Joshua Bell strega l’Auditorium del MdV con un programma dedicato alla “Sonata dal Classico al Romantico”
“Se Maometto non va alla montagna…” così apre il direttore artistico di STRADIVARIFestival Roberto Codazzi, spiegando di aver invitato il violinista Joshua Bell per molte volte ma che fosse sempre impegnato dai propri concomitanti festival negli States. “Abbiamo quindi spostato di una settimana il Festival, pur di averlo qui”. Joshua Bell è una star, nella musica classica è difficile collezionare acclamazioni che non siano solo per addetti del settore. Quando si parla, per esempio, di Jean-Paul Imbert la risposta più frequente è “Chi?”. Eppure è fra i più importanti organisti del globo. Joshua Bell ha invece raccolto un consenso così diffuso da essere immediatamente riconoscibile da chiunque. La sua fama non è costruita dai social, bensì grazie al suo talento. A 14 anni era già al debutto sotto la bacchetta di Riccardo Muti sul palco della Philadelphia Orchestra. Più recentemente ha inciso la parte solistica della colonna sonora di Angeli e Demoni. Non da meno il pianista Peter Dugan ha un curriculum nutrito di successi internazionali affermandosi sia nel repertorio classico che in quelli jazz e pop. Con questi due grandi artisti si chiude il calendario di ottobre dello STRADIVARIFestival. In un Auditorium al completo, Bell e Dugan hanno presentato un programma dedicato alla “Sonata tra il Classico e il Romantico”.
Lo Stradivari “Huberman” 1713 è stato spinto sulle vette di capolavori come la Sonata per violino e pianoforte n. 2 in la maggiore op. 12 n. 2 di Beethoven, la Sonata n. 2 per violino e pianoforte in re minore “Grosse Sonate” op. 121 di Schumann. È stata poi la volta della Sonata n. 3 in sol minore per violino e pianoforte L 148 di Claude Debussy, per terminare con la bellissima Rapsodia n. 1 per violino e pianoforte, BB 94a, SZ 86 di Béla Bartók.
I due musicisti inanellano un’intesa ai limiti della relazione sentimentale, divenendo un tutt’uno e portando in Auditorium un concerto di grande interesse interpretativo. Bell propone un Beethoven rigoroso con un suono che profuma di Mozart, e ne propone una lettura vigorosa senza uscire dalla prassi. Giustamente l’approccio del violinista a Schumann trova invece ampi respiri ed un passo diverso rispetto al brano del “titano di Bonn”.
Davvero interessanti le dinamiche pianistiche proposte da Dugan, eccellente sostegno al virtuoso violinista.
Magiche atmosfere quelle create dai due durante la sonata di Debussy, terza tappa di questo viaggio che dal classicismo ci porta fino al periodo romantico. Un vero cambio di approccio ottenuto con un caldo vibrato ha fatto risuonare le sinuose curve lignee dell’Auditorium durante la composizione del francese. Lo stile rapsodico è però il giusto arrivo di questa “passeggiata”, dove è emerso tutto il genio di Bartók. Bell e Dugan respirano come una persona sola, e riescono con la loro intesa a far emergere colori e sfaccettature in queste pagine che troppo spesso sentiamo eseguite in modo asettico. Pubblico in visibilio al termine di un concerto che ha incollato tutti alle poltrone. Due i bis, dopo un accorato “Il mio violino dice grazie per averlo riportato a casa, nella sua città” spiega quasi commosso Bell. Il primo brano è un arrangiamento dello stesso Bell del "Nocturne op.9 n.2" di Chopin per pianoforte e violino, ed a chiusura la meravigliosa “Scherzo Tarantella op.16” di Henryk Wieniawski. Tanti i cori di “Bravo!” da una sala davvero innamorata che ha tributato a Bell e Dugan la giusta lunga e forte ovazione.
le foto sono di Danilo Codazzi
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