18 luglio 2021

A 75 anni si è spento Maurizio Zurla, uno dei migliori artisti cremaschi degli ultimi decenni

Aveva 75 anni Maurizio Zurla, e lascia l’amatissima moglie Betty e i tre figli Riccardo, Gregorio e Gherardo. Nato per circostanza a Lodi ma cresciuto a Crema da famiglia cremasca, era rampollo della nobilissima casata dei Marchesi Zurla: gli “Sturli” o “Zurli”, come dallo stemma di famiglia, tre merli neri in campo oro, presenti nelle cronache del Regno di Napoli fino dal XII° secolo, ed aveva tra i suoi avi il Cardinale Placido, astronomo talmente eccelso da meritarsi una sala dedicata alla sede della NASA di Pasadeena in California.

Chi scrive ha avuto modo di conoscerlo bene, dato che di Micio (così lo chiamavano amici e parenti), la mia famiglia è stata in intima amicizia oltre che collezionista fedelissima.

Dell’aristocratico, nel senso migliore del termine, Zurla aveva il portamento compassato e delicatissimo, una “souplesse” mista di non curanza ed estrema gentilezza che lo rendeva quasi impercettibile, non fosse per l’abbigliamento originale che ricordava un nobile pronto per la caccia, sempre in casacche di velluti verdi blu o marroni. Del nobile aveva le tante passioni, prima fra tutte la botanica, i cani e la campagna, e un talento formidabile per il restauro di ogni manufatto, dal coro ligneo alla porcellana d’osso cinese fino alla carta antica: non c’era incidente cui Micio non spesse porre rimedio. Uomo di pazienza e pacatezza invidiabili, espresse però se stesso nell’arte: pittore dal tratto energico, scultore elegantissimo, acquarellista dei più raffinati.

Si formò all’Accademia di Brera, sotto Domenico Cantatore, uno dei grandi meridionali come Guttuso e Sassu. E Cantatore aleggia in tutta la prima parte della sua produzione: una pittura quasi espressionista, piena di quelle ruvidezze assolate e pigre dei grandi meridionali suoi maestri. Ma è poi nell’età adulta che, come ogni vero artista, si libera dei maestri per trovare una propria strada: una reinvenzione del grandioso Duecento italiano, con richiami che potevano andare dal Lucio Fontana sacro fino a Francis Bacon, ma sempre dentro una traccia di tradizione che per certo gli veniva dagli avi e da decine di generazioni che avevano dimorato la bellezza con la confidenza naturale che è solo di chi la commissiona e la eredita. Madonne e giullari, cardinali e francescani, frutti e animali da caccia erano i suoi soggetti ricorrenti, sempre caratterizzati da quelle inconfondibili mani lunghe e affusolate, che tanto fanno pensare a quelle di Rodin nei racconti del suo segretario d’eccezione Rielke, e che sono appannaggio da sempre dell’artista di razza.

Oltre che insegnante per molti anni al liceo artistico, prima a Lodi poi a Crema, fu spesso scelto per commissioni di arte sacra da vescovi e prelati: suo indiscutibile capolavoro sono le insegne pastorali in argento per il tesoro della Cattedrale di Cremona, volute dall’allora Vescovo Enrico Assi, tra le quali spicca il bellissimo bastone pastorale, un gioco di rami d’ulivo che racchiude una Annunciazione da miniatura trecentesca. Suo un elegantissimo Cantico dei Cantici in Vita di San Francesco di Assisi, di dodici bassorilievi in bronzo, che ancora appartiene alla mia famiglia. Sua anche la Cappella della Fondazione Benefattori Cremaschi, decorata con una trama in bronzo dorato di raffinatissimi melograni rampicanti, uno dei suoi soggetti preferiti. Nell’ossessione al melograno aveva un che di Cezanne con le sue mele, e come Cezanne decise di non lasciare mai le sue terre e l’amatissima (e bellissima) villa cinquecentesca di campagna in Vergonzana, alle porte di Crema, alla cui cura e restauro ha dedicato anni. 

Crema perde uno dei suoi migliori artisti degli ultimi decenni, un indiscutibile rappresentante della migliore tradizione artistica locale italiana, figlia di una scuola millenaria che sa reinventare sé stessa con gusto raffinato e al contempo modernissimo.

Nelle foto a scorrimento, Il Cardinale, olio su tela (anni 70) e Maurizio Zurla

 

Francesco Martelli


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commenti


Giuseppe

19 luglio 2021 06:59

Grazie per averlo ricordato senza enfasi ma raccontando semplicemente Micio.

Grazie