22 agosto 2021

"Pregate per il popolo Afgano", l'invito di padre Giuseppe Moretti. A Kabul la scuola di pace costruita grazie al circolo Zaccaria

Oggi in Italia vive con grande trepidazione ma anche aggrappato con tutta la sua forza alla speranza, quel che sta accadendo in Afghanistan Padre Giuseppe Moretti, 83 anni, sacerdote barnabita recanatese, che è stato per 18 anni, anche se non continuativi, a Kabul, unico rappresentante della Chiesa cattolica in quella terra martoriata dalla guerra civile. Fu perfino ferito da una scheggia di un missile che cadde proprio nella sua abitazione. “Teniamola viva questa speranza e per quello che possiamo interessiamoci di ciò che sta accadendo e poi chi ha fede dica una preghiera per un popolo che dal 1979 non conosce pace. Gli afgani sono essere umani che possono apparire simpatici o antipatici, ma sono essere umani che soffrono e noi abbiamo il dovere di star loro vicini ed aiutarli”.

A Tangi Kalay, sopra Kabul la scuola che ha fondato, la “Scuola di Pace” ospita 2.500 bambini, dalle elementari sino al liceo, maschi e femmine. Cosa ne sarà di loro?

Tutto era cominciato nel 2003, precisamente l'8 agosto, in occasione del 70° anniversario di costruzione della Cappella presso l'ambasciata d'Italia a Kabul, l'unica ufficialmente riconosciuta dal governo afgano, nonché della presenza dei Barnabiti, ai quali Pio XI aveva affidato la cura pastorale della comunità cattolica internazionale operante in Afghanistan.

In quella occasione, oltre a ricevere le insegne episcopali che gli erano state riconosciute come Ordinario della Missione, il cappellano dell'ambasciata padre Giuseppe Moretti volle fosse posta la prima pietra per la realizzazione della "Scuola di pace" nel villaggio di Tangi Kalay a circa 20 chilometri da Kabul.

Nel suo numero del 4 ottobre 2004, il vivace periodico del Circolo Zaccaria, il Ventino, lanciò un primo appello ai soci affinchè contribuissero con delle offerte alla realizzazione della scuola voluta da padre Moretti, conosciuto perché aveva sostituito, dopo 26 anni, padre Panicati inviato in quel momento a Cremona presso il convento di san Luca.

Quando poi una lettera di padre Moretti, datata 7 dicembre 2004 e indirizzata al presidente del Circolo, Piervincenzo Gabbani, col ringraziamento alle tante "formichine" che si erano date da fare per aiutarlo nella importante realizzazione, ci è stata inviata, il quotidiano “Cronaca” si è attivato  per dare risalto al fatto con una pagina il 22 dicembre ed una il 28, pagine nelle quali veniva riportata un'intervista telefonica a padre Moretti, raggiunto direttamente presso l'ambasciata di Kabul.

L'interesse di “Cronaca” mise in movimento anche giornali a livello nazionale come “Libero” con un'intera pagina, nella sezione esteri, subito il 29 dicembre, e successivamente Il “Messaggero” ed “Il Resto del Carlino”, nelle loro edizioni marchigiane: padre Moretti era originario di Recanati nelle Marche, dove viveva la sorella Annabella, riferimento anche degli Zaccarini per il trasferimento dei fondi raccolti.

E’ un po’ prerogativa dei Barnabiti, dovunque essi si trovino ad operare, di promuovere la crescita della persona umana. E che cosa di meglio e di più duraturo, se non la scuola, accanto all'evangelizzazione, ove possibile.

E' successo in Birmania nel '700. E' successo in Brasile agli inizi del secolo scorso, quando i Padri della provincia franco-belga, perseguitati in patria, lì si insediarono. E' successo in Africa (Kivu, regione orientaledell'attuale Congo) negli anni '50 e il collegio Saint Paul, oggi Kitumaini, testimonia tuttora, con le sue strutture edilizie che pare non abbiano sofferto delle vicende politiche tumultuose che interessarono e ancora interessano la zona, la solidità del servizio missionario (ora laggiù gli istituti scolastici sono tre). E' successo in Argentina.

Al taglio del nastro inaugurale era presente una grande folla composta soprattutto di giovani del luogo, oltre che rappresentanti dell'Ambasciata Italiana, il capo del villaggio e una delegazione dell'esercito americano. Padre Moretti ha sicuramente ringraziato in modo particolare gli uomini dell'esercito italiano presenti in zona, da lui definiti veri operatori di pace, che hanno preparato il progetto e aiutato a realizzarlo dandosi da fare "in maniera spasmodica” per spianare il terreno e costruire fondamenta e mura dello stabile, e i sostenitori di ogni parte d'Italia.

 

Giorgio Bonali


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