13 ottobre 2022

La storia di Marco Luzzara da San Daniele Po, ucciso dai nazisti con altri 84 per una scatoletta di carne

Robert Scholl potè abbracciare i suoi due figli, Hans e Sophie, poco prima che la ghigliottina mettesse fine alla vita dei due giovani universitari tedeschi, l'uso della ghigliottina era ampiamente diffuso nelle carceri della Germania nazista, del resto lo strumento di morte idealizzato da Roberspierre e Sant-Just fece più vittime durante il nazismo che neanche durante il Regime del Terrore post rivoluzione francese. Era il 22 febbraio 1943 e, nella prigione di Monaco di Baviera, a Robert vennero straordinariamente concessi pochi minuti per poter incontrare per l'ultima volta i due ragazzi prima che venissero avviati, con il loro amico Christoph, verso il patibolo. La morte dei fratelli Scholl mise fine, almeno formalmente, al movimento della Rosa Bianca, movimento di natura studentesca che, con azioni non violente come il volantinaggio, si era opposto alla ferocia del regime nazista in Germania. Il sacrificio dei fratelli Scholl e dei loro amici sembra un ricordo lontano nella memoria collettiva, un ricordo che, con il passare degli anni e in maniera progressiva, è tristemente destinato all'oblio fino a sparire totalmente dal panorama storico. Quattro giorni prima dell'esecuzione dei tre ragazzi un ufficiale delle SS, Franz Marmon, provvedeva all'arresto dei tre studenti e a coordinare oltre a seguire di persona il primo interrogatorio che avrebbe portato il gruppo della Rosa Bianca a rispondere davanti ad un inutile processo. Processo inutile perché la sentenza di morte tramite ghigliottina, fin dal momento in cui Marmon arrestò gli imputati, era già scritta, restava solo il fatto di concedere al padre un breve incontro, beneficio normalmente non concesso ai condannati alla pena capitale. Il 31 marzo 1945 era il sabato di Pasqua; alla stazione della piccola cittadina di Kassel, nel mezzo della Germania, vi sono due treni, uno è fermo sui binari destinati al transito, l'altro è fermo su un binario chiuso in attesa di destinazione. Il regime nazista è agli sgoccioli anzi, in pratica la parabola di Hitler è già finita dato che le forze Alleate sono a pochi chilometri da Kassel, mentre i sovietici sono alle porte dell'area urbana di Berlino. Il treno destinato al transito è carico di beni alimentari per i soldati che combattono le ultime battaglie contro gli anglo americani, sono per lo più i giovanissimi bambini della Hitler-jugend o gli anziani dell'esercito popolare reclutati a forza nel Volkssturm, mischiati a qualche unità di fanatici delle SS e pochi militari veri e propri. Il treno di generi alimentari viene razziato dai cittadini di Kassel, la fame miete quasi più vittime della guerra e l'imminente arrivo degli Alleati genera il panico, tanto che l'arrivo di un treno carico di alimenti porta i civili a bloccarlo e razziarlo. Sul binario morto c'è un altro treno merci, treno che non trasporta generi di prima necessità, ma 84 persone in trasferimento da un campo di concentramento e destinati al lavoro lungo le tratte ferroviarie. Questi 84 sono quasi tutti italiani, ex soldati o civili che sono destinati al lavoro come schiavi nei campi di concentramento, spesso finiti in Germania a causa di rastrellamenti o con il ricatto. Loro patiscono la fame ancora più dei cittadini di Kassel, si impossessano di quelle poche scatolette lasciate dalla razzia degli abitanti, tra gli 84 prigionieri c'è anche Marco, figlio di Sincero e Adelaide, che tra tre settimane avrebbe compiuto 38 anni. Marco Luzzara era nato alla Cascina Cà dell'Aglio nel 1907, la cascina la trovi lungo la strada che da Pieve d'Olmi porta a San Daniele Po anzi, San Daniele Ripa Po, ma dalla cascina per arrivare a Sommo con Porto o a Cà de Gatti è un attimo, una breve passeggiata in mezzo a quei campi che davano lavoro alla famiglia Luzzara e a tanti altri.

Marco “el sé spusaat cun la Luigia” ad aprile del 1931, non aveva celebrato il matrimonio in paese, ma a Sabbioneta poi, forse, la festa per quella nuova unione l'avevano fatta in cascina o in paese a San Daniele, come si usava fare in quegli anni. Marco era su quel treno carico di connazionali, era un lavoratore civile non un militare, era uno degli schiavi strappati a forza dalla Luigia e dalla Cà d'Aglio e portati a lavorare senza tregua per quel Terzo Reich che era ormai finito. Franz Marmon è sempre stato un fanatico delle SS, fedelissimo del gerarca Heinrich Himmler e disposto a tutto pur di soddisfare gli ordini, ordini che eseguiva con il sadico zelo di chi vede nella vita umana un numero, non una persona.

Marmon interroga Marco e gli altri in maniera distratta, l'interprete manco traduce tutto, l'ufficiale delle SS sa già che è solo una formalità, come per i fratelli Scholl il destino di quegli 84 è segnato fin da quando i cittadini tedeschi avevano aperto le porte del treno per razziare le merci, forse anche prima. Questa volta però non ci sarà nemmeno un processo inutile, Marmon deve decidere soltanto dove e quando, lui è diventato giudice e giuria forte del decreto “Catastrofe” voluto da Himmler che prevedeva la fucilazione immediata dei saccheggiatori. Marco e gli altri prigionieri vengono raccolti in pochi minuti in piccoli gruppi di fronte alle buche scavate dietro la stazione dalle bombe americane, neanche in fosse comuni debitamente preparate per i condannati. La fucilazione è solo una formalità e una perdita di tempo per Marmon, le vite di quelle persone non contavano nulla anzi, andavano a sommarsi all'elenco dei prigionieri che aveva fatto giustiziare il 29 e 30 marzo. In pratica nei giorni che precedevano la caduta del Reich l'ufficiale aveva fatto fucilare, con accuse inesistenti, decine di prigionieri tra cui Marco nato nella cascina Ca d'Aglio, quasi come se fosse necessario eliminare testimoni più che punire eventuali colpevoli. Marmon morirà di morte naturale nel 1954 mentre il corpo di Marco oggi è inumato con circa altri 5000 italiani nel Cimitero italiano d'onore di Francoforte sul Meno. L'eccidio del sabato di Pasqua è una delle tante storie che si dovrebbero raccontare ma delle quali si sta perdendo memoria, come quella dei fratelli Scholl.

La targa del cimitero italiano di Francoforte sul Meno e Franz Marmon, il suo assassino

Marco Bragazzi


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