Il piacere delle audizioni "parlanti". Al Museo del Violino audizione speciale con il duo Fiore-Lysohor
Piacerebbe che non fosse un’eccezione assistere ad audizioni come quella che abbiamo ascoltato oggi all’ Auditorium Arvedi di Cremona.
Alla presenza di un foltissimo ed eterogeneo pubblico si sono esibiti Francesco Fiore, che ha suonato la viola Stauffer 1615 di Girolamo Amati - la più antica viola contralto costruita a Cremona oggi conosciuta - in duo con la pianista Yevheniya Lysohor.
L’ audizione ha offerto un interessante spunto per gettare una luce sul genere della trascrizione d’autore. A pochi giorni di distanza dal concerto del duo Gibboni-Dalia abbiamo assistito nuovamente all’esecuzione di brani che sono stati adattati dagli stessi interpreti agli strumenti suonati. Un’operazione audace e vincente, che dimostra come, nell’arte come nella società, non esistano steccati: i limiti sono solo costruzioni sovrascritte, muri che ci costruiamo intorno e che se abbattuti espandono e arricchiscono lo spirito.
L’altro atout del felice e riuscito appuntamento è stato il dotto e piacevole eloquio di Fiore: in apertura il Maestro ha presentato il prezioso strumento con un richiamo al detto dei nativi americani secondo i quali “non si ereditano le terre dai padri ma si tramandano ai figli”: allo stesso modo il Museo del Violino è uno scrigno che ha il dovere di custodire e valorizzare i tesori che custodisce per restituirne la voce agli ascoltatori delle epoche a venire.
Poi la scena è stata tutta per la viola di Amati: la straordinaria bravura dell’affiatato duo, che si esibisce insieme da anni, ha messo in evidenza il timbro particolarissimo di questo antico strumento, che di sicuro non ha la potenza a cui siamo abituati nell’ascoltare strumenti più ‘giovani’, ma reca nella sua tavolozza timbrica sfumature di una dolcezza e di una morbidezza ineguagliabili.
Le trascrizioni autografe di Fiore hanno proposto in apertura la nota Danza Ungherese di Johannes Brahms, in un omaggio al Brahms più popolare e di facile ascolto; in programma a seguire l’Andante da Sheherazade di Nikolay Rimsky-Korsakov. La capacità affabulatoria di Fiore, già prima viola dell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, ha coinvolto il pubblico nel condividere i suoi ricordi personali: il brano proposto – racconta Fiore – è stato il motivo per cui, ragazzino, capì di aver intrapreso la strada giusta dedicando la sua vita alla Musica, ascoltando l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, con i bellissimi soli eseguiti dalla spalla Angelo Stefanato.
Il duo ha affrontato la partitura con piglio sicuro. Fiore ha un suono di scultorea consistenza, un fraseggio sempre fluido e nitido, e restituisce il dettato del grande compositore russo con un incedere rapsodico e malinconico: la versione violistica rende forse in modo anche più umano la voce della bella principessa che con le sue storie si salva la vita notte dopo notte.
In programma infine il brano clou dell’audizione: la Sonata in La Maggiore di César Franck. Caposaldo della letteratura violinistica di cui Fiore ha raccontato la genesi al pubblico sempre attentissimo. La Sonata rappresenta il dono di nozze del compositore belga al virtuoso e amico Eugène Ysaÿe: nei quattro tempi si possono ravvisare le fasi del rapporto amoroso.
L’indeterminatezza del primo incontro, la passione travolgente e tumultuosa del secondo tempo, l’amore che sboccia e fiorisce nel Recitativo fantasia, e infine il felice compimento delle due anime che procedono intrecciate nel tema a canone dell’ultimo tempo.
Tutto questo è stato reso in maniera eccellente dagli interpreti: Lysohor si riconferma interprete dal tocco raffinatissimo e dalla musicalità lirica e sensuale: ha sfoggiato pianissimo di rara bellezza, e ha affrontato con eleganza e disinvoltura le difficoltà della partitura con mani danzanti sulla tastiera nei gorghi dei tempi veloci. Fiore esprime una perfetta conduzione dell’arco e una lucidissima intenzione del gesto sonoro. Gli interpreti ci hanno regalato istanti di assoluta perfezione, in alcuni passaggi operando scelte agogiche inusuali rispetto alla vulgata del brano, sostenuti da un’intesa e dialogo impeccabili.
Gli aggiustamenti resi necessari per adattare i registri alla viola non hanno fatto mai rimpiangere l’originale violinistico ma anzi ci hanno fatto scoprire un Franck più terreno e dionisiaco.
Prolungati applausi hanno regalato come gradito bis l’Andante della Sonata in Sol minore per violoncello di Rachmaninov, anch’esso trascritto per viola.
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