La morìa di piccioni senza risposta da parte dell'autorità. Uno spettacolo indecente, nessuno interviene a rimuovere le carcasse da strade e marciapiedi
Fa discutere la morìa di piccioni registrata nelle ultime settimane. Uno spettacolo sicuramente poco consono per l'immagine di una cttà che vuole definirsi ed essere turistica. Tant'è vero che alcune delle segnalazioni di animali morti o ammalati provengono proprio da turisti giunti in riva al Po in queste ultime giornate. Non si sa ufficialmente nulla sulle cause di questa strage, dopo che lo scorso anno l'assessore Simona Pasquali aveva assicurato che l'Ats stesse monitorando la situazione. Riportiamo di seguito sul tema l'intervento della musicista Angela Alessi.
Sarà che i musicisti hanno l’orecchio (e l’occhio) allenato alla costante ricerca dell’errore, perché la stonatura è sempre in agguato, sarà che la ricerca dell’armonia e della giusta esecuzione sono concetti etici ancor prima che musicali, ma da qualche settimana i miei spostamenti in bicicletta o a piedi nel centro storico della nostra città sono stati mio malgrado interrotti da brevi soste dedicate a repertare grazie alla fotocamera del cellulare le carcasse dei piccioni sparse in bella vista in giro per le strade.
Di questa macabra collezione iconografica che si formava via via nell’archivio del telefono - dico la verità - non sapevo bene cosa farne, ma mi sembrava importante documentare quello che vedevo.
Apprendo dai social che non sono l’unica ad aver osservato con preoccupazione la strana morìa. Però, nessun intervento. Non sta al cittadino improvvisarsi medico legale per formulare fantasiose cause di morte dei piccioni (5G, inquinamento atmosferico, avvelenamento…).
Non è neanche utile buttarsi a capofitto nella nuova polemica dimenticando come non fosse mai esistita quella precedente sui tralicci mentre gli stessi rimangono inossidabili (ah no, sono già ossidati grazie al fantasmagorico e patinato effetto corten) a rammentarci la bruttezza che ci circonda.
E dunque, che osservazioni trarre dalla contemplazione di piume sparse ovunque, corpi di pennuti ancora caldi e dallo sguardo vitreo adagiati sui marciapiedi o sfracellati sull’asfalto?
Possiamo chiederci quale sia in questo frangente il ruolo dell’Amministrazione della cosa pubblica, ad esempio.
In altre città il Comune contatta tempestivamente le ditte incaricate dello smaltimento: a Cremona i corpi rimangono per giorni a imputridire ed essere spolpati dai topi, esposti allo sguardo dei bambini a passeggio con i genitori che scoppiano in lacrime davanti ai resti sanguinolenti degli animali.
In altre città i resti vengono inviati agli istituti di zooprofilassi per accertare le cause della morte e rassicurare i cittadini che non ci siano pericoli per la salute (basta fare una rapida ricerca su Internet per scoprire che in altre città italiane si sono verificati fenomeni simili ed è stata individuata la causa nella Malattia di Newcastle o pseudopeste aviaria): a Cremona allo stato attuale non si ha notizia di comunicati ufficiali in merito.
Ma più di tutto quello che offende e lascia l’amaro in bocca è l’incuria, l’assuefazione al brutto e la sua accettazione come categoria estetica dominante che trasuda dalle immagini accumulatesi nell’archivio del telefono, che purtroppo non ritraggono solo volatili.
E allora risulta lampante che i piccioni morti non sono il problema: il problema in questo caso è la mancanza di manutenzione ordinaria, che vuol dire cura, vuol dire operatori ecologici con la ramazza in mano a spazzare i marciapiedi e gli angoli delle piazze, vuol dire azioni coordinate per individuare le priorità e organizzare le strategie adatte per risolvere le criticità.
Manca uno sguardo attento sulla città, che non può essere quello dei singoli cittadini ma deve essere quello delle istituzioni che sono delegate dalla comunità a occuparsi della res publica.
