"Siamo arrivati al limite, sulla medicina di base giusto fare pressione sulla Regione": testimonianze di medici e sindaci in prima linea sul territorio
La spinta per riformare la sanità lombarda e rimpolpare le fila dei medici di base, tema riemerso con forza a seguito della pandemia, non accenna a frenare. Dopo l’intervento di questa mattina (qui l'articolo) con cui il consigliere regionale Matteo Piloni (Pd), ha evidenziato la carenza di ben 59 medici di medicina generale nel cremonese (32 dei quali nel solo cremasco), ecco altre importanti prese di posizione. La prima è quella del dottor Gianfranco Lima, presidente dell’Ordine dei Medici di Cremona e provincia, peraltro già intervenuto più volte in passato sull’argomento. “La carenza di medici di base - commenta - è un problema ormai cronico in tutta la Lombardia a anche a Cremona. Il problema si avverte da tempo e non è certo nuovo. Io stesso l’ho segnalato più volte”.
Giusto allora fare pressione, come si sta facendo in questi giorni, sulla Regione affinché si metta mano al sistema sanitario. In questo, ad avviso del dottor Lima, possono giocare un ruolo importante “le risorse del Recovery Fund (il piano per la ripresa europea al centro del dibattito governativo; ndr)”. Con nuove risorse, osserva il presidente dell’Ordine dei Medici, “è possibile pensare a nuovi concorsi e cominciare a colmare le gravi carenze che tutti conosciamo”. “Tutti - conclude il dottor Lima - sperano che la situazione venga affrontata anche grazie a questi fondi, in cui riponiamo grandi speranze”.
IL CREMASCO – Sull’argomento si registra il parare del cremasco Maurizio Borghetti. Medico radiologo presso l’Ospedale di Crema, già capogruppo in Consiglio Provinciale per Alleanza Nazionale e assessore al Commercio e allo Sport a Crema, sin dall’inizio della pandemia Borghetti è stato in prima linea nella battaglia contro il Covid. “Credo siano numerosi e complessi i target di intervento per migliorare il livello sanitario e altrettanto stretti i legami l'uno con l'altro – premette –. È quindi comunque incompleto e poco efficace inquadrarne uno o due per provare a individuare soluzioni adeguate. Certamente gli interventi strutturali e di rinnovo/miglioramento di attrezzature ospedaliere sono sempre positivi. Così come il miglioramento della Sanità territoriale”.
“Questi interventi – aggiunge –, a mio avviso dovrebbero seguire una approfondita valutazione dei livelli di sanità perseguibili e della appropriatezza delle diverse indagini, prestazioni e soluzioni terapeutiche, invasive e non invasive, a tal fine. Esiste a mio avviso su questo tema una abbondante confusione legata a diversi motivazioni, non ultime quelle medico legali e quelle di opportunità economica più che sanitaria. Riuscendo a mettere un certo ordine nelle cose si potrebbero indirizzare molto meglio e più efficacemente per la salute del singolo cittadino le possibili risorse economiche, oggi più abbondanti per i finanziamenti ottenuti dalla Comunità ma non sempre tali pur restando il bisogno uguale”.
Borghetti porta quindi un esempio pratico: “È poco efficace inseguire la riduzione dei tempi di diagnosi e cura se si continua a perseguire la strada di abbondanti 'prestazioni' che hanno motivazioni diverse da quella fondamentale della Salute del cittadino. Non è mai sbagliato inoltre considerare i modelli di altri Paesi che in modo similare alla nostra tradizione contengono maggiormente attenzioni di garanzia sanitaria pubblica e il livello sanitario che riescono a offrire. Ad esempio la Francia, dove esiste la libertà di scelta del medico territoriale al momento della necessità e un buon rapporto tra Sistema pubblico e assicurativo volto a ridurre a livelli accessibili il costo delle prestazioni con un occhio sempre necessario ai bilanci pubblici”.
Conclude il medico radiologo: “Varrebbe la necessità di uno studio scientifico ad alto livello e nazionale, secondo me eseguibile in tempi relativamente brevi, che possa costituire una base di accordo per le diverse forze politiche (questo capisco sia più difficoltoso ma non impossibile) e poi riportato nella valutazione delle singole Regioni al fine delle appropriate normative e nella scelta degli investimenti e della organizzazione. Continuare a spizzichi e bocconi, con interventi troppo legati alle opportunità o mode o prevalenze di parte del momento e/o del luogo, a mio modesto parere risolve poco”.
PANDINO AL LIMITE – Che il quadro della medicina sul territorio sia molto delicato è infine testimoniato anche dal sindaco di Pandino, Piergiacomo Bonaventi. “La situazione medici di base a Pandino – osserva – è tutto sommato ancora sostenibile, ma potrebbe non essere più tale entro la fine dell'anno, in quanto a breve andrà in pensione un altro dei nostri medici storici del paese, il dottor Tubertini”. Aggiunge il sindaco: “Attualmente abbiamo sul nostro territorio cinque medici di base, ai quali dobbiamo aggiungere anche tre pediatri. Anche se sembrano numeri alti, stiamo parlando di un Comune di 9.000 abitanti”.
Già un paio di mesi fa, evidenzia Bonaventi, “è squillato il primo campanello d'allarme a Pandino, quando la dottoressa Giorgia Ogliari ha cessato l'incarico da medico di medicina generale per passare alla chirurgia e in tale circostanza solo grazie all'impegno del Dirigente cure primarie Ats e del Comune si è riusciti a mettere una pezza, distribuendo i vari assistiti agli altri medici disponibili sul territorio, alcuni fuori Comune, come a Spino e Rivolta”. “Il tutto ha creato un certo malumore – conclude –, soprattutto tra le persone più anziane, e se non ci sarà un cambio di rotta per quanto riguarda il reperimento di nuovi medici di base credo che la situazione anche nel mio Comune possa non essere più sostenibile”.
Nella foto in alto, l'Ospedale maggiore di Cremona
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