La Disfida del Tortello Cremasco e Mantovano di Severgnini. I Tortelli, senza pasta matta (come quelli di Cazzamalli) di Chef Vailati
Nel novembre 2002 Beppe Severgnini, da Crema, quindi cremasco come Roberta Schira, organizzò, coinvolgendo l'ex bomber dell'Inter e mantovano Docg, Bobo Boninsegna, all'Aquila Nigra di Mantova la Tortellomachia, la Disfida del Tortello, quello cremasco e quello mantovano. Finì scontatamente in parità dopo una serata davvero piacevole. Scrisse Severgnini sul Corriere della Sera: "Il tortello mantovano è volonteroso, ma blando. Piacevole, ma prevedibile. Gradevole da principio, poi monocorde. Il tortello cremasco, quello sì che è buono. Il vostro, tutt'al più, è buonista. Il tortello di zucca è come uno sbadiglio: ogni tanto ci vuole, ma non bisogna esagerare. E' cibo da ricchi travestito da cibo per tutti. So perfettamente che voi a Mantova mangiate meglio di noi a Crema: il mio palato non è campanilista. Ma a Crema abbiamo una specialità, un'area di eccellenza: il tortello dolce. Piatto interessante, intrigante, sinfonico: amaretto scuro, cedro candito, grana, mostaccino, uovo, un sospetto di menta. Il tortello cremasco è un colpo di genio: ha personalità, fantasia, grinta".
Chef in pensione, dopo aver fatto tendenza, coi suoi Tortelli Cremaschi... Eretici e buonissimi, (nella pasta c'è l'uovo, come nella vecchia ricetta della Drogheria Cazzamalli), allo storico ristorante Ridottino di Crema, così Carlo Alberto Vailati, tempo fa ha invece descritto i Tortelli per il sito internet: "Identità Golose"... "Non esistendo scritti di certa provenienza, l'origine del piatto può essere riferito alla presenza storica, nel territorio cremasco, della Repubblica di Venezia e del conseguente utilizzo di spezie e dell'uso dell'agrodolce derivante dalle contaminazioni con cucine di territori a Venezia collegati. Quale che sia la verità storica, che rimarrà ignota in eterno, il dato importante è che a Crema siano tuttora fedeli al loro primo. Tre secoli e mezzo sotto Venezia, dal 1449 al 1797, non sono un battito d'ali anche trascorsi più di duecento anni.
Questa la ricetta del Ridottino e di Carlo Alberto Vailati:
"Per la pasta: farina bianca 700 gr.; farina di semola 100 gr.; 3 tuorli d'uovo e 6 uova intere; un filo d'olio EVO e un pizzico di sale. Per il ripieno: 500 gr. di amaretti "Gallina" (amaretti con cacao); 1 "mostaccino" biscotto secco speziato (anice stellato, cannella, chiodi di garofano...) da grattugiare; 200 gr. di uvetta sultanina ammollata con poca acqua e 1 cucchiaio di Marsala o anice; 50 gr. di cedro candito tritato; 1 uovo come legante; 1 mentina; 2 o 3 manciate di grana padano grattugiato delle quali una per il ripieno e il le altre per condire.
Procedimento: preparare con la farina la classica "fontana" e amalgamare poco per volta le uova, il pizzico di sale e l'olio per lavorare fino a ottenere un impasto morbido e liscio. Lasciare quindi riposare in un panno umido o in una velina per circa un'ora. Tritare gli amaretti, amalgamare tutti gli altri ingredienti e lavorarli fino a ottenere un composto piuttosto consistente che lascerete riposare in frigorifero. Un consiglio: meglio preparare il tutto il giorno precedente. Stendere la pasta non sottilissima, formare dei quadratini in cui inserire il ripieno, ridotto in palline, richiudere la pasta pizzicandola in 5 punti per richiuderla alla perfezione. Stendere i tortelli su un tavolo di legno leggermente infarinato. Bollire l'acqua non salandola troppo. Immergervi delicatamente i tortelli rimuovendoli con delicatezza. Intanto soffriggere la salvia in burro abbondante, scolare con attenzione i tortelli, passarli nel burro e disporli a strati in una pirofila alternando tortelli, burro e grana. Servirli".
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