Giuliana Chiti, vulcano di generosità . Fondò 35 anni fa l'ambulatorio Caritas per immigrati. Ancora in prima linea a 83 anni
Colonna della scuola diocesana di musica sacra, allieva di don Dante Caifa (maestro di cappella della Cattedrale di Cremona), corista con le qualità da solista e la voce possente ancora oggi, responsabile dei servizi Asl e direttrice della Scuola per assistenti sanitarie, appassionata d'arte, viaggiatrice instancabile, cuoca con la predilezione per i risotti, tifosa di calcio, ciclismo, pallavolo. Giuliana Chiti, 83 anni, è stata ed è molte cose nella sua vita. Una di quelle di cui va più orgogliosa è l'aver fondato, nel 1986, insieme con don Giosuè Regonesi, sacerdote molto conosciuto in città, l'ambulatorio Caritas per immigrati ma frequentato anche da italiani.
Il servizio è ospitato presso la Casa dell'accoglienza, in una piccola stanza. “Ho sempre lavorato nel mondo della sanità e ho continuato a farlo anche quando sono andata in pensione”, racconta 'santa Giuliana', come la chiamano i suoi pazienti.
E' un vulcano di generosità: dispensa a tutti consigli su cure e farmaci, corre al capezzale dei malati, aiuta gli amici e i conoscenti che non stanno bene e che si rivolgono a lei come fosse il loro medico di fiducia. “Con una religiosa, suor Maria De Giuli, avevo aperto un centro di ascolto per i bisognosi, allora soprattutto cremonesi in cerca di un impiego o di un'abitazione o che non avevano i soldi per pagare le bollette. In quel momento si era liberato, sempre alla Casa dell'accoglienza, un grande locale. Proposi a don Giosuè di mettere in piedi un ambulatorio infermieristico. Curavamo i poveri, si facevano medicazioni di ogni tipo”. L'ambulatorio si è trasferito, parecchio tempo fa, di pochi metri, dall'ingresso in viale Trento e Trieste a quello attuale di via sant'Antonio del fuoco".
"Il pubblico è cambiato rispetto al passato ed è composto in prevalenza da stranieri che fanno riferimento alla Caritas. Molti i bambini, ci sono anche mamme con 3 o 4 figli. Si presta assistenza di base come misurare la pressione, fare iniezioni o la prova della glicemia. Sono tanti, poi, quelli che hanno la ricetta ma non possono permettersi i medicinali. Allora li diamo noi, dalla scorta frutto della bontà di chi ce li porta, oppure indirizziamo, con un apposito modulo, gli utenti alle farmacie collegate. Chi ha problemi viene visitato dal medico, che stabilisce la terapia. In caso di disturbi articolari, mal di schiena o altro, avendo la specializzazione in fisioterapia, lo faccio anch'io. Inoltre, seguiamo qualche ragazzo psicologicamente fragile e pochi tossicodipendenti, tutti italiani”
. L'ambulatorio resterà chiuso per il mese di agosto ma dagli inizi di settembre verrà riorganizzato grazie all'impegno di 4 medici, tutti volontari, che si alternano. Uno in più rispetto agli ultimi mesi: Franco Fornaciari, Tiziana Coppetti, Federica Negri, Renata Del Miglio.
“Non posso non ricordare un loro collega, Giovanni Scheda, scomparso di recente, che ha dato un grande impulso alla nostra attività”. Il piccolo pool di medici continuerà ad essere coordinato da lei. “Perché lo faccio? Quando mi alzo il mattino e ho qualche compitino da svolgere, sono la donna più felice del mondo. Sono nata volontaria. La voglia di non tirarmi indietro c'è, proporzionata alle condizioni di salute. Questo non significa che non sia cosciente dei miei limiti, so quando è il momento di voltare pagina”.
Era decisa a dare il suo contributo personale anche nella lotta al Covid. L'idea le era venuta, il Natale scorso, proprio mentre era in servizio all'ambulatorio, la sua 'creatura'.
“Si stava parlando della necessità di trovare personale per il piano delle vaccinazioni. E così mi sono detta: che bello, perché non provare a presentare domanda? Ci ho pensato come faccio sempre: spontaneamente, d'istinto, con entusiasmo”.
Tornata a casa, si è arruolata nell'esercito di operatori. “E' da una vita che faccio punture, i miei pazienti affermano che non sentono mai niente. Mi stupisco quando vedo certe immagini in televisione: io non affondo la siringa nel braccio, ma uso un altro metodo, prendo il muscolo e zac, faccio il colpetto. E' una cosa semplicissima, la più veloce”.
La sua richiesta di diventare vaccinatrice è stata accolta ma alla fine non l'hanno reclutata. “Forse è stato meglio così: 5-6 ore in piedi alla mia età...”. Adesso dice così ma, se l'avessero chiamata, c'è da giurarci: si sarebbe dimenticata, anche stavolta, della sua carta d'identità.
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