"Cremonesi Così". Alberto Rigolli medico tra le mamme e i bambini da Cremona all'Africa. E' in partenza per il Sud Sudan
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Terzo appuntamento con “Cremonesi Così” la nuova avventura di CremonaSera, il viaggio che ci condurrà alla scoperta di personaggi che hanno la parola Cremona scritta nel loro percorso di vita. Il primo appuntamento era stato con lo scrittore Sandrone Dazieri (leggi qui), il secondo con il maestro Mauro Ivano Benaglia (leggi qui). Cremonesi doc ma anche acquisiti che però hanno nel cuore, nel loro lavoro e nei sentimenti la nostra provincia.
Questa settimana vi racconto di Alberto Rigolli, ginecologo cremonese, Medico con l’Africa, uomo dotato di un’umanità e di una semplicità tale da lasciarsi trasportare dalla narrazione delle sue esperienze. Non posso nascondervi che mi sono immedesimata nella sua esposizione. Chi scrive queste parole ha provato sulla pelle alcune situazioni in aree del mondo non facili. Lo scrivo come cronaca perché credetemi, una volta che hai toccato con mano alcune realtà e hai visto con i tuoi occhi alcune situazioni, nulla è più come prima.
Il mese scorso, a Brescia, in occasione della due giorni di relazione di attività del Comitato Gruppi 2025, ho intervistato don Dante Carraro, cardiologo, sacerdote e direttore di Medici con l’Africa, Cuamm, un’esperienza che mi ha profondamente colpito. Abbiamo avuto modo di parlare a lungo. Vi riporto questa sua frase: “L’Africa non ha bisogno di eroi ma di persone normali, ostinate e irremovibili nel fare il proprio dovere e nel farlo bene. Il mondo sta vivendo una Babilonia, il Cuamm cerca di muovere i primi passi per uscire da questa confusione”. Sorge spontanea la domanda: “Perché farlo?” lo scoprirete proprio con questa testimonianza.
Contatto telefonicamente il Dott. Rigolli ed organizziamo velocemente un incontro. Tra qualche giorno partirà per il Sud Sudan in missione per il Cuamm – Medici con l’Africa – la prima Ong in campo sanitario riconosciuta in Italia, la più grande organizzazione italiana per la promozione e la tutela della salute delle popolazioni africane, oggi impegnata in otto Paesi dell’Africa sub-sahariana.
Non è la prima volta che Rigolli parte, anzi, è dagli anni ‘80 che affianca il Cuamm ma la sua voce è carica di entusiasmo.
La situazione nel Sud Sudan non è facile. L’instabilità politica, la crisi umanitaria e le difficoltà economiche estreme generano continuamente conflitti che coinvolgono le forze governative e gruppi armati spesso basati su divisioni etniche e politiche. Il Sud Sudan è tra i Paesi più poveri al mondo, con enormi disuguaglianze sociali ed economiche, bassa alfabetizzazione e basse aspettative di vita. L’insicurezza alimentare e la malnutrizione sono diffuse e hanno raggiunto livelli critici in alcune aree del Paese. La popolazione vive in condizioni disperate, milioni di persone non hanno accesso a cibo ed acqua pulita o assistenza sanitaria. La sanità è al collasso.
Desiderosa di portare alla vostra attenzione l’esperienza di Alberto Rigolli lo raggiungo nella sua abitazione di Cremona. Saliamo in quello che oggi è il suo studio e vengo immersa da un’atmosfera che rappresenta un mix tra Cremona e l’Africa: il Torrazzo sullo sfondo ed alcuni oggetti africani attorno, capirete meglio nel video dell’intervista.
Qualche scambio sulle nostre rispettive esperienze ed entriamo nel vivo del nostro incontro. Mi racconta che in più occasioni è stato in Africa dall’Angola alla Tanzania, alla Sierra Leone, dallo Zambia all’Uganda, attratto dal desiderio di poter fare la sua piccola parte nell’offrire aiuto. Le sue parole narrano di umiltà, di amore per la vita, di amore per il prossimo, fare il medico per passione e per missione di vita, attratto dalla semplicità, dignità e spirito di riconoscenza di chi non ha nulla, in cui, a volte, anche la vita stessa rappresenta un lusso. Mi confida che con tutta la famiglia ha vissuto, per alcuni periodi, in Africa all’interno delle missioni. Parla perfettamente l’inglese e la lingua Suali, anche conosciuta come Swahili o Kiswahili idioma di gran parte dell’Africa orientale, centrale e meridionale.
Il tempo di scegliere la luce migliore per l’inquadratura e diamo il via alla nostra conversazione.
