19 febbraio 2023

Quelle storie della Bassa di Guareschi, con Peppone e don Camillo, che sono piaciute tanto a quattro pontefici (l'ultimo Francesco). E Papa Giovanni voleva fargli scrivere il catechismo

A Pio XII aveva scritto, Giovanni XXIII avrebbe voluto che riscrivesse il catechismo, Francesco ha citato i suoi personaggi all’assemblea della Cei. Ultimo in ordine di tempo, Benedetto XVI, appassionato dei film tratti da “Mondo piccolo” e, si è scoperto da poco, estimatore dei racconti che li hanno ispirati. Stiamo parlando di Giovannino Guareschi e dei suoi eterni personaggi: Peppone e don Camillo, per mille motivi cari e rispettati da quattro pontefici.

Ma procediamo con ordine. A papa Pio XII Giovannino scrisse una lettera, dai passaggi salienti fortemente indicativi, sia della sua assoluta indipendenza di pensiero, che della sua sconfinata, incrollabile Fede. Scriveva Guareschi: «Io accetto la Legge Divina non solo senza discuterla, ma senza neppure «ragionarla»: perciò tratto le cose grosso modo e affermo che la Divina Costituzione, per il fatto stesso che è divina, non può essere modificata dai mortali.» E ancora, ecco il suo «autoritratto» di scrittore e di uomo: «Ognuno è cristiano come Dio gli permette e non è da dire che il “Dottore Angelico” Tommaso D’Aquino fosse più o meno cristiano del “Giullare di Dio” Francesco D’Assisi. Io non sono un dottore, io sono soltanto un giullare degli uomini. Probabilmente, vedendomi rivolgere la parola a Vostra Santità, qualche stakanovista dell’acquasantiera griderà allo scandalo, dimenticando che se anche la donnetta di facili costumi può parlare direttamente a Dio, non c’è niente di scandaloso che un uomo di costumi difficili si rivolga al Vicario di Dio

Immaginiamo, oggi, uno scambio di vedute fra Giovannino e papa Francesco: come e cosa gli avrebbe scritto Guareschi? O piuttosto il pontefice, dopo una lettera, gli avrebbe forse telefonato? Più probabilmente, conoscendo il papà di don Camillo e Papa Bergoglio, sarebbe andata a finire con un incontro, magari a Santa Marta, per parlare di giullari di Dio e degli uomini, del modo in cui rivolgersi, come hanno fatto in tantissimi, al Papa come fosse un amico di nome Francesco, talmente amico di Gesù, da poter parlare a ogni uomo come farebbe il Crocifisso dell’altar maggiore con don Camillo.

Riprendiamo le fila cronologicamente e parliamo di papa Giovanni XXIII. Angelo Roncalli, già da Nunzio Apostolico in Francia, era lettore convinto delle favole di «Mondo piccolo», al punto di fare omaggio al Presidente Vincent Auriol di un volume dei racconti guareschiani, dedicandoglielo «per la sua distrazione e per il suo diletto spirituale». E non finisce qui, perché il 4 luglio 1959 Giorgio Pillon, direttore della redazione romana di Candido scrive a Guareschi: «[…] sono stato ad Assisi da don Giovanni Rossi, alla Pro Civitate Christiana. Don Giovanni - che il giorno prima era stato dal Papa - trovò modo di dirmi che parlando con il Pontefice della necessità di rinnovare e rimodernare i testi religiosi, si era lasciato scappare l’idea di domandare a Guareschi di scrivere una nuova, più moderna e più spigliata Dottrina Cristiana. Il Pontefice non aveva affatto trovato troppo ardita una simile proposta. Ecco perché don Giovanni a mio mezzo ti domanda se trovi la proposta interessante». Quale fu la risposta di Giovannino lo dirà lo stesso Pillon, molti anni dopo, sul numero 5 de «Il Fogliaccio», periodico del Club dei Ventitré: «Feci subito presente, per telefono, a Minardi la singolare proposta perché la comunicasse a Guareschi, ormai rintanato nel suo rifugio di Roncole. (Giovannino si era ben guardato dal rispondere alla lettera di Pillon n.d.r.) Il giorno dopo ebbi la risposta: «Guareschi dice che sono matti tutti e due, Papa Roncalli e don Giovanni Rossi». Raccontai questa straordinaria proposta a Indro Montanelli, che osservò: «Al posto di Guareschi avrei accettato. Ti immagini le edizioni che avrebbe avuto la “Dottrina Cristiana” di Guareschi, tradotta in tutte le lingue del mondo?». Un mese più tardi, durante una delle solite quotidiane “fisse” telefoniche che avevo con Minardi, mi sentii dire: «Oggi a pranzo con Guareschi il discorso è tornato sulla proposta di don Giovanni Rossi. Guareschi mi ha detto: Forse potrei anche accettare. Però io lascerei il testo della dottrina cristiana così come noi lo abbiamo appreso in parrocchia. Aggiungerei un aforisma, un esempio, una storiellina, per illustrare il testo - Un esempio: Chi è Dio? chiede il sacerdote. E il bambino risponde, a memoria: È l’Essere Perfettissimo, Creatore del Cielo e della Terra. Subito dopo, ecco, io, Guareschi: Un giorno don Camillo...». Tornai ad Assisi. Parlai con don Giovanni Rossi che accettò entusiasta la proposta. Ma non seppi più nulla.» Insomma, forse Giovannino avrebbe, alla fine accettato, ma non di riscrivere il Catechismo: di aggiungere qualcosa di suo, qualche altra piccola storia di “Mondo piccolo”».

