Combattere la violenza contro le donne con uno spettacolo. “Donne tra musiche e parole” di “La Casta D.” in scena il 7 maggio al Filo tratto dal libro di Rosa Ventrella "Benedetto sia il padre"
Il cinema teatro Filo, martedì 7 maggio, alle ore 21.00, accenderà nuovamente i riflettori per un appuntamento che promette di stimolare numerosi spunti di riflessione. “Donne tra musiche e parole” sarà uno spettacolo di arte varia tratto dal libro “Benedetto sia il padre” di Rosa Ventrella con la partecipazione della Compagnia teatrale La Casta D., della scuola di danza CremonaDance&Co. e della stessa scrittrice Rosa Ventrella.
L’intero ricavato della serata sarà devoluto ad A.I.D.A. Odv – Associazione Incontro Donne Antiviolenza, la cui missione è mettere in campo attività volte a contrastare il fenomeno della violenza maschile contro le donne, di sostenere ed accompagnare le donne vittime di violenza.
Benedetto sia il padre, edito da Mondadori, è stato definito dall’autrice un romanzo inquieto che scava nell’intimo, una sorta di viaggio catartico attraverso il dolore che porta un messaggio di riconciliazione e di rinascita perché è attraverso l’amore, verso gli altri e soprattutto verso sé stessi, che la salvezza diventa reale.
Denise Valentino regista ed autrice teatrale con la sua compagnia, La Casta D., firma una collaborazione che lascerà il segno. La Valentino, nonostante la giovane età, vanta importanti collaborazioni ed il coraggio del self-made che l’ha portata in pochi anni alla ribalta dei palcoscenici cremonesi e non solo, sempre in modo originale, mai scontato.
Noi di CremonaSera l’abbiamo intervistata.
La Casta D., una compagnia teatrale creata dal tuo intuito circa quattro anni fa, una scelta al femminile o casualità?
La Casta D. nasce prendendo spunto dal mio nome, Denise, ma non è l’unica motivazione. È stato di grande ispirazione il riferimento a “Casta diva” dall’opera “Norma” di Vincenzo Bellini in cui spicca l’interpretazione della straordinaria Maria Callas. La parola “casta” ha molti significati ma punto cardine su cui ho fondato la compagnia è il concetto di purezza. Desidero che il mio, il nostro modo di fare teatro sia genuino, desidero far vivere un teatro in cui la trasparenza sul palco venga messa in evidenza. Utilizzo la parola casta intesa come valore aggiunto, in cui le idee rappresentano l’espressione dell’autenticità, come un grande Amore che nasce dritto dal cuore. Ognuno di noi, quando è sul palco, rappresenta un’essenza dell’essere, il proprio modo di sentire. La realtà della Casta D. nasce da un piccolo paese, oggi siamo cresciuti, siamo un gruppo selezionato di persone di una decina di componenti, anche se la nostra matrice è al femminile, l’arte non deve escludere nel modo più assoluto l’uomo.
Numerosi sono anche i laboratori teatrali di cui mi occupo tra privati e scuole. Tutto il gruppo è composto da circa una ventina di persone ma il percorso per entrare a far parte della Casta D. è lungo ed impegnativo.
I tuoi spettacoli trattano tematiche importanti che fanno riflettere, qual è il fil rouge che li contraddistingue?
Le tematiche sociali rappresentano il fil rouge del nostro modo di fare teatro, sento la necessità di mettere in evidenza i miei valori, le mie battaglie, attraverso i testi, attraverso la regia, il mettermi in gioco in prima persona è il mio modo per compiere la mia rivoluzione, in teatro. Lo faccio anche attraverso la scelta dei componenti del gruppo. Come abbiamo accennato, siamo quasi tutte donne, ma siamo donne con una femminilità che desidera essere priva di stereotipi. Tutte hanno una propria femminilità ed il teatro rappresenta anche un mezzo per imparare a saper usare il proprio corpo pur discostandoci da canoni di “perfezione” che sono stati imposti in passato. Trovo, per esempio, che una ruga possa racchiudere il valore importante di una vita vissuta, di una storia da raccontare, è la sensualità data dal sapere, non dall’imperfezione del tempo che banalmente è passato. Così come la disabilità, non deve essere un limite ma una differente, se vogliamo non comune, espressione dell’essere.
Viviamo un tempo in cui è difficile sradicare la ricerca del bello, così come per secoli ci è stata imposta, peraltro dal mondo maschile; una delle mie battaglia è togliere gli stereotipi in cui ci hanno messo gli uomini e per come ci dicono che dobbiamo essere.
“Donne tra musiche e parole” che spettacolo sarà?
Sarà una rappresentazione ispirata al libro di Rosa Ventrella; sul palco si alterneranno momenti recitati di dialoghi a balletti ed una lettura realizzate dalla stessa autrice che darà voce ad un piccolo estratto del suo libro. Questa serata è stata realizzata in collaborazione con il Comune di Cremona, Il Teatro Cinema Filo, Cremona Dance&Co, La Casta D. ed A.I.D.A proprio per non distogliere l’attenzione su quanto, purtroppo, continua ad accadere alle donne, una violenza che non ha spiegazioni.
Combattiamo la violenza di genere con il teatro nella speranza che con la giusta luce positiva si possa uscire da questo buio.
Questa volta parliamo di violenza femminile pur non trattandosi del 25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Fiumi di parole sono state spesi, senza dimenticare studi mirati sulla causa che provoca questa necessità di picchiare, umiliare, affossare figure che, forse, per natura sono fisicamente più deboli. Un tempo la definivano mancanza di cultura, oggi ritengo sia pure difficile trovare una definizione. La realtà è che la violenza ha molte forme che si riassumono con la privazione della libertà e nei casi più estremi finiscono con la fine della vita di una persona, una Donna. La violenza di genere ha una matrice culturale, quella patriarcale, e si fonda sulla disparità. Dalla notte dei tempi attribuisce alla donna un ruolo minoritario che, a sua volta, anche inconsapevolmente, fagocita una serie di comportamenti che la fanno avvicinare a un ruolo che non desidera. Per una serie di ragioni, chi subisce violenza, che sia psicologica, economica, fisica, digitale, non sempre la riconosce subito come tale. Molta strada ancora è da fare, forse, siamo un Paese immaturo? Non amo sentenziare ma, sicuramente, fatti alla mano, siamo ancora un Paese che fino in fondo non accetta la cultura del rispetto, della parità, dei diritti delle donne, delle persone.
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