Alberto Rigolli, ginecologo cremonese, una vita per la vita, una professione medica tra le mamme da Cremona all’Africa. Partiamo da qui.
Posso dire che la mia professione non è mai cambiata dall’Italia all’Africa. Avevo scelto proprio la specializzazione in ostetricia e ginecologia perché desideravo andare in Africa e già frequentavo il Cuamm, era il 1985. Le prime partenze poi lo studio medico a Cremona ed ora la pensione. Come volontario continuo a lavorare per il Cuamm, faccio un po' il tappa buchi, non mi vergogno a dirlo, vado dove serve. Aiutare mamme e bambini è ciò che mi caratterizza e mi fa sentire medico come quando avevo venticinque anni. Dedico la stessa attenzione di sempre: importanti le mamme ed i bambini di Cremona, importanti le mamme ed i bambini africani con tutte le grandi necessità che ci sono in quei territori.
Medici con l’Africa – Cuamm – è la più grande organizzazione italiana per la promozione e la tutela della salute delle popolazioni africane. Il tutto riassunto nel valore della preposizione semplice “CON”. Vogliamo spiegare cosa significa e perché ne fai parte?
Ero un ragazzo ai tempi dell’università e devo dire grazie a mia moglie per aver intrapreso questo percorso. Ormai sono più di quarant’anni che appartengo a questa organizzazione, una storia mai interrotta. Gli anni più belli della mia vita. Questo “CON” rappresenta una tipologia del fare, un metodo; altre organizzazioni hanno modalità differenti basate più sull’emergenza, resta il problema di quando si lascia un luogo, noi abbiamo scelto di lavorare con personale locale, ospedali locali, siamo ospiti per sottolineare il concetto di fare un qualcosa con altri. I nostri progetti sono molto lunghi, cerchiamo di adattarci ai tempi ed alla modalità locali e, secondo noi, questo è l’unico modo per vedere nel tempo qualche risultato concreto sulla salute delle persone.
In una tua intervista ad Avvenire mi ha colpito una dichiarazione: “Ho fatto questa scelta per restituire quello che ho ricevuto dalla vita.”
Questa frase si riferiva al periodo d’inizio della pensione ed alla mia decisione di partire ancora con il Cuamm. In realtà, lo pensavo già all’età di venticinque anni, mi sentivo una persona fortunata, forse come altre, ma ho fatto questa riflessione: ho una professione che amo, arricchente e gratificante, una bella famiglia, è un modo, il mio, per ringraziare e restituire ciò che la vita mi ha donato. Probabilmente dovrebbero pensarci un po' tutti. Avrei potuto anche continuare qui a Cremona con lo studio ma, a livello personale, ho sentito il desiderio di continuare a svolgere la mia professione dove ce n’è più bisogno e lo farò finché avrò le forze per farlo. Quando riesco a partire mi sento molto libero e contento. Riuscire ad aiutare, fare un cesareo in più, vedere una mamma che sorride è il massimo che io possa ricevere dalla vita.
“Il diritto alla salute è fondamentale, alla base di tanti altri diritti, se non hai la possibilità di essere sano farai fatica in tutti gli altri ambiti”
Faccio il medico e per me è un dato fondamentale, ma se non puoi accedere alla salute ed i tuoi bambini muoiono prima dei sei mesi, dell’anno di vita è tutto più difficile. Le mamme africane hanno dai quattro ai sette figli, quasi tutte hanno un bambino che è morto perché la mortalità è drammatica. In quei luoghi la vita e la morte sono appese ad un filo. Accadono fatti che ti fanno comprendere di essere un tramite di positività in un piccolo frammento di vita di chi, magari non conosci, ma che non ha alternative.
Chiudiamo il nostro incontro quasi con la voce rotta dalla commozione. Il Dott. Rigolli mi parla di un libro toccante, pagine che raccontano l’esperienza Cuamm, tra i protagonisti al Salone Internazionale del Libro di Torino 2025, e nel video ne troverete un piccolo passaggio, il titolo La casa dell’attesa, di Fabio Geda, Editori La Terza, un intenso reportage. Poi mi consegna un messaggio:
“Desidero lanciare un appello alla classe medica e non solo, ai giovani: proviamo tutti noi, a dedicare un po’ della nostra vita agli altri, come possibile; non è necessario che tutti partano per l’Africa, si può fare tanto anche da qui. Viviamo in un mondo fatto di muri, di contrasti, proviamo ad essere, noi stessi per primi, figure concilianti che pensano al prossimo, proviamo a sentirci cittadini di un mondo unico che è quello in cui siamo”.
Guarda il video con l'intervista a casa del dottor Alberto Rigolli
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