Le due chiese dimenticate di Alfeo e Reboana: della prima non rimane più nulla, della seconda resta (per fortuna) una vecchia foto. Le accomunava un altare in pietra
Alfeo e Reboana: oggi due frazioni di Cella Dati i cui abitanti si contano sulle dita di un paio di mani ma che in passato erano centri vitali e abitati, dove le cascine brulicavano di famiglie, bambini e anziani a fare merenda sotto il portico con l’uovo sbattuto o la scodella di vino annacquato per ‘puciàa na canela de pàan’. Tanta umanità, lavoro durante la settimana e alla domenica messa per le donne e osteria per gli uomini.
Oggi della maggiorparte di questi edifici restano solo le sagome cadenti, vecchi muri di mattoni rimasti in piedi nella migliore delle ipotesi ma svuotati del loro significato; di alcuni, invece, non resta che il ricordo da andare a riscoprire scartabellando vecchi registri degli archivi parrocchiali.
Due oratori per due frazioni
Così scopriamo dagli scritti di unl parroco di Cella Dati, don Aristide Bosisio, che nel 1855 sia a Reboana che ad Alfeo esistevano ancora due oratori: il primo dedicato a San Giuseppe (leggi qui la storia), ancora presente ma chiuso ormai da anni, violato ed ammalorato, abbandonato a se stesso.
Il secondo dedicato a Santa Teresa, di cui non rimane più traccia e ogni notizia storica scompare dopo la relazione alla visita pastorale del 1855. Eppure era antico, addirittura potrebbero esserci tracce di un luogo di culto già dalla fine del 1400 anche se in realtà appare più verosimile che una lapide con la data del 1496 (a cui si fa riferimento in alcuni documenti) sia stata portata nell’oratorio di Alfeo come materiale di risulta e non sia affatto contemporanea al luogo di culto. Di sicuro c’era però una data, l’anno 1676, riportata su un’iscrizione sul pavimento e riferita alla costruzione della chiesetta di Santa Teresa mentre, pochi anni dopo, un’altra lapide datata 1712 veniva posta a custodia delle spoglie del conte Federico Ferrari, proprietario del fondo di Alfeo (o ‘il Feo’, nome sicuramente più antico della località).
Negli anni il fondo passò diverse proprietà e nel tempo l’interesse verso questo luogo di culto andò scemando, nonostante l’oratorio avesse un legato di 12 messe, tanto che fin dal 1818 venne proibita la celebrazione delle funzioni perchè l’edificio risultava già pericolante. Eppure da quegli anni nessuno se ne curò più al punto che, nonostante si parli ancora dell'oratorio in occasione della visita del Vescovo Novasconi del 1855, non se ne trova più traccia nelle mappe catastali del Catasto Lombardo Veneto.
In quegli anni la proprietà era amministrata dall’istituto Fatebenefratelli, come confermato nel 1856 da Angelo Grandi “Evvi un oratorio dedicato a s. Teresa di padr. Fatebenefratelli". Evidentemente fu proprio in quel periodo che l’oratorio perse definitivamente la sua funzione, ammalorato e pieno di crepe che ne minavano la solidità, motivo per il quale appunto era già stata vietata la celebrazione della messa. Probabilmente crollò o venne del tutto smantellato, mentre prendevano il suo posto gli edifici destinati all’uso della cascina. E nessuno ne parlò mai più.
Da Alfeo a Reboana, un altare lega le due chiese
Cosa legava l’oratorio di Alfeo a quello, a poca distanza, di Reboana? Un vecchio altare. Si legge infatti proprio dagli scritti del sopraccitato don Bosisio che nella chiesetta di San Giuseppe a Reboana esisteva “un solo altare in tutto simile al già descritto dell’oratorio di Alfeo” sopra il quale troneggiava la cornice lignea con la tela raffigurante una Sacra Famiglia. Oggi di tutto ciò non rimane che l’antica cornice che mantiene il colore celeste originale con decorazioni dorate ma dalla quale è stata strappata la tela che ha custodito per anni e che recentemente è stata tolta per essere portata in altro luogo.
L’altare in mattoni invece non si trova più in quella chiesa da diversi decenni ormai, ma non a causa dell’abbandono, anzi. Verso la metà del secolo scorso infatti il piccolo oratorio era talmente frequentato che solo le donne riuscivano ad entrare per accomodarsi sui banchi, mentre gli uomini restavano sul sagrato o seguivano la messa dalla sacrestia e i bambini si dovevano stringere sulle panche di legno a fianco dell’altare che era naturalmente girato verso il muro. Dopo il Concilio Vaticano II, però, gli altari vennero rivolti verso l’assemblea pertanto anche a Reboana si seguì questa indicazione; ma qui c’era un problema di fondo, ossia le dimensioni della chiesetta. Infatti, se si fosse costruito un nuovo altare in muratura, spostato dalla parete per permettere al celebrante di avere agio per muoversi attorno, si sarebbe tolto troppo spazio ai fedeli. Che fare dunque? Semplicemente, l’antico altare ed i suoi gradini vennero smantellati pietra dopo pietra ed al suo posto si scelse di usare un tavolo in legno, più snello e meno ingombrante, mentre i mattoni che per secoli avevano composto l’altare, custodendo il Santissimo e facendo da mensa alla consacrazione dell’ostia, vennero portati via -col disappunto del proprietario (la chiesa era ed è ancora parte di una cascina)- usando una carriola, come un qualsiasi scarto ormai privo di valore.
Oggi in quell’oratorio non rimane più nemmeno il tavolino di legno eletto ad altare. Fortunatamente qualcuno si è preso la briga di fare un paio di foto qualche anno fa, quando la chiesa era ancora aperta, cristallizzando così uno scorcio poi inesorabilmente perso per sempre: nello scatto si vede il tavolo ricoperto dalla tovaglia bianca stirata e col pizzo ricamato a mano; sopra, due semplici candelabri e al centro un piccola croce a dare sacralità all’umile mensa di campagna. Sul primo banco si trova ancora appoggiata la veste del parroco, rimasta lì ad attendere di essere indossata ancora una volta; nella bella cornice, la tela della sacra famiglia era ancora al suo posto.
Oggi nulla più di questo rimane, salvo i banchi ricoperti di polvere e lasciati in pasto ai tarli.
In foto, l'interno della chiesa di Reboana una ventina di anni fa e uno scorcio attuale della cascina Alfeo
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