La storia di Giacomazzo da Salerno, il difensore di Cremona sepolto con tutti gli onori in San Domenico
Alcuni difensori della patria cremonesi non sono propriamente autoctoni. E’ questo il caso dimenticato di uno di essi, Giacomo da Salerno.
Giacomazzo Guarna da Salerno nasce sicuramente nel primo ventennio del 1400. Figlio del nobile Colle di Salerno, nasce in Campania e diviene sin da giovane alleato degli Sforza e ne difende le loro mire in Puglia.
Tra 1440 e 1441 si trova tra Puglia e Marche per interessi degli Sforza di Milano. Al soldo di Francesco Sforza, signore di Cremona dal 1441, si pone come difensore della città tra 1446 e 1448.
Stabilitosi a Cremona sin dal 1444, molto probabilmente abitante della Civitas Nova, viene assegnato a guardia della città in conflitti Veneto-Meneghini in un difficile momento di transizione.
Viene menzionato da Campi e Cavitelli ma soprattutto da Maladobato Sommi nel suo De Cremonensi obsidione, l’assedio di Cremona vissuto in diretta da Maladobato, contemporaneo di quegli anni.
La data dell’opera del Sommi è del dic. 1446 (a soli sette mesi dell’assedio di Cremona ).
Nel testo il Guarna viene citato come “Giacomaccio”.
L’ assedio di Cremona da parte dei Milanesi
I Visconti cercavano di riprendersi la città dopo il matrimonio Sforza-Visconti ed il voltafaccia degli Sforza in combutta con Veneziani, nemici dei Visconti.
Alle calende di Maggio del 1446 si parla di fanterie presso un colatore detto Agazina che molti identificano in zona Padus presso Stagno Lombardo.
A mio modesto parere, tale indicazione è errata, viene indicato come Agatius il vecchio colatore che poteva inizialmente raggruppare Marchionis e Cremonella, derivante a sua volta dal Fregalinum.
La stessa attuale Via Agazzina si trova in zona stazione ferroviaria, dietro Via delle Acque, e poiché nell’assedio si parla di Rocchetta di San Luca, ha senso che un assedio venga posto li, in primis perché non lontano da Castello Santa Croce e poi perché naturalmente accanto alla Porta Milano prima toponimata Porta di San Luca con apposita sua Rocchetta a guardia.
In quel periodo le rocche di Cremona erano tre, San Michele – San Luca – Castello S.Croce.
Durante questo assedio dei Visconti figurano come attaccanti i Piccinino da Perugia, il Riccio da Castello, Giovanni Pasalia e Moretto da S.Nazzaro, tutti condottieri pagati dai Visconti con le loro truppe personali.
Podestà della citta era Attendolo Foschino che, dopo avere giurato fedeltà agli Sforza, dispose rinforzo del Castello e delle mura per reggere l’assedio.
Diede potere agli uomini di guerra a difesa della città, Giacomazzo Guarna, Odoardo da Perugia, Troilo de Arcamone, Rizzardo d’Aversa e Scaramuccia da Forlì.
Una parte nemica si era accampata al Mosio ( Porta Mosa ) ma ben presto si spostò alla Agazzina ,come già detto.
Intanto, dalla Fortezza di S.Michele, il podestà invio due uomini a parlare con i comandanti degli assedianti Francesco Piccinino e Erasmo Trivulzio che rivendicarono la restituzione della città ai Visconti poiché non data in dote ma in pegno agli Sforza dopo il matrimonio tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti.
Ovviamente i Cremonesi esibirono a controprova i documenti del Duca che attestavano il contrario.
Insomma, chiariamo che la posizione di Bianca Maria non fu mai facile e felice e che il matrimonio del 25 ottobre 1441 fu di convenienza per gli Sforza.
I nemici riuscirono a penetrare nella zona perimetrale il Castello S. Croce (Piazza Castello).
Si dice fossero infatti accampati a S.Simone.
Poco o nulla si sa su questa località se non che la chiesa di S.Simone e Giuda viene descritta da Lorenzo Manini nella attuale Via Magenta ( zona cuscinetto tra città e Castello ) e si sa che venne abbattuta tra 1300 e 1400 in conseguenza dell’allargamento del Castello Santa Croce.
