2 febbraio 2025

Allarme denatalità: Cremona ha perso oltre 1600 giovani in dieci anni. Cgia: in Italia calo di 750mila unità nella fascia 15-34. Situazione drammatica al sud, Lombardia in positivo

Il numero dei giovani presenti in Italia è crollato. La provincia di Cremona ne ha persi 1.607. Negli ultimi dieci anni, la popolazione italiana nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni è diminuita di quasi 750mila unità, pari al -5,8 per cento. Nel 2014 avevamo poco più di 12,8 milioni di giovani; nel 2024 ci troviamo con meno di 12,1 milioni. Questa contrazione ha colpito il Centro (-4,9 per cento) e, in particolare, il Mezzogiorno, con una riduzione allarmante del -14,7 per cento, toccando punte negative del 25,4 nella provincia del Sud Sardegna, del 23,4 a Oristano e del 21,5 a Isernia. Al Nord, invece, il saldo di quasi tutte le regioni è preceduto dal segno più. Le previsioni, tuttavia, non sono affatto rassicuranti: la denatalità continuerà a fare sentire i suoi effetti negativi in tutto il Paese. È altresì utile sottolineare che la crisi demografica interessa una buona parte dei paesi dell’Unione Europea; eppure, in Italia assume proporzioni molto più preoccupanti rispetto ai nostri principali concorrenti commerciali. Tra il 2014 e il 2023, infatti, mentre la Spagna ha visto un calo del 2,8 per cento, altri hanno registrato tendenze opposte: la Francia +0,1, la Germania +1,7 e i Paesi Bassi addirittura +10,4 (vedi Graf. 1). La media nell’Area Euro si attesta sul -1,9 per cento. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.

A CREMONA -2,2% DI GIOVANI NEGLI ULTIMI 10 ANNI

E Cremona? Nella popolazione 15-34 anni negli ultimi 10 anni  registra un calo, a differenza della tendenza lombarda (+3,1), poiché nella nostra provincia si è registrato un -2,2%. Si è passati dai 72.027 di 10 anni fa ai 70.420 attuali, la contrazione in termini numerici è dunque di 1.607 unità. Dando uno sguardo alle altre province, saldo in sostanziale pareggio per Brescia, Bergamo e Verona, cresce Pavia (+0,8%) calo vertiginoso per Rovigo (-12,8%), scendono anche Mantova (-1,5%), Varese (-1,3%) mentre in terreno positivo troviamo Ferrara (+1,3%), Reggio Emilia (+3%) Modena (+5,7%), Parma (+6,8%).

NEL 1943 LE NASCITE ERANO PIU' CHE DOPPIE RISPETTO A OGGI NONOSTANTE LE GUERRA 

Una curiosità: in 80 anni le nascite in Italia si sono più che dimezzate: nel 1943, nel pieno della seconda guerra mondiale, furono pari a 882.105, più del doppio rispetto alle circa 380mila registrate nel 2023. Nonostante tra l'altro all'epoca il Paese contasse quasi 14,5 milioni di abitanti in meno rispetto ad oggi, registrava al contempo 500mila nascite in più, "Non possiamo continuare a sostenere che la denatalità degli ultimi anni sia esclusivamente attribuibile alla mancanza di servizi per l'infanzia e all'insufficienza degli aiuti pubblici alle giovani famiglie. Certo, questi aspetti sono rilevanti, ma è altrettanto vero che 80 anni fa, con il Paese in guerra, le condizioni di vita e le prospettive future erano decisamente peggiori rispetto a quelle attuali" sottolineano dalla Cgia.

In provincia di Cremona i nati nel 1943 sono stati 6.396 lo scorso anno 2.232

CGIA: PER INVERTIRE LA TENDENZA INVESTIRE MAGGIORMENTE IN SCUOLA, UNIVERSITA' E FORMAZIONE PROFESSIONALE

In aggiunta alla diminuzione, quando analizziamo la platea giovanile l’Italia presenta altri indicatori negativi: il tasso di occupazione, il livello di istruzione sono tra i più bassi d’Europa e l’abbandono scolastico rimane una problematica significativa soprattutto nelle regioni meridionali. Nei prossimi decenni queste criticità potrebbero avere ripercussioni gravissime sul mondo imprenditoriale. Già da qualche anno avvertiamo le prime avvisaglie soprattutto nel Centro-Nord: le aziende incontrano sempre maggiori difficoltà nel reperire personale qualificato; questo sia per la mancanza di candidati che per l’insufficienza delle competenze delle persone che si presentano ai colloqui. Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro è sempre più evidente e richiede scelte politiche urgenti; investendo, in particolare, molte più risorse nella scuola, nell’università e, soprattutto, nella formazione professionale.


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