Il vagabondaggio melodico di Anaïs Drago, ipnotica sibilla musicale, al Museo Archeologico San Lorenzo a Cremona
L’esplorazione delle innumerevoli possibilità espressive del violino solo è andata in scena stasera nella suggestiva location del Museo archeologico San Lorenzo di Cremona, in occasione del quarto appuntamento del Festival “Dal Vecchio al nuovo Mondo”, organizzato dall’Associazione Latinoamericana di Cremona, giunto alla sua nona edizione.
La giovane ma affermata violinista Anaïs Drago è un personaggio di spicco del panorama jazz nazionale e internazionale e, dopo aver assistito al bellissimo concerto di stasera, possiamo affermare con convinzione che tentare di racchiuderla nei confini di un solo genere non è affatto la strada giusta per comprendere la sua musica.
Seppur proveniente da un percorso accademico Drago ha spaziato, nella sua formazione, tra stili e linguaggi di ogni tipo. Nella sua creazione sonora l’intrecciarsi di tutte queste trame emerge prepotente.
Il setting del suo monologo musicale è scarno: un tavolino su cui poggiano i suoi due strumenti, un violino acustico e uno elettrico, l’impianto di amplificazione, le pedaliere. Terzo polo di questo apparato sonoro è la voce dell’artista, che dialoga con i pattern melodici creati con la loop station (per i non addetti ai lavori: un effetto che permette di registrare e riprodurre moduli sonori in sequenza ciclica senza interruzioni, cosicché il musicista possa utilizzarli come base per altre invenzioni melodiche) intonando suoni filati, sussurri, fischi sovracuti e ogni sorta di suono che la sua sconfinata creatività le suggerisce.
La struttura non c’è, o se c’è non si scorge, profondamente sepolta e nascosta nei meandri della mente della musicista, che tesse la sua tela in uno stato di concentrazione totale, senza soluzione di continuità. Il discorso musicale prende più la forma di un flusso di coscienza che scorre ininterrotto tra frammenti melodici, distorti da effetti elettronici stranianti, spunti ritmici che però vengono subito assorbiti da nuove idee musicali sopravvenienti, suoni che si sovrappongono e stratificano anche con timbri volutamente disturbanti e rapidi, o al contrario estenuanti, anticlimax, che si sfilacciano a poco a poco e trascinano l’ascoltatore in una dimensione quasi ipnotica.
Alla fine della performance Drago, esile ma potente sibilla della musica, emerge dallo stato di trance in cui ha tenuto il pubblico con il fiato sospeso a seguire le sue acrobazie, e racconta con semplicità la genesi del suo progetto: all’inizio si chiamava Solitudo, e vi era all’interno un brano di due minuti e mezzo dal titolo di Minotaurus. Questo brano ha progressivamente acquisito vita propria e si è dilatato, diventando una suite di trentacinque minuti dal titolo Minotauri. Un tortuoso labirinto di soundscape e possibilità timbriche, un mosaico di idee sonore che entrano nel labirinto e cercano una via d’uscita, impigliandosi tra le dita agili e sottili della violinista piemontese. Alcune trovano una via d’uscita, altre no. Ma in nessun momento l’ascoltatore ha avuto il rimpianto di aver perso l’orientamento.
Applausi convinti e prolungati del pubblico presente, purtroppo non numeroso come avrebbe dovuto essere per un’artista di tale levatura, forse troppo all’avanguardia per la scena cremonese.
Ultimo appuntamento sabato 23 Novembre alle 18.00 con lo spettacolo Volver, affidato al quartetto di giovani chitarristi napoletani Fairy Guitar Quartet.
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