Vent'anni fa l'attentato alle torri gemelle. Tracce nella moschea di via Massarotti. Servizi segreti esteri a Cremona per indagare
A vent’anni di distanza dall’attentato alle Torri Gemelle, si inizia a parlare degli evidenti buchi nelle indagini che contrassegnarono le inchieste sul terrorismo internazionale, Al Qaeda e Osama Bin Laden. Lo ha fatto, di recente, il settimanale l’Espresso nell’articolo ‘Usa La Catena degli errori’ a firma di Leo Sisti.
Un pezzo che si ricollega incredibilmente con tutta la vicenda cremonese della cellula islamica di Cremona e il suo coinvolgimento a livello internazionale. Dall’articolo di Sisti emerge chiaramente come fin dal 1999 la Cia avesse creato la Alec station: un’unità speciale creata per dare la caccia allo sceicco del terrore.
Un anno prima i servizi segreti di molti stati occidentali erano piombati a Cremona per portare a termine l’operazione ‘Atlante’. Sapevano benissimo che in quell’anonima moschea di via Massarotti erano stati trovati documenti provenienti proprio dai campi di addestramento di Al Qaeda e perfino la lettera di Osama al mondo arabo.
E’ noto, lo dicono, alcune nostre fonti della Polizia che in quelle riunioni, tra il 1998 e il 1999, furono esaminate la fotografie dei frequentatori della moschea. Molte di quelle immagini furono portate, non solo in Francia e in Gran Bretagna, ma anche negli Stati Uniti. Un dato che avrà una forte rilevanza nelle indagini successive.
Ma prima di arrivare a quel drammatico 11 settembre, ci fu un altro passaggio importante. Nel gennaio di quel 2000 gli americani intercettano un summit di Al Qaeda a Kuala Lumpur in Malesia. Fu la prova generale dell’attacco a New York. Gli statunitensi capivano che l’attacco era nell’aria.
Il 5 gennaio dell’anno successivo: il 2001; scattava l’allarme all’ambasciata Usa di via Veneto a Roma per un possibile attentato.
Qualche ora più tardi la Digos della questura di Cremona venne mandata di gran carriera nella moschea di Cremona a cercare probabilmente Ahmed El Bouhali l’imam del centro islamico. La sua fotografia, e forse qualche altra, era già entrata nel book fotografico di potenziali attentatori. I poliziotti tornarono in questura a mani vuote; l’uomo non era stato trovato. Dieci mesi più tardi gli aerei entrarono nelle torri.
Gli inquirenti ripresero in mano i fili dell’inchiesta in Europa. Tornarono a bussare nella città del Torrazzo, dove nel frattempo ci si era accorti che nel luglio del 2001, Ahmed El Bouhali aveva fatto perdere definitivamente le proprie tracce. Sparito su un aereo in partenza dopo aver prelavato una cifra sostanziosa dalla filiale della banca Unipol Sai sotto la sua casa di via Massarotti. La stessa fonte della Polizia confermava che in quegli incontri riservati, gli americani e gli inglesi rivollero vedere le fotografie dei frequentatori della moschea. Qui il racconto si fa incerto. El Bouhali sicuramente fu riconosciuto dai servizi americani. Non è chiaro se il suo nome circolasse perché legato direttamente ai dirottatori o solamente come combattente in Afghanistan. In realtà, durante i successivi processi alla cellula, gli inquirenti della Digos di Milano testimoniarono che l’intelligence americana lo aveva dato per deceduto in combattimenti tra le montagne di Tora Bora. Gli stessi statunitensi avevano comunque trovato le prove del suo imbarco su un areo partito dal capoluogo lombardo.
Che ci fosse l’interesse di Fbi e Cia sulla situazione cremonese, lo ha confermato una seconda fonte della Polizia di Stato. Del resto ancora non si capisce, a vent’anni di distanza , se tutti gli attentatori di New York abbiano un nome. La fonte cremonese, spiegò che erano state fatte delle verifiche in questura sugli extracomunitari che arrivavano a pregare nel salone di via Massarotti. Aggiunse poi che le attenzioni si erano focalizzate su una cospicua cifra di denaro raccolta nel corso di una preghiera della comunità islamica al palazzetto dello Sport. L’ipotesi era semplice: quei denari furono impiegati per facilitare l’organizzazione di attentati. Misteri che si aggiungono a misteri. Di chi fossero quelle prime immagini mostrate agli americani tra il 1998 e il 1999 ancora non si sa. Come non è certo se El Bouhali fosse finito in una lista di sospetti della rete organizzativa per gli attentati. Ciò che è certo sono i tanti sospetti che gravarono sulle attività della moschea cremonese. In America, la nuova presidenza, ha promesso che declassificherà alcuni documenti top secret. E forse allora le tenebre dei dubbi si dipaneranno in maniera definitiva.
Il giornalista cremonese Roberto Fiorentini ha pubblicato numerosi libri sul terrorismo islamico. Molte notizie sono prese dalle sue pubblicazioni, tra queste ricordiamo: "Ai cani la carne degli infedeli", "Apriremo Roma con il fuoco", "Generazione kamikaze", "La biblioteca dell'Iman", "Linea Rossa - Storia della moschea di viale Jenner"
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