29 novembre 2022

L'inno dell'anarchico cremasco Luigi Molinari antenato della "Locomotiva", nell'ultimo album "Canzoni da intorto" di Francesco Guccini

Tutti conoscono “La locomotiva” la ballata di Francesco Guccini pubblicata sull’album “Radici” del 1972, storia dell’anarchico Pietro Rigosi che sequestra una locomotiva e si lancia a tutta velocità verso la stazione di Bologna. Ma pochi sanno che il celebre brano ha un antenato nell’inno scritto da un avvocato cremasco anarchico, Luigi Molinari (leggi l'articolo), che costituisce una delle cover contenute nell’ultimo disco “Canzoni da intorto”, intitolata “Nel fosco fin del secolo morente”. Lo stesso Guccini lo ha spiegato nella serata del 27 novembre scorso ospite da Fabio Fazio, quando ha raccontato la genesi dell’ultimo album. La canzone in questione ha una storia particolare. E’ infatti conosciuta anche come “Inno del Molinari” cantata nel corso dei moti della Lunigiana del gennaio 1894, di cui il Molinari viene accusato di essere il principale promotore. Molinari era persona stimata e con un grande seguito. Figlio di proprietari terrieri e anarchico rivoluzionario, oltre a svolgere la propria professione dirigeva giornali, contestava il socialismo riformista e teneva conferenze molto affollate. Nel dicembre 1893 Molinari aveva tenuto alcune conferenze a Carrara e nelle zone limitrofe, che furono il preludio dei moti insurrezionali in Lunigiana, per i quali venne arrestato il 16 gennaio 1894 come il maggiore ispiratore della rivolta. Processato il 31 gennaio davanti al tribunale militare di Massa, fu condannato a ventitré anni di carcere, che furono ridotti nel nuovo processo del 19 aprile a sette anni e mezzo. Tuttavia, dopo aver trascorso circa due anni nel carcere di Oneglia, fu rimesso in libertà il 27 settembre 1895 per l’indulto concesso una settimana prima durante il terzo ministero Crispi. La condanna aveva fatto molto discutere l’opinione pubblica di allora, tanto che Il Giornale di Brescia, ispirato dall’on. Zanardelli lanciò una campagna di sensibilizzazione che si trasformò in una lettera sottoscritta da 35.000 cittadini milanesi ed indirizzata al re per ottenerne la liberazione. La poesia di Molinari «Dies Irae», pubblicata nel 1893, scandita dai manifestanti durante i moti in Lunigiana, e per questo prodotta dall’accusa al processo, verrà in seguito cantata a cappella e quindi, nel 1904, musicata da un anonimo e chiamata «Inno alla rivolta».

 

Fabrizio Loffi


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