28 gennaio 2023

Perché è necessario cambiare la Sanità in Regione Lombardia

L’organizzazione del Servizio Sanitario in Lombardia ha preso la piega che lo ha portato alla disastrosa situazione attuale nel 1997, quando Formigoni e la sua giunta vararono la legge 31/97 creando il cosiddetto “modello lombardo”.

Questo modello parte dalla concezione “liberista” che anche in sanità esista un mercato o “quasi mercato” con prestazioni sanitarie e assistenziali che si comprano e si vendono. Veniva introdotto la “aziendalizzazione” degli ospedali con obbligo di pareggio di bilancio ed il concetto di concorrenza tra strutture ospedaliere (se sei più bravo “vendi” più prestazioni e guadagni di più) e soprattutto la (teorica) parità tra strutture pubbliche e private.  Queste ultime, attraverso l’accreditamento, entravano a far parte del Sistema Sanitario Regionale fornendo alle ASL (ora ATS) pacchetti di prestazioni che le ASL mettevano a diposizione dei pazienti.

Dico teorica parità perché, nella stragrande maggiorana dei, casi le strutture private si accreditavano per quei servizi che risultavano più remunerativi in base al sistema di pagamento tramite DRG (un metodo mutuato dai sistemi remunerativi delle assicurazioni americane, basato chiaramente su concetti di mercato, perché tale è la medicina in tutti quei Paesi che non hanno sistemi di welfare pubblico sviluppati).

Teorica parità perché a carico del sistema pubblico sono sempre rimaste le aree meno remunerative e più problematiche, quelle con costi elevati e bassi DRG.  Per non parlare dei sistemi di medicina territoriale, igiene pubblica e prevenzione che non avendo “mercato” sono diventati la cenerentola del sistema.

La scelta politica liberista di Regione Lombardia ha portato negli anni (ormai 25) a spostare progressivamente la spesa sanitaria dal pubblico al privato convenzionato che ora riceve più del 50% del budget regionale per la sanità (che a sua volta rappresenta circa l’80% del budget totale). Su 26 miliardi di Euro per il 2023 circa 21 verranno spesi in sanità.  La quota che va ai privati è in assoluto la più alta in Italia.

Questo impianto è rimasto sostanzialmente invariato nonostante la riforma Maroni del 2015 che era “sperimentale” per 5 anni e che poi è stata modificata tra il 2021 e il 2022 con diversi contenziosi con il Ministero della Salute, e che comunque poco o niente ha cambiato nei fatti. I

In mezzo c’è stato un altro clamoroso fallimento, quello della “Presa in Cura” per i pazienti cronici varato nel 2019, ancora una volta con il chiaro (ancorché non dichiarato) intento di favorire cooperative o strutture private. Nulla ha funzionato.

Nel frattempo vi è stato il completo abbandono della medicina territoriale e di prossimità che ha portato alla gravissime problematiche vissute nella gestione della pandemia, a differenza di altre regioni quali l’Emilia Romagna (ad amministrazione centro-sinsitra) e Veneto (ad amministrazione centro-destra).  Il modello lombardo è dunque fallito.

Quello di cui i Formigoni (peraltro condannato in via definitiva per scandali e tangenti proprio nel settore della sanità), i Maroni ed i Fontana si sono sempre vantati è la presenza di “eccellenze” sanitarie sul territorio lombardo.  E questo è vero: esistono strutture ospedaliere anche private di assoluto valore internazionale che attirano pazienti da altre regioni e portano flussi di denaro da fuori regione (ancora una volta emerge al fondo una ottica di profitto), ma manca una rete sanitaria degna di una regione fortemente sviluppata come la nostra.

Ricordiamo che la nostra Costituzione all’articolo 32 prevede la “tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività” e questo non può essere raggiunto attraverso un sistema di mercato o quasi mercato, ma solo attraverso un sistema sanitario uniforme in tutto il paese, che garantisca l’accesso in tempi certi ai ricchi come ai poveri, che sia presente capillarmente anche nei territori più svantaggiati e non solo nelle città, che offra al cittadino percorsi di salute che iniziano dalla educazione sanitaria, alla medicina preventiva, all’accompagnamento del paziente al momento del ricovero con la creazione di una rete ospedaliera non in concorrenza ma collaborativa e strutturata, alla riabilitazione ed infine ad una integrazione vera con il sociale, con il fondamentale concorso degli Enti Locali e specie dei Comuni, perché nessuno si senta solo di fronte al bisogno di assistenza.

Oggi in Lombardia se una persona ha bisogno di una prestazione sanitaria ambulatoriale in tempi ragionevoli ha una sola scelta: andare a pagamento.  Questo scandalo delle liste di attesa deve finire.

Dopo 25 anni di riforme sanitarie che hanno portato al degrado del servizio sanitario regionale è davvero ora di cambiare!  Si guardi alle migliori pratiche già esistenti sul territorio nazionale e si imbocchi una strada nuova che guardi davvero alle necessità e al benessere della popolazione.

 Candidato per il Pd alle elezioni regionali a sostegno di Majorino presidente

Paolo Bodini


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