26 febbraio 2022

Dopo "Il compagno don Camillo" in Russia, Guareschi voleva scrivere del sindaco e del parroco negli Usa. Trovati gli appunti in un quaderno

Stati Uniti, Russia, blocchi contrapposti, cortina di ferro. Tutti termini riproposti drammaticamente in queste ore dall'invasione dell'Ucraina che ci riporta indietro nel tempo. Guardate cosa ha trovato il nostro Egidio Bandini, custode delle memorie di Giovannino Guareschi, in un vecchio quaderno dello scrittore a Roncole di Busseto.

Ricordate l’ultima scena del film “Il compagno don Camillo”, quella in cui Peppone, travestito da prete, si accingeva a partire per l’America assieme al suo eterno rivale, appena tornato dalla scampagnata clandestina in Unione Sovietica? Il quadro è sempre stato considerato una sorta di tradimento della vicenda narrata da Guareschi, che non prevedeva affatto, alla fine dell’avventura russa, una nemesi statunitense del compagno Giuseppe Bottazzi nei confronti del parroco. Perciò molti ritennero si potesse trattare di null’altro che una forzatura degli sceneggiatori, per applicare l’antichissima norma del “colpo al cerchio ed alla botte” al fine di non urtare la suscettibilità di una parte politica che, negli anni ’60, certamente non gradiva la satira pungente sul mondo sovietico, soprattutto dal lato culturale e delle libertà individuali, che permeava il racconto guareschiano.

Ebbene, niente di più fuorviante: Giovannino Guareschi aveva pensato proprio all’Avventura in USA! La nuova serie di racconti sul Mondo piccolo che si affaccia sul Mondo grande è, sfortunatamente, solo abbozzata in uno dei tantissimi quaderni della serie “spunti e idee” conservati nell’archivio di Guareschi a Roncole Verdi. Il titolo della serie di note è, appunto Avventura in USA e prende le mosse da un invito, rivolto ad un gruppo di agricoltori cattolici italiani di varie province, da colleghi statunitensi. Scrive Giovannino: «I viaggiatori saranno guidati da Monsignor don Camillo». La premessa sembra molto simile a quella del “Compagno don Camillo”, con l’inevitabile ricatto, stavolta ad opera di Peppone, per poter partire in abito simulato. Invece, Guareschi spariglia le carte: infatti, scrive negli appunti: «uno degli agricoltori italiani, all’ultimo, emigra in Australia. Don Camillo ha pronti tutti i documenti collettivi. L’uomo emigrato assomiglia a Peppone. Don Camillo invita Peppone in USA». Proprio così, l’inizio di questa nuova vicenda appare come una riconciliazione fra i due rivali, con il battagliero parroco che, deposte apparentemente le armi, addirittura arriva ad invitare il sindaco a seguirlo nel viaggio oltreoceano. L’illusione dura poco. Già la prima battuta che Giovannino mette in bocca a don Camillo è al pepe: «Ah, ecco il compagno Struzzo che, per non vedere la realtà, nasconde la testa nella sabbia». Si presume, dunque, che i due siano già arrivati a destinazione, dal momento che Guareschi annota: tomba di Kennedy c’è ancora in USA. Tomba di Stalin non c’è più in URSS. Poi annota: “Disoccupati che prendono più di chi lavora.” Poi inizia il vero fulcro della storia: come nel “Compagno don Camillo” emerge il contatto con gli emigrati. In Russia era il militare italiano disperso, in USA è un vecchio ottantacinquenne, arrivato in america nel 1919, dopo la grande guerra. A questo punto sappiamo anche dove sono giunti i viaggiatori, visto che il vecchio, con la sua grande famiglia, vive a Little Italy, ma pensa continuamente all’Italia lontana. Chiede il vecchio ai compatrioti: «Come sta il Re?» Davanti alla perplessità di Peppone e don Camillo i figli dell’emigrato intervengono: «Non bisogna dirgli come l’hanno sistemato, se no muore.» Implicita, quindi, la risposta dei due: «Il Re sta benissimo!» Qui si comincia a raccontare la storia di questa sterminata famiglia arrivata dall’Italia 45 anni prima e Giovannino procede come per tutte le sue storie: puntigliosamente traccia tabelle con date e progredire dell’età dei protagonisti. Il vecchio aveva 40 anni, quando è sbarcato a New York, con cinque figli, rispettivamente di 5, 4, 3, 2 e 1 anno di età, tutti nati in Italia. Altri cinque nasceranno negli anni dal 1920 al 1924 e questi, fa dire Guareschi al vecchio, sono americani. Tutti e dieci hanno fatto la guerra, ma, mentre i cinque italiani sono tornati tutti, dei cinque americani ne sono tornati solo quattro. «Uno è rimasto laggiù e ci farà compagnia – dice il vecchio – abbiamo già la tomba di famiglia al paese.» Mostra la foto della cappella e dice: «È bellissima, comoda, c’è posto per tutti e poi ne avanza per i nipoti. Paghiamo le rate all’agenzia, così, in qualunque momento uno di noi muore, viene trasportato al paese.» Poi l’emigrante si entusiasma: «Ho visto Umberto in USA!» E mostra la cartolina con la Regina Elena e Umberto vestiti da boy scout.

