Magnifica serata di grande musica in Auditorium. Il duo Gibboni-Dalia, o dell’essenzialità del virtuosismo
Il sogno impossibile di ogni violinista è poter viaggiare nel tempo per assistere a un concerto di Paganini, ma chi è stato al concerto del duo composto da Giuseppe Gibboni e Carlotta Dalia all’auditorium Giovanni Arvedi del Museo del Violino di Cremona ha fatto un’esperienza che vi si avvicina di molto!
Il tempio della musica strumentale cremonese ha accolto nelle sue spire due giovani musicisti che splendono già singolarmente ma insieme hanno riempito di bellezza il cuore del pubblico riunitosi per ascoltare un magnifico concerto ma anche per contribuire a una nobile causa. Tutto questo è stato possibile grazie all’impegno del Kiwanis Club Cremona Uno, che, per celebrare il trentennale della sua costituzione, ha organizzato un evento eccezionale, il cui ricavato sarà interamente devoluto all’UNICEF.
Giovanni Schintu ha fatto gli onori di casa, sottolineando la lunghissima tradizione del Kiwanis, che ha sempre messo al centro dei suoi services il sostegno ai bambini. Hanno preso la parola anche il luogotenente Piero Grasso e il presidente Giuseppe Cristaldi, e per l’UNICEF la dott.ssa Giulia Trabucco. Un ringraziamento è stato indirizzato a Dimitri Musafia, che ha avuto un ruolo determinante nell’organizzazione dell’evento.
La formazione di violino e chitarra, i due strumenti prediletti da Paganini, è particolarmente interessante anche se poco frequente nei cartelloni delle istituzioni concertistiche: il violino, nell’essere accompagnato dalla chitarra, ha un sostegno minore che nel più usuale accostamento al pianoforte; vanno calibrati con estrema accuratezza i volumi del suono e anche l’intonazione necessita un’attenzione diversa, non avendo come contraltare la massa compatta del suono pianistico ma la delicatezza del suono della chitarra. Il nostro auditorium ben si presta a un tale ensemble, per la precisa restituzione del suono in tutte le sue sfumature che non penalizza il minor impatto della chitarra, altrimenti bisognosa di un’amplificazione artificiale.
Una contrapposizione abilmente padroneggiata dal duo Gibboni- Dalia, che ha condotto per mano il pubblico attraverso le epoche con un programma eclettico, all’insegna del genere musicale della trascrizione alternata con brani solistici di diverse epoche.
La celeberrima Sonata in mi minore op. 3 n.6 di Niccolò Paganini ha aperto le danze dando immediatamente la misura della grandezza degli interpreti. Insieme perfetto, comunanza di intenti millimetrica, suono italiano per Gibboni, che incanta con la nitidezza del fraseggio e la sintassi sempre scolpita, e una corrente sotterranea che sostiene il suono in ogni frangente. Dalia non è da meno, completando il duo con un suono molto espressivo, sempre rotondo e definito. Ma è nella sonata in Sol minore di Giuseppe Tartini Il Trillo del Diavolo che il duo entra nel vivo della tenzone sciorinando una gamma di dinamiche e di timbri ricchissima: la difficoltà estrema della partitura è resa da Gibboni nella cesellatura precisissima di ogni più piccola nota. L’intensità commovente dell’interpretazione non si disgiunge mai da un arco che volteggia sulle corde a tessere la tela di un ragno ma allo stesso tempo rimane magicamente incatenato ad esse come attratto da un invisibile campo magnetico. Tutto è come deve essere e il pubblico rimane letteralmente avvinto negli arabeschi tracciati dal duo.