E questo ci sembra un fatto obiettivo, che non deve essere inteso in senso polemico o peggio accusatorio, perché non è di polemiche che abbiamo bisogno quanto di reimparare a farci le domande giuste, quelle che aiutano a trovare le risposte adeguate per migliorare e salvaguardare l’ambiente in cui viviamo.
Perché se, come recita il vecchio adagio, la bellezza è negli occhi di chi guarda, la bruttezza, in questo caso, è sotto gli occhi di tutti.
*musicista
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commenti
Manuel
6 novembre 2022 16:02
Quando capiranno il motivo di tale ripetuta moria, chi prenderà decisioni? Sarebbe meglio non conoscerne la causa, in modo che tutti se ne stiano tranquilli e placidi negli uffici... a meno che, la colpa, sia imputabile, direttamente o indirettamente, ai piccioni medesimi e a quel punto qualcuno potrebbe anche guadagnarci... e vissero tutti felici e contenti.
michele de crecchio
6 novembre 2022 23:51
Come mi ricordava il compianto prof. Gualazzini, i piccioni furono introdotti in piazza Duomo all'inizio del secolo scorso dal prof. Galeati nell'intento, allora forse positivo, di aggiungere una ulteriore attrattiva a piazza Duomo, ad imitazione di quanto da tempo già avveniva nelle analoghe piazze di Venezia e Milano. L'iniziativa ebbe allora successo e venne completata con l'impianto, nei pressi del Battistero di una vaschetta di pietra per garantire ai volatili la necessaria quantità d'acqua per dissetarsi e, nella stagione più calda, per rinfrescarsi. Tale vaschetta fu, pochi anni or sono, traslocata dietro l'abside settentrionale del Duomo e, da allora, non ho più avuto occasione di seguirne le vicende.
Un barbiere cittadino, particolarmente amante dei piccioni, lasciò, morendo, credo negli anni venti, le sue sostanze al Comune, alla precisa condizione che tale Ente si occupasse, in futuro, della loro alimentazione.
Per molti decenni, credo che, di fatto, la presenza dei piccioni non abbia determinato significativi problemi di igiene o di decoro urbano: un ambulante era persino autorizzato a vendere il mangime con il quale i bambini si divertivano ad attirarli.
La presenza di corvi e poiane limitava allora significativamente la popolazione dei piccioni, eliminando (per una legge crudele, ma razionale, inventata da madre natura) in particolare gli elementi più anziani o malati.
A contenere l'eventuale ulteriore esubero di piccioni provvedevano poi (pochi cremonesi, credo, ancora se ne ricordino) soprattutto i cittadini di più modesto reddito che, non di rado ne catturavano esemplari per arricchire i loro modesti pranzi con qualche arrosticino. Proprio nei pressi del Duomo un'autentica "strage" di piccioni avveniva poi in occasione della festa di San Luigi, quando i giovani frequentatori dell'oratorio Silvio Pellico provvedevano, così facendo, a garantirsi la carne per il tradizionale pranzo sociale.
Dagli anni settanta in poi, tali tradizionali forme di contenimento, quasi del tutto naturale, vennero progressivamente a mancare, determinando nei piccioni sovrappopolazione e malattie, nonché, soprattutto nel centro storico, disagi sia igienici che di decoro urbano.
A questo punto bisognerebbe parlare dei vari tipi di misure che le molte Giunte Comunali, dagli anni settanta ad oggi succedutesi alla guida della città, hanno messo in atto, con variabile impegno ed efficacia, per contenere tali disagi. In considerazione però del fatto che, pur avendo seguito per ben venti anni e da posizioni privilegiate, l'attività della Giunta Comunale, non ho mai rivestito le cariche di assessore alla sanità, alla veterinaria e neppure alla polizia e nettezza urbana, più direttamente interessate a tali problematiche, non ritengo però di avere informazioni sufficienti per addentrarmi con precisione anche su tale tematica.