Rosa Fornelli che una delibera del 26 agosto 1828 del consiglio del Monte di pietà indicò come «malattia d’utero», forse la stessa che il 26 settembre 1816 un medico di Casalmaggiore aveva certificato come «colica isterica». La moglie morì nel 1828, dopo un intero anno trascorso a letto. Provesi convolò successivamente a nozze con Caterina Crippo, proveniente da Parma (non ebbero figli). Morì a Busseto il 26 luglio 1833, lasciando alla vedova numerosi debiti. Giuseppe Demaldè barattò l’affitto arretrato con l’archivio musicale di Provesi, che in seguito venne poi rimesso a disposizione dei Filarmonici. Alla morte di Demaldè le 240 composizioni di Provesi, ossia i brani sacri per soli, coro e orchestra (Messe, Requiem, salmi, inni, mottetti), compresi quelli realizzati con il giovane Verdi per la Collegiata, alcune sinfonie e adagi strumentali, i frammenti del dramma serio La clemenza di Cesare, il melodramma semiserio in due atti Euriso e Camilla ossia La costanza alla prova, la farsa in due atti Una difficile persuasione, le due farse in un atto 'Le nozze campestri' e 'L’ebreo di Livonia', il melologo Pigmalione tratto da Rousseau (declamazione alternata a interventi strumentali), oltre alle copie realizzate da Provesi dell’opera seria in due atti Eduardo e Cristina di Rossini e dell’Adagio introduttivo dell’oratorio Cristo sul monte degli ulivi di Beethoven, furono affidate al Monte di pietà di Busseto (Biblioteca della Fondazione Cariparma, Fondo della Società filarmonica). Altre composizioni sacre manoscritte sono custodite a Casalmaggiore, Archivio del duomo di S. Stefano; una composizione è a Parma, Biblioteca Palatina, Sezione musicale; un’altra a Monchio, Archivio parrocchiale. Manoscritti organistici sono conservati nelle biblioteche dei Conservatori di Firenze e di Brescia e nella biblioteca privata di Luigi Ferdinando Tagliavini a Bologna; cfr. anche Sonate, Adagi e Sinfonie per organo, ed. critica a cura di D. Rizzo, Bergamo 2002. Ferdinando Provesi fu anche autore di versi d’occasione (Archivio di Stato di Parma, Raccolta Manoscritti, b. 74bis/I.2a, doc. 5)”. Le musiche organistiche di Provesi sono state registrate, tra l’altro, in disco da Dino Rizzo (Provesi & Lavigna, maestri di Giuseppe Verdi: sinfonie, sonate, adagi e fughe per organo, Milano 1999, Multimedia San Paolo MCD113); i brani abbozzati da Provesi e completati da Verdi sono stati registrati dall’Orchestra e coro G. Verdi di Milano, direttori Riccardo Chailly e Romano Gandoli (G. Verdi, Messa solenne, Libera me, sacred works, London 2001, Decca CD 467 280-2). Infine Provesi è ricordato in particolare per essere stato “il più importante” tra i primi insegnanti di musica di Giuseppe Verdi. Ebbe tra i suoi allievi anche Margherita Barezzi, la prima moglie di Verdi.Torricella del Pizzo, terra che a suo tempo lo accolse come cittadino e organista, di recente lo ha valorizzato in modo significativo dedicandogli, su idea di Ernesto Marchetti, un Concorso internazionale di canto lirico.
Un legame quindi, tra Busseto e Cremona, nel solco della storia e della cultura, dell’arte, della musica e della fede e la prossima annunciata di visita di monsignor Napolioni sarà una bella occasione per ribadire anche tutto questo.
Eremita del Po
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