The Last Rose of Summer, variazioni su un canto popolare irlandese, di Heinrich Wilhelm Ernst, enfant prodige ceco che – ricordiamo - conobbe Paganini e fu uno dei pochi coevi ad essere in grado di comporre brani con virtuosismi più impervi di quelli paganiniani, è uno degli spauracchi più tremendi per i virtuosi di ogni epoca: Gibboni ha dato spettacolo superando con impressionante naturalezza le incredibili difficoltà tecniche presentate dalla partitura. Ma non è neanche questo a stupire di più: quello che distingue Gibboni dalla moltitudine è l’incredibile gentilezza del tocco anche nei passaggi più ardui; la costante presenza a sé stesso, il suo non mettersi mai ‘davanti’ al brano suonato per fare sfoggio dell’ego. Come il più abile dei funamboli il nostro premio Paganini mantiene il controllo e si districa tra gli ingarbugli con un suono pulito, etereo e sublimato, quasi proveniente da dimensioni iperuranie.
Momento solistico anche per Carlotta Dalia, che ha incantato il pubblico traendo dal suo strumento strutture sonore sapientemente filigranate e una varia e piacevole timbricità; con la sua esecuzione del Capriccio Arabo di Francisco Tarrega e del Capriccio n.18 di Mario Castelnuovo-Tedesco El Sueño de la Razón Produce Monstruos ha mostrato un suono introspettivo, estrema eleganza e senso della misura e una padronanza sorprendente nei passi virtuosistici.
Per finire le pagine travolgenti di Histoire du Tango di Astor Piazzolla, in originale composte per flauto e chitarra. Un viaggio a ritroso nel tempo nei meandri del ballo più sensuale, affrontato nel segno di una ritmica potente ma che ha forse indugiato poco sugli aspetti più conturbanti della musica del compositore argentino; può darsi che questa scelta sia dovuta alla giovane età degli esecutori, che esprimono a piene mani freschezza e brillantezza, ma non hanno ancora percorso le strade della ruvida malinconia evocate da Piazzolla.
Il duo Gibboni – Dalia convince in particolar modo per la sua estrema umiltà dinanzi ai monumenti musicali eseguiti; piace e commuove gli animi per la semplicità e la modestia (e la serietà che manca talvolta a certi ‘divi’ che calcano i palcoscenici mondiali). Ma desta ancor più ammirazione per l’intensa concentrazione, per la specifica castigatezza con cui ogni pagina è rivissuta nella propria interezza formale, nella propria essenzialità estetica.
Non è difficile capire come musicisti di ineguagliabile caratura come questi ragazzi meravigliosi non necessitino di trovare ispirazione attingendo a taluni indiscussi modelli del Gotha del virtuosismo storico o del discutibile mainstream planetario, ma abbiano già, a dispetto della giovane età, una precisa statura artistica e un profilo indipendente e del tutto originale che si staglia nel panorama del grande concertismo internazionale.
Belli da vedere, belli da ascoltare, i due giovani straordinari ci hanno regalato un concerto di cui mai si sarebbe stati sazi: Carlotta sembra essere per Giuseppe l’alfa e l’omega, l’origine e il punto di riposo, colei che dà senso e compiutezza al viaggio, la sua Elena dalle bianche braccia a cui tutto è donato. E nel tormento e l’estasi delle fattezze caravaggesche di Giuseppe ogni tanto un’ombra di sorriso lo ricollega a lei, dissetandolo.
Applausi scroscianti ed entusiasmanti e standing ovation hanno strappato due bis al duo, il rondò La Campanella dal secondo concerto per violino e orchestra di Paganini e ancora Piazzolla.
Il recital cremonese del duo Gibboni-Dalia può dirsi coronato dal più caloroso successo.
Fotoservizio Gianpaolo Guarneri (FotoStudio B12)
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commenti
Francesco Capodieci
6 aprile 2024 11:25
E' stato un peccato che un concerto così bello sia stato programmato proprio in concomitanza con quello - anch'esso di ottimo livello - svoltosi al teatro Ponchielli, protagonista la Hochstein Youth Symphony Orchestra. Perchè si verificano spesso a Cremona queste spiacevoli sovrapposizioni? Sarebbe così difficile un'azione di coordinamento dei vari eventi musicali e culturali, magari a opera dell'assessorato alla Cultura del Comune?