Ne conviene che la “zona S.Simone” potesse corrispondere facilmente al perimetro del Castello nel 1400 e a ricordo della chiesa omonima.
Giacomazzo da Salerno riuscì a respingerli al costo di molti morti e feriti cremonesi.
Nei giorni seguenti Giacomazzo uscì spesso dalle mura per sortite improvvise negli accampamenti nemici che avevano distrutto i mulini e cercato di bloccare i corsi di acqua per non fare arrivare approvvigionamenti idrici in città.
I Milanesi erano accampati fuori della Rocca di S.Luca con baliste e catapulte per lancio di “bombe”. Furono scagliate almeno 170 pietre da 300 libbre ( 140 kg ) dentro la città e contro torri, chiese, abitazioni.
Venne in ausilio ai Cremonesi il Simonetta, consigliere degli Sforza a rinfrancare gli spiriti.
Giacomazzo in una sua sortita aveva avuto uno scontro diretto con Bartolomeo Collioni (il Colleoni ) rubandogli la berretta che gli ornava la testa.
Si disse in seguito che il Collioni era stato collionato da Giacomazzo.
Vi erano poi dei ponti di barche fuori la porta del Morbasco e vennero sabotati sempre da Giacomazzo e suoi uomini.
I Milanesi, terminato assedio si ritirarono alla Cava e poi a Castelleone che presero. Gli Sforza crearono alleanze con i Veneziani per i territori del cremonese da difendere.
Ma i Veneziani si erano avvicinati alla città dalla Porta di Ognissanti (porta Venezia ) e minacciavano anche dal fiume Padus e da un isolotto fluviale occupato.
Giacomazzo andò con i suoi uomini sull’isolotto e scaccio i soldati sulle navi fluviali.
Intanto Francesco Sforza rompeva le alleanze sconvenienti con i veneti.
Giacomazzo partecipò anche alle guerre di Novara e Vigevano per gli Sforza, abitando sempre a Cremona.
Gli Sforza donarono a Giacomazzo i beni di Cabrino Fondulo, confiscati dopo la sua decapitazione del 1425.
La giunta del Consiglio Generale di Cremona del 27 febbraio 1447 chiama Giacomazzo “salvatore della patria “ e, riferendosi all’assedio di Cremona scrisse :
“ a cominciare dal primo maggio iniziò a difenderla dall’assedio postogli dal duca di Milano con uscite quotidiane, ritornando sempre vittorioso, e facendolo levare due volte e poco dopo difendendo Cremona dall’assedio postogli dai Veneziani tanto dalla parte terra, quanto dal fiume Po, ricuperando il ponte che i veneziani stavano per impadronirsi “
Nei secoli a venire il nome di Giacomo Guarna da Salerno cadde nell’oblio.
Ma nel 1650 Giuditta Guarna chiedeva in una supplica alla comunità di Cremona ove rivendicava le agevolazioni scritte a perpetuo dal 1450 e ribadite in documenti del 1514 e 1582 e giunte sino al 1626.
Gli eredi di Giacomazzo avrebbero avuto in perpetuo delle agevolazioni.
Il popolo e la comunità rigettarono le aspettative di Giuditta da Salerno e dopo 200 anni i Guarna persero i privilegi di due secoli.
Trovo abbastanza strano che non una via o un vicolo abbiano il toponimo di questo difensore che, seppur prezzolato dagli Sforza come capitano di ventura, tanto fece per Cremona.
Giacomazzo pare sia morto a Cremona nel novembre del 1452.
Il figlio Bartolomeo, nel 1474 fece erigere una Cappella laterale detta S.Pietro Martire nella grande chiesa di S.Domenico (Piazza Roma ) e fece qui tumulare i resti del genitore.
La Cappella dedicata a S.Pietro Martire si riferisce a S.Pietro da Verona ed era la seconda a destra, appena prima di quella detta del Rosario che ospitava le spoglie di Antonio Stradivari.
Il tumulo di Giacomo da Salerno sarebbe certamente ancora in tale chiesa, accanto a quello di Antonio Stradivari se la chiesa non fosse stata demolita nel 1870.
Nella foto il castello di Santa Croce nella ricostruzione dello studio d'architettura Garioni
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