Truffava i clienti della banca nella quale lavorava: condanna definitiva a 6 anni di reclusione per l'ex BCC Daniela Zignani
La Corte di Cassazione II Sez. Penale, nella pubblica udienza tenutasi lo scorso 27 marzo, sentito il rappresentante della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, i difensori delle parti civili costituite e il difensore dell’imputata, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Zignani Daniela verso la sentenza della Corte d'Appello di Brescia.
Nella propria requisitoria il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso mentre la Corte, accogliendo la tesi sostenuta dai difensori delle parti civili, avvocati Gian Pietro Gennari e Monica Gennari, ha dichiarato l’inammissibilità di tutti i motivi del ricorso in Cassazione proposti dalla difesa dell’imputata. La Suprema Corte ha confermato, per il resto, quanto statuito nelle sentenze di Primo e Secondo Grado.
Con la pronuncia della Suprema Corte è stata resa definitiva la condanna di Zignani Daniela per il reato di truffa aggravata, art. 640 c.p. e 6 I n. 5 e 11 c.p., ad anni sei di reclusione e al risarcimento, in separata sede, dei danni arrecati alle parti civili costituite. In conseguenza dell’inammissibilità del ricorso sono state rese definitive anche le condanne alle pene accessorie inflitte all’imputata tra cui: l’interdizione perpetua dai pubblici uffici (ex art. 29 c.p.) e l’interdizione legale per tutta la durata della pena (ex art. 32 c.p.).
Con questa pronuncia si chiude la vicenda che aveva avuto inizio nel febbraio del 2017 quando la Funzione Controlli Interni di Credito Padano aveva riscontrato nella filiale di San Bassano un flusso anomalo in ordine al trasferimento e alla liquidazione di titoli nonché un inconsueto cambio di beneficiari di polizze assicurative sottoscritte dai clienti di quella filiale. Le verifiche, sempre più stringenti, mirate e documentalmente riscontrate, hanno portato ad individuare in Zignani Daniela, al tempo responsabile della filiale, l’autrice di una serie di truffe perpetrare in danno di alcuni clienti.
A seguito delle querele sporte dalla Banca e dai singoli clienti danneggiati, sono partite le indagini affidate dal P.M., Dottor Davide Rocco, agli uomini della Guardia di Finanza che hanno provveduto alle verifiche e alla raccolta del materiale probatorio necessario a sostenere l'accusa in dibattimento.
Prima dell’apertura del processo penale instaurato nei confronti della Rag. Zignani Daniela, la Banca aveva provveduto a risarcire, fino ad un ammontare del 75%, il danno patito dai singoli clienti
A conclusione del dibattimento il Tribunale di Cremona, Giudice Monocratico Dott. Francesco Panchieri, aveva condannato Zignani Daniela alla pena di anni dieci di reclusione oltre al risarcimento dei danni alle parti civili. La Corte d' Appello di Brescia, con la sentenza n.2224/23 R.G. Sent. Corte Appello ha respinto i motivi di gravame proposti da Zignani Daniela e diminuito la pena ad anni sei di reclusione a seguito dell’intervenuta prescrizione di alcune truffe.
La sentenza del Tribunale di Cremona ha dunque resistito al vaglio delle magistrature superiori.
Dichiara il presidente Antonio Davò: “il comportamento di Zignani Daniela ci ha sconcertati. Innanzitutto, è stata tradita la fiducia alla base del rapporto di lavoro. In quasi 130 anni di storia della BCC non era mai accaduto. Ci ha colpito poi la totale assenza di scrupoli, la modalità odiosa con cui la truffa è stata perpetrata nei confronti dei clienti che si affidavano a lei per la gestione dei propri risparmi, in particolare persone anziane o in difficoltà. Essendosi definitivamente concluso il processo la Banca provvederà al risarcimento del restante danno ai clienti ed agirà nei confronti di Zignani Daniela per il recupero delle somme sottratte.”.
Dichiara l’avvocato Gian Pietro Gennari: “nel processo è emerso che il Credito Padano ha fornito agli organi inquirenti la massima collaborazione ed assistenza nella ricostruzione delle singole truffe fornendo un dettagliato quadro generale e probatorio di quanto era avvenuto. Di tale attività ne viene dato atto nella sentenza di primo grado, sentenza che ha resistito in tutti i successivi gradi del giudizio. In merito al processo non posso dimenticare il contributo professionale del Collega e amico, Avvocato Cesare Gualazzini, che ha partecipato alla difesa nel primo grado di giudizio assistendo alcuni dei clienti truffati.”.
Dichiara l’avvocato Monica Gennari: “sia in Appello che in Cassazione è stata respinta la tesi della difesa dell’imputata di configurare il reato contestato alla Zignani come frode informatica, ex art 640 ter c.p., reato che prevede una pena inferiore rispetto a quella stabilita per la truffa. Questo perché il reato di truffa informatica, diversamente dalla truffa, si realizza con l’alterazione dell’identità digitale della persona offesa dal reato; così come aveva recentemente affermato la II° Sezione Penale della Corte di Cassazione. È rimasta confermata la valutazione operata dal Tribunale di Cremona in ordine alla statuizione di una pena superiore ai minimi editali stante la comprovata natura, gravità e i motivi a delinquere riscontrati a carico di Zignani Daniela, elementi identificati dall’art 133 c.p.”.
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