Così si arriva a Papa Francesco che cita il rapporto fra Peppone e don Camillo ai vescovi della Cei riuniti a Firenze, come esempio: è il dialogo che don Camillo ha, non solo con Peppone, ma con tutti i suoi parrocchiani che ha offerto spunto alla citazione di Francesco, come ha detto monsignor Carlo Mazza, vescovo emerito di Fidenza: «…portando il prete guareschiano ad esemplarità nazionale, recuperando il modello del sacerdote don Camillo: prete all’apparenza intransigente da una parte, ma umanamente capace del dialogo con Peppone dall’altra. Un modello che sembra superato ed invece è di grandissima attualità: il rapporto costante, sostenuto dal medesimo amore, del sacerdote con la gente e con Gesù.» Pio XII, Giovanni XXIII e Francesco: tutti accomunati dall’appassionarsi ai personaggi e ai racconti del «Mondo piccolo» di Guareschi.

E arriviamo alla testimonianza più recente: era un appassionato guareschiano anche Benedetto XVI, come scrive monsignor Georg Gänswein nel suo «Nient’altro che la verità» sulla vita di papa Ratzinger che si recava, se era bel tempo, alla grotta di Lourdes nei giardini vaticani o, se pioveva, al giardino pensile dell’ultimo piano, da dove si domina tutta Roma. «Era questo il momento – scrive padre Georg – nel quale scambiavamo qualche parola in libertà e gli raccontavo, per esempio, le domande che inviavano i bambini nelle letterine adornate dai loro ingenui disegni: «Ho letto che al Papa piacciono i film di don Camillo e Peppone, è vero?» (pag.103) Sì, risponde padre Georg, tanto che, nel gennaio 2011 all’udienza generale parteciparono il parroco e il sindaco di Brescello. Ma non è tutto, durante l’emeritato: «La domenica e nelle festività liturgiche quel ritmo cambiava con la Messa alle 8.30 e la recita dell’Angelus alle 12, seguendo in televisione Papa Francesco. Il pomeriggio era dedicato all’attività culturale; nei primi tempi ascoltavamo opere liriche e concerti in cd mentre negli ultimi anni li abbiamo visti in dvd. Al termine, una delle Memores leggeva ad alta voce un libro, e una delle scelte predilette da Benedetto era la serie di racconti di Giovannino Guareschi su don Camillo e Peppone». (pag. 315)

Proviamo a immaginare quale fosse il racconto preferito da papa Ratzinger… Vi diamo un suggerimento: “Giacomone”, del 1952, pubblicato nel volume “Ciao don Camillo”.

 

Egidio Bandini


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commenti


Claudio

19 febbraio 2023 20:22

Premesso di aver letto anche Mondo Piccolo e rivedendo sempre con grandissimo piacere i films con protagonisti Fernandel e Gino Cervi, sono convinto che altri attori, senza loro togliere nessun merito, forse non avrebbero recitato come se fossero i "veri protagonisti" del periodo, come invece hanno fatto i citati, tant'è che le due/tre pellicole seguite sono finite nel dimenticatoio. Io che ho vissuto quei tempi in cui gli "amici di partito" si chiamavano tra loro "compagni" e che si recavano a "...casa loro a spendere..., non dai padroni..." quando andavano all' osteria (allora no bar...) o in coperativa, guardando un po' male "i c..l de' legn", resto sempre affascinato dalla capacità e bravura con la quale Guareschi (il cui figlio Alberto ha studiato a Cremona) li ha descritti. Complimenti all' Autore che purtroppo, come sempre, in vita è stato bistrattato soprattutto dalla sinistra.