"Al cuore della città". L’ottava lettera pastorale del Vescovo Napolioni è dedicata al Santuario Lauretano
La Madonna nera di Loreto sovrapposta a uno scorcio aereo della città di Cremona. Una suggestiva immagine che colora la copertina dell’ottava lettera pastorale del vescovo Antonio Napolioni, intitolata Al cuore della nostra città. Nel IV centenario del Santuario Lauretano in Cremona.
Sette capitoli, attraverso i quali monsignor Napolioni vuole approfondire l’importanza della presenza in città di un santuario che è replica di quello di Loreto, un santuario particolare, «casa» dell’Incarnazione del Verbo, custode dello spirito della Terra Santa.
La lettera pastorale – disponibile presso la parrocchia cittadina di Sant’Abbondio – si apre con un breve excursus storico del santuario adiacente alla chiesa di Sant’Abbondio, a Cremona, concentrato nei primi due capitoli, intitolati «Nel tempo e nel- lo spazio» e «Un santuario particolare». Un santuario con 400 anni di storia, dal 1624, anno in cui il conte Giovan Pietro Ala, molto devoto alla Madonna nera, accorgendosi che la lontananza e i disagi del viaggio non gli avrebbero più per- messo di recarsi a Loreto, decise di replicare la Santa Casa nella sua città, all’interno del cimitero di Sant’Abbondio, contiguo alla chiesa. Due padri teatini andarono di persona a Loreto per riprodurre con disegni le misure esatte e le fattezze della Santa Casa. La posa della prima pietra risale al 1° marzo 1624 quando, secondo alcune fonti storiche, fu fatto lo scavo delle fondamenta e iniziò la costruzione delle mura, in piena somiglianza alla Santa Casa di Loreto.
Un santuario per ogni famiglia: dalla Sacra Famiglia, quella di Nazareth, a quelle di ognuno, al giorno d’oggi, a cui fa da modello. «Nazareth, l’umile casa nel villaggio sconosciuto, insegna al mondo come Dio fa famiglia con noi – si legge nel testo –, quanto ogni famiglia sia amata e abitata da Lui, come il lavoro e la vita domestica, le relazioni affettuose e anche gli inevitabili momenti di prova siano il tessuto della santità, accessibile a tutti». Da qui l’invito del vescovo a rinnovare «tutti l’impegno ad amare la nostra famiglia, con gratitudine per chi ci ha dato vita e amore, e a servire ogni famiglia perché possa realizzarsi nella gioia».
Una «Chiesa domestica», viene definita tra le pagine della lettera pastorale. Segno di una Chiesa nata nelle case e tra le case, luoghi in cui fare «buona manutenzione delle relazioni e degli affetti».
Certamente il santuario è casa di Maria, ma lo è anche ogni abitazione e la città intera. La Vergine che dal 1625 è patrona e protettrice di Cremona, insegna ai cremonesi «la virtù dell’accoglienza e lo stile della solidarietà». E in questo periodo di elezioni politiche e amministrative, «la Santa Casa può ispirare tutti a un impegno perché chiunque si senta “di casa in città”, lavorando per il superamento di ogni forma di emarginazione, valorizzando le diversità in percorsi di integrazione e crescente corresponsabilità, assicurando sicurezza senza impedire la necessaria promozione umana e sociale dei più svantaggiati o degli ultimi arrivati». Una casa che riunisce, una santuario che è la chiesa più piccola della città, ma che, con le braccia aperte della Madre, si apre alla comunità e al mondo, diventando così una casa di una grandezza smisurata.
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