Quel venerdì di cinquant'anni fa, l'assassinio di Laura Bosetti a Casalsigone. Mezzo secolo di silenzi e complicità per un delitto rimasto impunito
Sono da poco passate le 17 del 12 luglio 1974. E’ un venerdì di cinquant’anni fa a Casalsigone. Omero Orlandi, un operaio piacentino ventisettenne, sta percorrendo alla guida di un furgone dell’Enel la strada che porta a Ossalengo, quando nota una ragazza che si sbraccia sul ciglio della strada per attirare la sua attenzione. Si ferma: è una ragazzina che tiene in mano un coltello insanguinato. E’ pallida, ha una profonda ferita sulla schiena da cui fuoriesce copiosamente il sangue. Fatica a reggersi in piedi e riesce solo a mormorare confusamente qualche parola: “ospedale, per favore, coltello”. Omero non esita un attimo, fa salire la ragazza sul furgone e si dirige a tutta velocità alla stazione dei Carabinieri di Castelverde. Ma la ragazzina è in agonia. Lo intuiscono i Carabinieri che chiamano un’ambulanza ed il parroco di Castelverde, che giunge per impartire l’estrema unzione. La ragazza è probabilmente già morta quando viene trasportata all’Ospedale di Cremona, dove giunge ormai cadavere. Sul viottolo di campagna restano solo abbandonata la sua bicicletta da donna nera marca “Edoardo Bianchi” e vistose macchie di sangue. Nient’altro. Oggi a ricordare l’inspiegabile delitto di Laura Bosetti resta un cippo bianco a fianco della strada, dove qualcuno del paese in questi anni ha continuato a deporre un mazzo di fiori. Ma il suo assassino è rimasto senza nome.
Laura Bosetti, conclusa le scuole medie, aveva manifestato l’intenzione di iniziare l'Istituto per Geometri a Cremona. Figlia unica di Maurizio e Angela, agricoltori, viveva in un ampio cascinale quasi di fronte alla chiesa di Sant’Andrea, popolato da appartamenti, cugini, zii. Qual giorno era rimasta fino alle 16,45 con le amiche. Poi, decisa a fare una sorpresa, in sella alla bicicletta, aveva voluto raggiungere il padre, lo zio ed un cugino che lavoravano in campagna, distante un chilometro dalla cascina portando un bottiglione di limonata fresca contro l’afa. Giunta sul posto, il cugino le aveva fatto notare un uomo in camicia gialla su un mezzo a due ruote, una bicicletta o un motorino di colore rosso che da lontano guardava nella loro direzione, ma lei aveva detto di non conoscerlo. Ma ad un’amica Laura aveva confidato di aver paura ad uscire da sola perché un tizio, col motorino rosso, la seguiva. Verso le 17 era ripartita verso casa in bici, con il bottiglione di limonata, mai ritrovato, imboccando la strada asfaltata in direzione del paese dove, all'altezza del ponticello, fu aggredita. Ma da chi?
A mezzanotte dello stesso giorno su indicazione di sette amiche di Laura venne fermato un uomo, Francesco Grioni, 34 anni, di Cremona, che pare amasse seguire le giovani donne per esibirsi in atteggiamenti equivoci e che sembra avesse un motorino rosso e una camicia gialla. Grioni venne arrestato poiché a suo carico, secondo il rapporto dei Carabinieri «sono stati raccolti gravi indizi di colpevolezza per delitti di atti osceni e corruzione di minorenni e molto verosimilmente di omicidio in persona di Bosetti Laura». Ma il sospettato, che dopo tre mesi di carcere fu scagionato, giurò che si trovava a Livrasco alle 16,35 e poi al passaggio a livello di Ossalengo alle 16,40, dove dei testimoni avrebbero confermato. E’ pressoché certo che l’assassino fosse uno del posto, forse conosciuto dalla stessa Laura. I Carabinieri si diedero alla ricerca dell’arma con cui la ragazza era stata colpita: un coltello da cucina marca «Marietti», con lama di 13 centimetri e manico di legno di colore scuro. I carabinieri cercarono a Cremona e provincia, nei 19 rivenditori di prodotti marca «Marietti», possibili recenti compratori di Casalsigone della lama manovrata dal killer per infliggere un unico fendente, ma fu tutto inutile. Il colpo mortale era stato sferrato alla spalle di Laura, come se qualcuno avesse tentato di abbracciarla da dietro colpendola contemporaneamente con il coltello. Ma un altro particolare destò l’attenzione: dalla scena del delitto era sparito il bottiglione di limonata, che non fu più ritrovato.
