Julian Rachlin, Sarah McElravy e Boris Andrianov ammaliano il Museo del Violino con le Variazioni Goldberg
Le Variazioni Goldberg sono, per tutti gli strumentisti tastieristi, un monumento musicale imprescindibile. Il capolavoro di Johann Sebastian Bach, composto per clavicembalo, è divenuto negli anni sempre più apprezzato. Come non ricordarne l’iconica registrazione di Glenn Gould del 1955 alla “Columbia”. Al Museo del Violino, però, non c’era nessun pianoforte in scena. Qualche appassionato spaesato in platea consultava più volte il programma in cerca di una spiegazione. È presto detto. Nel 1985 il violinista di origine russa Dmitrij Julianovič Sitkovecki decide di trascrivere quest’opera per trio d’archi. Anche il cremonese “acquisito” Bruno Giuranna, apprezzato docente dell’Accademia Stauffer, ne ha trascritta un'interessante versione per il medesimo organico. La nuova partitura di Sitkovecki ebbe immediatamente successo e diede nuova linfa a questo spartito già talmente compiuto da risultare quasi intoccabile. In auditorium è apparso immediatamente evidente il motivo. La composizione fila con un’intenzione tale, nella condotta delle parti, da sembrare scritta proprio per questo organico. Che la musica tastieristica bachiana parta sempre da un contrappunto perfetto è cosa nota, ed è il motivo per cui la gran parte delle sue opere per strumenti a tastiera sono sovente oggetto di esercizi di strumentazione nei conservatori. Alla ribalta il trio composto da Julian Rachlin al violino, Sarah McElravy alla viola e Boris Andrianov al violoncello. In particolare, Rachlin si è esibito con un bellissimo Stradivari 1704 ex Liebig, ma non sono da meno neppure i suoi colleghi. McElravy ha utilizzato una viola di fine ‘700 costruita da Lorenzo Storioni, mentre Andrianov ha suonato su un magnifico violoncello Bergonzi. Un concerto da godere tutto d’un fiato con vette virtuosistiche di assoluta rarità distribuite equamente fra i tre musicisti. Il trio ha “macinato” le 30 variazioni con una prassi esecutiva interessante, lineare e rispettosa, lasciando spazio ai respiri ed evitando i modaioli vezzi che recentemente affliggono il repertorio bachiano in alcune sale da concerto. Ipnotica la condotta della linea melodica senza soluzione di continuità, testimonianza della grande professionalità dei musicisti e del grande affiatamento. Il trio ha mostrato grande padronanza della tecnica al completo servizio della musica, senza protagonismi o stranezze acchiappapubblico. Folti e meritatissimi gli applausi di un auditorium purtroppo non al completo. Domani, come ricordato dal direttore artistico Roberto Codazzi, il concerto di chiusura di StradivariFestival con il duo formato da Gilles Apap al violino e Myriam Lafargue alla fisarmonica.
foto Gianpaolo Guarneri/Studio B12
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