Ospedale Maggiore, nuova frontiera per i clochard durante le notti gelide: le sale di ingresso e sale d'attesa dei reparti diventano rifugio dei senza tetto
La notte è la più difficile, con le temperature che crollano, il buio e la solitudine, una solitudine a cui però queste anime sono abituate: sono i senza tetto, uomini e donne che non hanno altro che pochi stracci e qualche borsa riempita di chissà cosa. L'inverno non è amico di chi non ha una casa, di chi non ha nessuno a cui chiedere un aiuto e forse non ha nemmeno più la voglia di chiederlo. Ma la notte bisogna pur passarla in qualche modo e in un luogo che almeno non sia così gelido: ecco che le sale d'attesa dei reparti dell'Ospedale Maggiore di Cremona diventano un rifugio dove trovare una sedia su cui accasciarsi, almeno per non dormire sdraiati per terra, sul freddo pavimento di qualche portico. Uomini come ombre, che non alzano nemmeno lo sguardo, abbottonati nei pesanti cappotti e chiusi nel proprio mondo fatto di stenti, di espedienti e di solitudine.
Hanno scelto questi locali, dormono seduti o sdraiati sulle sedie sia nell'area dell'ingresso, che nelle sale d'attesa dei reparti dove la notte i pazienti dormono senza sapere di essere a due passi da questa umanità dimenticata e balorda, che spesso però non è solo misera e povera, ma anche violenta e criminale: sono stati infatti segnalati furti nei reparti aperti, dove non ci sono porte controllate per accedere; ma non solo, perchè qualcuno parla anche di clochard o tossicodipendenti che portano addosso coltelli, per difendersi o per aggredire, ma che dunque potrebbero essere pericolosi.
Dunque queste sale d'attesa rischiano di diventare terra di nessuno, dove la disperazione di notte incrocia la paura, dove anche una panchina più comoda o un angolo defilato sono un terreno di conquista da parte di chi non ha nulla da perdere, se non quelle borsine di poveri stracci su cui poggiare la testa.
Ma anche i degenti, i loro parenti e gli operatori dell'ospedale hanno diritto di poter vivere tranquillamente la loro permanenza nella struttura, chi per curarsi, chi per assiterli e chi per lavoro, soprattutto che deve entrare ed uscire in orari notturni e non si sente tranquillo di chi potrebbe trovarsi davanti nel parcheggio o quando l'ascensore arriva al piano. Insomma, quelle porte di reparto dividono mondi e storie diverse accomunati dalla sofferenza: da una parte, il dolore e la malattia, dall'altra la solitudine e il disagio. Nel mezzo, un ospedale che non può diventare un luogo di frontiera, dove gli ultimi cercano un riparo e gli sbandati trovano il territorio di conquista.
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