Gioventù bruciata in cerca di riscatto. Il musical "Mare Fuori" al Ponchielli infiamma i teenager
È approdato ieri al teatro Ponchielli il musical Mare Fuori, trasposizione della popolare serie tivù trasmessa dalla RAI per quattro stagioni. Un successo da milioni di spettatori per una platea composta soprattutto da under venticinque e vista soprattutto in streaming. La storia si concentra sulle vite di giovani detenuti nell’Istituto Penitenziario Minorile di Napoli alla ricerca di un posto nel mondo e di una seconda possibilità nella vita. Il titolo prende ispirazione dal bisogno condiviso dei ragazzi di tornare a vivere il mare che vedono dalle sbarre del carcere.
Nello spettacolo non mancano i temi fondamentali della serie (la lotta fra bande e la delinquenza di una gioventù bruciata); tuttavia, gli sceneggiatori Maurizio Careddu e Cristina Farina, che con Alessandro Siani (anche regista) hanno firmato il copione, non raccontano nulla del passato criminale dei loro personaggi, contando forse sul fatto che la maggior parte del pubblico presente in sala conosce già le loro storie.
La trama è elementare: ci sono l’omicidio e la vendetta, un matrimonio, il rapimento di una neonata, il suicidio dal terrazzo, il sogno oltre le sbarre, il ravvedimento. C’è pure il teatro «sfrandecato» che Eduardo De Filippo donò ai ragazzi di Nisida (eravamo nel 1982) per insegnare loro i mestieri del palcoscenico: un progetto proseguito dal figlio Luca e dal nipote Tommaso cui fa riferimento il testo nel laboratorio che porta in scena I Promessi Sposi.
Ritroviamo alcuni esponenti del cast originale come Maria Esposito (Rosa Ricci) e Antonio Orefice (Totò), una copia di Siani in versione vecchio avanspettacolo (vedi il siparietto su Cremona e le sue famose tre T). Il cantautore Andrea Sannino interpreta bene il ruolo centrale dell’educatore.
Tuttavia, nello spettacolo di Siani sembra mancare uno sguardo profondo sulla realtà del carcere minorile che restituisca agli spettatori una riflessione sul senso della pena e sul valore del teatro come strumento di crescita e di cambiamento. Tutto rimane superficiale con dialoghi in napoletano banali e personaggi prevedibili che troveresti più che in carcere ai provini di «Amici» di Maria De Filippi. La bella scenografia a pannelli led di Roberto Crea diventa un vero e proprio set virtuale e televisivo. Gli attori hanno il microfono e cantano in playback (arrangiamenti del maestro Adriano Pennino).
Alla fine, l’entusiasmo dei molti adolescenti per la prima volta al Ponchielli è tanto. Applaudono convinti, chiamando in ribalta i loro beniamini. Per ben tre ore (quanto uno Shakespeare, signori miei!) nessuno di loro ha osato tirare fuori il telefonino dalla tasca o dalla borsetta. Miracoli del teatro, direte voi. In verità, minacciosi incaricati dalla compagnia controllavano che nessuno stesse fotografando o registrando.
Che la vera galera sia allora lì, in platea?
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