8 gennaio 2025

Alberto Rigolli, il ginecologo che ha speso la vita per aiutare l'Africa. Da poco è rientrato a Cremona, la valigia è già pronta per la Sierra Leone. "Cerco di restituire quello che ho ricevuto"

Nell'intervista fatta da Chiara Vitali, pubblicata sul sito di Avvenire martedì 7 gennaio, si parla di una personalità del cremonese davvero unica nel suo genere. Lui è Alberto Rigolli, ginecologo che con il "Cuamm-Medici con l'Africa" si occupa della cura di pazienti dall'Angola fino alla Tanzania. Nelle parole del medico c'è il desiderio di potere restituire con gli interessi tutte le belle cose che lui stesso ha ricevuto nella vita.

Da pochi giorni il medico è rientrato in Italia, dopo gli ultimi due mesi trascorsi in Angola e in Tanzanzia. Il suo è un impegno che si protrae da oltre trent'anni, nella sua carriera sono state innumerevoli le vite che ha salvato e quelle che ha migliorato. Nelle sue parole si parla di volti che mai si dimenticano, come quello della paziente ventenne guarita dopo un grave coma dovuto alla malaria celebrale. Erano gli anni ottanta, e proprio negli ultimi giorni è stato inviato a Rigolli un articolo di un quotidiano dell'epoca che ne parlava, e nel quale era fotografato da giovane.

Il Cuamm è impegnato in otto paesi dell'Africa sub-sahariana. In quei luoghi la mortalità materna è alta, al punto da arrivare a sfiorare le migliaia di vittime ogni 100mila nati, un dato spaventoso se paragonato ai cinque casi su 100mila del nostro Paese. Il problema è la mancanza di dottori, ma nelle parole di Rigolli si può leggere una nota positiva, poiché negli ultimi anni sembrerebbero esserci stati dei cambiamenti, dei passi avanti, che seppur piccoli, possono fare molto.

Secondo il medico cremonese ogni dottore dovrebbe sperimentare cosa significa curare chi davvero non ha nulla. Questa idea di Rigolli nasce da due dogmi che caratterizzano il suo operato: il mondo è uno e il diritto alla salute è fondamentale. Con questa idea in testa il modo di vedere la vita cambia. Chi è lontano non è più uno sconosciuto, ma diventa una persona in carne e ossa, con le proprie fragilità e i propri problemi. 

L'esperienza di Alberto Rigolli inizia quando è ancora in università, e lì scopre dell'importanza del servizio medico nei paesi più poveri. Nel 1987 arriva il primo incarico, ed ecco che con tutta la famiglia parte per trascorrere due anni in Tanzania, seguiti da altri due anni in Uganda, e poi, ancora in Tanzania. In questi paesi i suoi figli crescono, addirittura sua figlia ci nasce. Dopo questa esperienza il medico torna a Cremona, ma non ha mai smesso di tornare in Africa per periodi più brevi, soprattutto ora che è in pensione.

Alberto Rigolli ha raccontato su Avvenire che cosa ha imparato in questi trent'anni: “Lavorare con il Cuamm è stato un modo per restituire tutto quello che ho ricevuto nella vita. Penso di essere stato molto fortunato, ho potuto fare il medico per tanti anni in una città con tante risorse, ho potuto compiere la mia carriera anche come primario all’ospedale di Cremona, ho vissuto la gratificazione di poter insegnare ad altri medici. Mi sembra una cosa molto bella poter restituire parte di queste esperienze. Penso che da qualsiasi parte lo si voglia guardare, il nostro mestiere implichi sempre il dedicarsi a qualcuno che è in difficoltà, che fa fatica. Questo non cambia mai, che sia in Italia, in Africa o altrove”.

Luca Marca


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