La galleria come "promenade", trent'anni fa le ipotesi di recupero di Massimo Terzi, ancora oggi attualissime e meritevoli di attenzione
Trent’anni fa, nel 1992, l’architetto Massimo Terzi aveva idee chiare sul recupero della galleria XXV Aprile e, quando ancora non si pensava all’intervento di maquillage proposto dall’architetto Stefano Corbari, aveva profetizzato con largo anticipo quali ne sarebbero state le linee guida. L’utilizzo di piante al soffitto con le fronde caduche e il loro movimento, che creino dei particolari effetti di luce sul pavimento, a cui si vorrebbe oggi ricorrere per far avvicinare le persone a questo luogo storico della vita cittadina, era già stato accantonato allora. “L’uso del verde, a titolo mimetico, è un segno troppo timido e poco efficace rispetto all'importanza del luogo per nascondere l'incapacità a restituirgli un suo significato - scriveva trent’anni fa Massimo Terzi - Forse un intervento di redesign complessivo della piazza e degli edifici che vi si affacciano, inteso a garantire la «riconoscibilità» del luogo e l'appartenenza ad una certa struttura urbana, renderebbe giustizia all'intervento più brutale che sia stato consumato, nell'arco di sessanta anni, nel centro della città. La brutta Galleria, progettata dall'architetto milanese Baciocchi, ha rappresentato per Cremona il compiacimento tutto provinciale di confrontarsi con città più accreditate (in modo particolare con Milano) e quello più concreto di supplire alla mancanza di portici”.
L’architetto Massimo Terzi, che all’architettura del Ventennio aveva dedicato la sua attenzione nel tentativo di rivalutarne anche gli elementi di novità, riteneva fosse fondamentale, innanzitutto, il recupero delle lunette originali, dove sono ancora presenti gli affreschi dell’artista piacentino Luciano Ricchetti e del modenese Augusto Zoboli.
“Durante una seduta di una Commissione Edilizia di alcuni anni fa avevo sollecitato l'intervento dell'Amministrazione perché la Galleria assumesse un aspetto più allegro attraverso il ripristino delle decorazioni pittoriche delle volte, i necessari accorgimenti per migliorarne la luminosità, il coordinamento degli arredi e l'inserimento degli elementi necessari per trasformarla in un «salotto». Conflitti di competenze tra Amministrazione e proprietà dell'immobile non ne permisero l’attuazione".
Terzi pensava a ripristinare l’originaria funzione di luogo di passaggio, concepito a pianta diagonale per legare il tessuto ortogonale del centro storico.
“Eppure la tipologia dell'edificio si presta, con opportune aggiunte ed adeguamenti, ad esaltare la sosta e stimolare la «promenade» - scriveva - Oggi l'architettura ha più il senso della leggerezza, dell'effimero, della «boutade». Personalmente ritengo molto importante che le opere di adeguamento per una migliore riutilizzazione di un edificio datato, non vengano sopraffatte da illusori desideri di storicizzazione, né vengano deviate da rifacimenti in stile, ma abbiano carattere di reversibilità e non incidano, quindi, irrimediabilmente sulle strutture in modo da essere facilmente rimovibili. Credo sia importante garantire, anche in futuro, l'uso dell'edificio in maniera diversa, con diverso intendimento e secondo una nuova sensibilità interpretativa”. Parole profetiche, oggi di estrema attualità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti