17 ottobre 2022

Vortex: al teatro San Domenico va in mostra l'arte di Umberto Cabini

La prima mostra personale di Umberto Cabini “Vortex” è stata inaugurata sabato scorso al Teatro San Domenico ( luogo non casuale che a Cabini deve moltissimo per energie, impegno e contributi profusi negli anni), e rimarrà aperta fino al 30 ottobre: una settantina di opere, per lo più dipinti astratti di media dimensione e una ventina di scatti fotografici di Crema con una peculiarità, tutte le opere sono state realizzate durante la lunga pandemia da Covid. 

Inaugurazione davvero festosa, con un parterre di tutto rispetto: politici, imprenditori, giornalisti, ma anche artisti e tantissimi amici che non hanno fatto mancare a Cabini la loro stima e il loro affetto.

Scrivere di un artista quando lo si conosce o peggio ancora è un amico, non è mai facile: occorre essere onesti ma anche tenere conto dei buoni rapporti e dell’affetto. Quando però l’artista in questione non è un professionista ma un amatore diventa tutto più semplice, anzitutto perché chi dedica all’arte il suo tempo libero merita sempre fiducia, ma anche perché chi nonostante faccia un altro mestiere ha sensibilità e passione per l’arte merita sempre rispetto.

Il caso di Umberto Cabini è però più particolare: anzitutto parliamo di uno dei migliori e più stimati industriali del cremasco, che ha creato una delle aziende leaders del suo mercato, e come se non fosse abbastanza è diventato uno dei più stimati membri della Confindustria Lombarda nel settore del design fino al meritatissimo approdo finale, la presidenza della Fondazione Compasso d’Oro, uno dei più prestigiosi premi di design al mondo. La premessa è doverosa non per tessere le lodi dell’uomo, ma per lodare il coraggio di aver condiviso con tutti una sua piccola passione segreta, quella di pittore e fotografo e di averlo fatto senza prosopopea ma con garbo e stile. 

Che Umberto sia da anni un generoso collezionista di arte contemporanea, oltre che mecenate di artisti, è cosa nota. Meno nota è la sua profonda e raffinatissima conoscenza dell’arte contemporanea, che tanto emerge nei suoi lavori. Senza che lui lo confermi, all’occhio attento si rivelano subito vari omaggi pittorici a grandi e meno grandi dell’arte moderna o contemporanea: una cascata di strisce lilla e verdi diventa subito un glicine di Monet, così come un bellissimo sfondo verde intramato di gialli e rossi fa subito pensare ai suoi splendidi giardini orientali. Un piccolo lavoro fatto di sfondi gialli e verdi ben divisi benchè sfumati richiama tanto un Rothko, mentre un cerchio marrone su uno sfondo di toni del sabbia e delle terre di Siena chiama subito alla mente un po' di Sironi. Aprono e chiudono la mostra due lavori (davvero belli) un po' espressionisti in rosso e nero, che fanno tanto pensare a Marino Marini ( e Cabini conferma a voce l’omaggio al sottoscritto) e a Emilio Vedova nelle forme spigolose ma pastose, e anche un po' a Mirò per come le macchie di colori galleggiano sulla tela. Cosa assolutamente importante, nessuno di questi richiami è esplicito o ridondante, ma sempre molto tra le righe e delicato.

Quello che mi ha colpito però, al netto di tanta conoscenza dell’arte digerita e che riemerge naturalmente nei lavori, è la capacità davvero inaspettata di Umberto di usare il colore con una padronanza e una tecnica che non sono frutto di studio ma proprio di un piccolo talento che mi era ignoto ma proprio per questo piacevolmente sorprendente. Insomma lo fa per passione e senza velleità artistiche, ma col colore ci prende davvero. Un po' meno ho apprezzato i tanti vortici tono su tono che danno il nome alla mostra, forse perché la spirale è tanto affascinante quanto abusata in generale, ma forse perché ho trovato molta più bravura negli altri piccoli omaggi alla grande arte.

Ci sono anche una ventina di bellissime fotografie di scorci noti e meno noti di Crema, ma anche qui con qualche nota di originalità tutt’altro che scontata: se i paesaggi sono i soliti, le tinte forti dei colori dei tramonti o delle notti, a volte volutamente caricati di espressione da interventi di colore sulle foto, le rendono davvero particolari e accattivanti, ma soprattutto mai banali: si percepisce l’amore alla sua terra ma anche la tensione cupa del periodo pandemico in cui sono state scattate. Una vera chicca è la foto pitturata di arancioni di un distributore di benzina in notturna: Hopper avrebbe certamente apprezzato quanto me.

Ultima, ma doverosa nota, tutte le opere sono in vendita e tutto il ricavato andrà alla Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro. 

Francesco Martelli


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