In occasione della Giornata del Ricordo, prevista all'interno del progetto "Essere cittadini europei-Percorsi per una memoria europea attiva", le scuole afferenti alla Rete per la Memoria hanno potuto seguire in streaming l'incontro con Roberta Mira storica, ricercatrice Università di Bologna e con Lucia Castelli, testimone del villaggio S. Marco che fu creato nell'ex campo di concentramento di Fossoli per i profughi giuliano-dalmati.
Tema della conferenza, organizzata dalla scuola capofila della Rete Torriani, il dramma delle foibe e dell'esodo. "Un tema importantissimo - ha sottolineato la referente scientifica del progetto Ilde Bottoli - perché l'esodo, dopo la seconda guerra mondiale, non ha riguardato solo la popolazione italiana, ma molti popoli di confine". Ecco perché è importante dare valore al "ricordo", un termine pregnante che etimologicamente significa "riportare al cuore che è sede della memoria", come ha spiegato la dirigente della scuola capofila Roberta Mozzi. "Il testimone, lo storico e il docente sono gli attori di questi incontri della memoria-ha sottolineato Tiziano Zanisi, presidente dell'associazione nazionale Acqui-e l'incontro di queste competenze rende preziose queste conferenze".
Una lezione importante quella di Roberta Mira, che ha spiegato agli studenti da dove origina il dramma dei popoli di confine, sempre contesi tra diversi nazionalismi. Di qui la storia dei territori del Friuli Venezia Giulia e quindi dell'Istria e della Dalmazia partendo dall'Unità d'Italia, passando per l'irredentismo di fine Ottocento, per l'esito della Prima Guerra Mondiale e poi le violenze del Fascismo che ne rivendica l'italianità. L'occupazione nazifascista della Jugoslavia tra il 41 e il 43 è segnata da rappresaglie e stragi; dopo l'8 settembre si forma la zona di occupazione Litorale Adriatico controllata dai Nazisti con la presenza anche dei fascisti della Rsi. Parallelamente l'Istria viene liberata dai partigiani di Tito e questa volta le violenze sono perpetrate ai danni degli italiani, non solo perché ritenuti fascisti o collaborazionisti, ma anche solo perché residenti italiani. Di qui il fenomeno, circoscritto ma tragico, delle fucilazioni e degli infoibamenti. Dopo la guerra questi territori vengono organizzati in una zona A , fino a Trieste, destinata all'Italia e una zona B alla Jugoslavia. A partire dal 54 si registra il fenomeno, rilevante ed esteso, dei profughi giuliano dalmati (circa 300mila) che lasciarono la zona B per rifugiarsi in Italia o all'estero.
Esuli istriani erano i genitori della seconda relatrice, Lucia Castelli la cui famiglia abitava in un piccolo villaggio vicino a Trieste. Territorio rimasto in sospeso fino al fino al '47. La sua famiglia aveva sperato fino all'ultimo di vedere il proprio paese incluso nell'area italiana, ma così non è stato. A questo punto due le strade possibili: accettare la cittadinanza jugoslava e il regime di Tito o andarsene con la prospettiva di non tornare più. Una decisione difficile, che ha diviso molte famiglie. Quella di Lucia nel 55 ha deciso per l'Italia, accolta prima a Trieste e poi a Fossoli.
Le famiglie qui potevano riunirsi e veniva assegnata loro una unità abitativa. Si è costruito nel tempo un villaggio con una forte identità. Lucia ha trascorso nel campo di Fossoli la sua infanzia fino ai sette anni. Dopo il trasferimento a Modena, per lungo tempo, il ricordo è stato difficile, doloroso. Il desiderio di approfondire è nato nel 2011, quando l'Italia festeggiava l'anniversario della sua Unità e l'idea che proprio questa "unità" non comprendesse le terre di origine della sua famiglia tornava ad aprire una ferita. Castelli ha quindi deciso che voleva fare di più, ricostruendo le storie degli esuli. Storie che ha restituito agli studenti in ascolto.
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