Giovannino salta qualche passaggio, aggiustando un dialogo fondamentale nell’economia del racconto. Dopo qualche pagina con cancellature e stesure diverse, disegna Peppone e don Camillo davanti ad un Crocifisso, in canonica, scrive. Evidentemente ospiti di un sacerdote cattolico. Una volta soli, don Camillo apostrofa Peppone: «Compagno, perché non stracci la tua tessera ora che hai visto come vivono gli americani e come vivono i tuoi compagni russi?» Peppone risponde: «E poi quale tessera dovrei prendere? Siate sincero se ci riuscite!» «Ci riesco – replica don Camillo – nessuna.» Peppone ribatte:«E com’è possibile? Bisogna pur credere in qualcosa.» «Basta credere in Dio.» risponde don Camillo. «No – dice Peppone – bisogna anche credere negli uomini. Altrimenti perché sarebbero morti tutti i milioni di uomini che si sono sacrificati per migliorare le condizioni umane?» Peppone, evidentemente esce di scena, perché, a questo punto, Giovannino fa parlare don Camillo con il Cristo: «Signore, cosa devo rispondere a quest’uomo?» «Anch’io – dice Gesù – ho creduto negli uomini e, per migliorare la loro condizione, ho voluto soffrire e morire come uomo.» E qui Guareschi cancella la frase di don Camillo: «Signore, anche Voi avete aperto a sinistra!» Purtroppo, si arriva difilato al termine della storia. Don Camillo saluta: «Addio, compagno sindaco!» e Peppone risponde: «Ognuno faccia la sua strada, compagno prete!» Giovannino scrive: «Si avviano in direzioni opposte. Poi la strada si unisce - in un ampio cerchio che Giovannino disegna sul foglio – e, come sempre, si riuniscono anche loro.»

Possiamo solo immaginare come Guareschi avrebbe raccontato tutto il resto della storia, ma anche questi pochi appunti sparsi, i piccoli disegni, i dialoghi e le situazioni, la descrizione dei personaggi, bastano a farci capire come si sarebbe svolta la vicenda: nella solita atmosfera da Mondo piccolo, che funziona sempre benissimo, in tutti e cinque i continenti. America, Russia, Australia o Scandinavia che sia, Peppone e don Camillo sono decisamente due personaggi da era globale, adattabili a qualsiasi latitudine, eterni amici-nemici, destinati, comunque, a ritrovarsi insieme, come diceva Guareschi, verso il traguardo della vita.

 

Egidio Bandini


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