17 dicembre 2024

I 3000 bambini dimenticati. Nati in Libia e portati in Italia per un'operazione di propaganda. La loro odissea ricostruita da Roberto Fiorentini. Il racconto di Silvia Napoletano di Monticelli

Inizio maggio 1940. Ai circa 25 mila italiani residenti in Libia, tra Tripoli, Bengasi e la Cirenaica, è notificata una circolare delle autorità locali. Invita le famiglie, con figli dai 5 ai 10 anni, a inviarli in Italia dove sarebbero stati accolti, per tutto il periodo estivo, nelle colonie marine costruite del Regime Fascista.  Il 3 giugno 3000 bambini, partono così dal porto di Tripoli, a bordo della nave ‘Augustus’ Il giorno successivo, sono trasferiti: chi sul mar Adriatico, chi sulla riviera ligure di Ponente, chi in zone montane.  Il 10 giugno di quello stesso 1940, Benito Mussolini annuncerà l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania di Hitler. Da quel momento, inizierà, per i quei bimbi ‘libici’ una vera e propria odissea che durerà fino al termine del conflitto bellico.  Resteranno bloccati in Italia: senza più poter più riabbracciare le loro famiglie, patendo: abbandono, solitudine, paura e fame. Saranno obbligati a indossare divise particolari per distinguerli dagli altri bambini residenti, dalla nascita, in Italia.

Racconta tutta questa incredibile odissea il nuovo libro del giornalista cremonese Roberto Fiorentini dal titolo ‘I dimenticati’. E lo fa con la voce di una delle sopravvissute: Silvia Napoletano, ora 92enne e che vive a Monticelli d’Ongina. Una storia oscura e drammatica del regime fascista quasi mai raccontata e rimasta solo nella memoria personale dei pochi sopravvissuti. 

Il racconto parte proprio dalle terre libiche e da quel terribile viaggio in nave dove 3000 bambini erano stati ammassati ‘come pecore’ (così racconta Silvia) per raggiungere il porto di Napoli, sempre controllati dalle ‘educatrici’ e dalle ‘camice nere’. La voce della protagonista narra la sua odissea. Prima nelle colonie estive della Romagna; poi in quelle in collina sull’appennino tosco romagnolo. Vita da caserma per quei bimbi e quelle bimbe. Alza bandiera al mattino. Lunghe marce cantando per città e paesi le canzoni del regime. Allenamenti fisici estenuanti. Fino alle purghe con il famoso olio di ricino per mantenere sano l’organismo. Esistenza dura resa ancora più spaventosa dalle vicende belliche che si abbatterono sulle coste romagnole. E allora per salvare la vita a quelle bambine, la Gioventù del Littorio, che aveva in carico l’educazione e l’esistenza di quei bimbi, ne decise trasferimenti forzosi. Tanti i luoghi: Riccione, Cervia, Rimini fino nel dimenticato Premilcuore: paesino appena sopra a Predappio. Sveglia nel cuore della notte. E via , su camion militari, verso una scuola, una villa adattata a dormitorio. Divise a gruppi di 250 erano stipate su mezzi militari qualunque fosse il tempo meteorologico o le situazioni militari. E tutto fino alla caduta del regime quando la vita diventa un vero inferno, racconta Silvia.  Cibo finito. Vestiti spariti. Scarpe inesistenti. Notti da brividi e da paura in mezzo alle sparatorie tra i partigiani, uomini allo sbando del fascismo e truppe tedesche in ritirata. A pranzo e a cena solo l’erba che, di giorno, quelle bambine raccoglievano nei campi a combattimenti sospesi. In inverno il dolce era la neve pestata con una sola goccia di succo; proveniente da chissà dove. 

Al termine del conflitto questa marea di bambini si troverà senza più una famiglia. Un padre. Una madre. Chi alle dipendenze come donna delle pulizie. Chi accasato in qualche misericordioso convento. Chi ahimè senza più vita come nel caso dei ragazzi maschi arruolati, obtorto collo, nelle squadracce della Repubblica di Salò e morti in combattimento. Chi portato via e sparito perché di famiglia ebraica. 

Fiorentini traccia anche una vera mappa di questi luoghi soprattutto nell’Italia del Nord che dovevano essere di villeggiatura ma che, con il passare del tempo, si sono trasformati in grandi carceri da cui non potere più uscire. Ricostruisce l’indottrinamento a cui erano sottoposti. Lettere, canzoni, disegni : tutto era utile per far celebrare ai bimbi le "progressive sorti" del regime.

Un viaggio nell’orrore troppo velocemente dimenticato dalla memoria collettiva del Paese. ‘Ho voluto dar voce a questi bambini, dice Fiorentini, perché i bimbi, ieri come oggi, sono le principali vittime di ogni conflitto bellico. I più indifesi. I più deboli. E per questo i più ‘Dimenticati”. 

Guarda il video dell'intervista a Silvia Napoletano:

La copertina del libro di Roberto Fiorentini, alcune foto di Silvia Napoletano, la registrazione di un servizio Rai sull'argomento effettuata ieri al Teatro Ponchielli

Roberto Fiorentini


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