Un autista del consorzio dei trasporti di Pozzaglio rivelò d’aver notato quel pomeriggio, sulla strada da Casalsigone a Marzalengo, un uomo in canottiera che reputò potesse essere il postino; due vicine di quest’ultimo, che chiamiamo con le sole iniziali E ed L., riferirono ai carabinieri, e in verità anche alla polizia dato che la questura tentò di catturare l’assassino per superare l’Arma, che il postino, che chiamiamo R. aveva l’abitudine di camminare nelle campagne: pescava nelle acque dei fossati laterali ai terreni; le signore aggiunsero che nella settimana successiva al delitto, dalla casa di R. udirono forti litigi con la moglie; a detta di alcuni testimoni, il giorno dell’omicidio il portalettere rimase lontano dall’abitazione fino alle 17.30. Ancora due anni dopo, nel gennaio 1976, si nutrivano dubbi sul postino. Il Corriere della Sera un paio di anni fa ha riportato lo stralcio di un verbale della Legione dei Carabinieri di Brescia, dove si legge: “Le indagini relative all’omicidio hanno dato esito negativo. Poiché si ha la sensazione che le medesime indagini siano state sospese, pregasi il brigadiere L. di riprenderle con il preciso convincimento di riuscire nell’intento (...) Sia in particolare vagliata attentamente la posizione del portalettere R.”. LO stesso brigadiere L, citato nel rapporto, rispondeva ai suoi superiori: “M.G., falegname, uomo ritenuto fidato dallo scrivente, ha confidato che per parecchie persone l’assassino si dovrebbe identificare in R. per il suo cambiamento di vita dopo l’omicidio. Rarissime volte R. veniva notato in paese, e se incontrava qualcuno abbassava gli occhi o cambiava direzione. Gli capitava di incontrare i genitori della ragazza e li sfuggiva deviando o entrando in altre famiglie senza alcun preavviso pur di non incrociarli. Quanto sopra è stato fatto sapere anche dalla famiglia Bosetti (...) Il parroco, don A., conosce l’assassino che si identificherebbe ancora nel portalettere ma tiene coperto il fatto affinché non nasca uno scandalo: la figlia di R. è stata o è tuttora l’amante del parroco. Lo scrivente ha avuto modo di avvicinare il prete ma è questi è reticente”- Il postino, classe 1898, è morto negli anni Ottanta, ma in successive informative i Carabinieri hanno ripetutamente lasciato supporre che nella sua abitazione, in punto di morte, divorato dal rimorso, abbia nascosto delle confessioni oppure degli scritti che potrebbero indirizzare nelle indagini. Eppure la sua posizione non è mai stata vagliata con attenzione.
Negli anni successivi si è fatta strada negli inquirenti la convinzione che fossero da escludere i moventi della vendetta, la rapina, il fattore sessuale o l’esecuzione di un delitto per nascondere un altro reato. Tuttavia sottolinearono che dovesse essere approfondita l’ipotesi che l’assassino fosse in realtà a piedi e stesse girovagando per la campagna forse cercando erbe selvatiche, come lasciava supporre l’utilizzo del coltello, adatto a cogliere la cicoria, e di conseguenza l’indagine dovesse essere approfondita proprio tra le persone che avevano questa abitudine, residenti nel raggio di pochi chilometri dal luogo del delitto. Gli sviluppi giudiziari, sempre nel tempo, hanno registrato l’accusa contro un abitante di Casalsigone per reticenza: s’era dichiarato disposto a «dire qualcosa» presto rifiutandosi con la seguente motivazione: «Bisogna stare attenti, io ho famiglia».
Secondo l’ispettore di polizia L., i genitori di Laura ebbero dei vaghi sospetti sul macellaio del paese: il 12 luglio 1974 aveva in programma di raggiungere Castelnuovo per ricevere gli ordini della carne da macellare ma aveva suggerito alla moglie d’andare avanti. Mancavano pochi minuti all’uccisione di Laura.
Di fatto ad impedire che l’assassino venisse assicurato alla giustizia è stata la grande omertà da parte dei trecento abitanti della piccola frazione, che non hanno mai collaborato in modo fattivo alle indagini. Solo chiacchiere, tante chiacchiere, mai una prova o un indizio. Ad esempio le voci che giravano a proposito del parroco, che sarebbe tornato in tutta fretta dalle vacanze perché qualcuno gli aveva chiesto di potersi confessare. E la stessa omelia durante il funerale che sembrava un appello a qualcuno di conosciuto in paese, affinché parlasse. Oppure le dichiarazione della madre di Laura che al termine del funerale dichiarò di aver perdonato chi gli aveva tolto la figlia, come se lo conoscesse.
