Trent’anni fa il martirio di Fabio Moreni. Il Vescovo alla Messa di suffragio: «Un amore grandissimo, che non può morire»
«Voi siete qui per tanti motivi, tra cui i frutti che misteriosamente la morte e la testimonianza di Fabio hanno lasciato nel tempo: questa cascina, le opere di solidarietà e quanto altro si tenta di fare per andare incontro ai bisogni di chi soffre». Con queste parole del vescovo Antonio Napolioni si è aperta la Messa in suffragio di Fabio Moreni, celebrata il 29 maggio a Cascina Moreni, a Cremona, a trent’anni dalla sua uccisione nell’attuale Bosnia, per mano del comandante Paraga, mentre portava il suo aiuto alle popolazioni colpite dalla guerra.
E mentre a Cremona si ricordava la figura di Fabio Moreni e degli altri ragazzi assassinati con lui, anche a Gornij Vakuf, sul luogo delle uccisioni, si celebrava l’anniversario della loro scomparsa, con la Messa presieduta dall’arcivescovo emerito di Sarajevo, il cardinale Vinko Puljić, a cui era presente il presidente della Fondazione Fabio Moreni, Gianluca Arata, accompagnato dal vice presidente, Fabrizio Zanoni, e dal sacerdote diocesano don Ernesto Marciò.
A presiedere la Messa cremonese, celebrata nella festa della Beata Vergine Madre della Chiesa, il vescovo Napolioni, affiancato da alcuni sacerdoti concelebranti, tra cui don Pierluigi Codazzi, direttore della Caritas Cremonese e consigliere della Fondazione Moreni.
«Sono certo che anche voi abbiate colto quanto questa memoria di Maria Madre della Chiesa è provvidenziale per illuminare questo ricordo della morte di Fabio, di Sergio (Lana) e di Guido (Puletti)», ha detto il vescovo nella sua omelia, riallacciandosi al Vangelo di Giovanni, che racconta della morte di Cristo, sulla croce, davanti a Maria. «Ciò che spicca è una morte che coinvolge una madre, che dilata questa madre la famiglia, il cui unico figlio le muore così davanti agli occhi, senza fare nulla, se non obbedire a lui». Così come ha detto Gesù “Non c’è cosa più bella che dare la vita per i propri amici”, il vescovo ha aggiunto: «Figuriamoci allora darla per gli sconosciuti, o addirittura per i nemici. Un amore grandissimo, che non può morire lì, che deve continuare ed esplodere: esplode in Maria e anche qui, dove continua a portare frutto».
Da qui il riferimento alla prima lettura, tratta dal libro della Genesi: «Se Eva fu la madre dei viventi, Maria è la madre dei risorti. Se in Eva noi tutti ci riconosciamo fratelli per il destino umano, in Maria ci riconosciamo figli, chiamati a servirci gli uni gli altri, a prenderci cura gli uni degli altri, a fare dell’umanità una famiglia nuova, il popolo di Dio, che non è cattolico o musulmano, non è di destra o di sinistra. È il popolo di Dio, il popolo dei figli che Maria ha ricevuto in consegna dalla morte di Gesù». Ha quindi concluso: «Lodiamo il Signore per chi lo ha capito almeno un po’, per chi si è sintonizzato con questa apertura di cuore, per chi ha speso la sua vita totalmente, perché questo esempio non ci lasci indifferenti, ma ci spinga a fare altrettanto». «E allora benedico chi si rimbocca le maniche e anche oggi testimonia solidarietà e vicinanza. Questo è il modo migliore per fare memoria di Fabio e degli altri, questo è il modo migliore per ripartire, con coraggio, sulla strada che ora è tracciata per noi. Non sarà Sarajevo, saranno altre le frontiere, i luoghi di incontro, magari ce le abbiamo sotto casa, nel condominio, nel quartiere…e anche lì possiamo osare a essere testimoni di accoglienza, di condivisione e di fraternità, quella dei figli di Dio, dei figli di Maria e persino quella dei figli di Eva».
Al termine della celebrazione, il vescovo e i sacerdoti concelebranti hanno portato il loro saluto e la loro preghiera sulla tomba di Fabio Moreni, le cui spoglie sono custodite all’interno della cappella della cascina che porta il suo nome.(www.diocesidicremona.it)
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