Nel 2014 una cugina di Laura, Francesca, chiese che le indagini fossero avviate di nuovo, dichiarando di conoscere il nome dell’assassino ma di non avere prove. A oltre 30 anni distanza, quando il padre di Laura, Maurizio, era morto nel 2002 e la madre Angela anni prima, il procuratore capo di Cremona, Adriano Padula, riaprì il caso. Secondo il magistrato, che riceveva ancora lettere anonime sulla vicenda, l’istruttoria all’epoca “poteva essere leggermente più approfondita” e si trattava di “un delitto -diceva Padula- sul quale si è steso un velo di duratura e inspiegabile omertà”. Ma nel frattempo dalla Procura era sparito quel coltello da cucina, con la lama lunga 12 centimetri, che paradossalmente avrebbe salvato Laura se la povera ragazza non l'avesse estratto facendo deflagrare l’emorragia.
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commenti
Sandra piccioni
27 maggio 2024 07:32
Che brutta storia.
Non si salva nessuno,
PierPiero
27 maggio 2024 10:21
Ricordo quell'episodio. Laura aveva un anno meno di me e a quel tempo io ero in vacanza nella campagna cremonese, a poche decine di km da quei luoghi. Ricordo che noi ragazzi ne parlammo molto quell'estate e anche negli anni successivi ogni tanto ripenso a quel delitto assurdo.
Le informazioni contenute in questo articolo rendono ancora più angosciante tutta la faccenda. Era già una brutta faccenda, ora è bruttissima.
Credo purtroppo rimarrà un cold case ma confido che quella ragazzina adolescente abbia trovato la Pace fra le braccia di Nostro Signore. Almeno quello...
Denis Rota
27 maggio 2024 11:19
In riferimento al fatto mi trovo estremamente offeso come penso gran parte dei Casalsigonesi in quanto veniamo indicati dal giornalista come"omertosi". La comunità di Casalsigone è una piccola comunità molto legata e molto affiatata e con le tragedie che ci sono toccate grazie a questa forza ci siamo sempre sollevati. Per tanto per rispetto dei nostri genitori dei nostri nonni e degli abitatanti ma anche dei defunti chiedo le sue scuse per questa parola inadeguata e offensiva.
Rota Denis
Fabrizio Loffi
27 maggio 2024 11:45
Non sono io che ho parlato di omertà ma il procuratore capo Gaetano Padula ed i rapporti dei carabinieri che hanno seguito il caso.
Stefano
27 maggio 2024 20:06
Bisognerebbe portare rispetto anche ad una morta sul cui assassino non si è mai fatta luce, a quanto pare nè mi risulta che chi lì vi abita si sia mai stracciato le vesti perchè il killer non era stato rintracciato. Se poi era qualcuno del paese, a maggior ragione è lecito pensare, come fa giustamente il procuratore, che ci fossero delle complicità o delle coperture, per cui, visto che non si è pugnalata da sola, chi sa o ha delle testimonianze da far riemergere, che lo faccia finalmente. Perchè la cosa che più di tutte dovrebbe offendere questa piccola comunità, è che non si è mai fatta luce su questo atroce delitto.
Giuseppe FRANZOSI
27 maggio 2024 18:09
Non ho conosciuto Laura Bosetti ma quando passo in bici davanti al cippo mi fermo sempre perché poi a settembre da buon ripetente ai geometri sul cartellone dei nuovi iscritti alla prima il suo nome c'era ancora...e con sorpresa era iscritta alla Prima C...poi seppi anche che era mancina come me, quindi destinata vicina di banco...non lo scordo mai.
Michele de Crecchioo
30 maggio 2024 22:04
Nei primi anni settanta del secolo scorso, una importante Casa Editrice era stata appena incaricata dalla Regione Lombardia, regione allora straordinariamente interessata alla tutela del proprio patrimonio paesaggistico, di provvedere alla stampa di un voluminoso studio, articolato in due tomi e relativo ai più significativi centri storici presenti nel suo territorio. Proprio a chi oggi scrive queste righe, furono allora affidate la stesura delle pagine e la scelta delle immagini relative alla provincia cremonese. Chi scrive, forse anche perché allora duramente impressionato dalla terribile vicenda di sangue che era proprio appena avvenuta in quel di Casalsigone, dedicò a tale villaggio (posto in comune di Pozzaglio ed uniti) una parte discreta del proprio lavoro. Tentai così di "risarcire", per quanto era nelle mie possibilità, la terribile vicenda che aveva così crudelmente turbato il gradevole contesto del piccolo. ma gradevole paese di Casalsigone.