1 ottobre 2022

Venticinque anni fa moriva il giornalista Elia Santoro, gran polemista ma fu lui a rilanciare la liuteria classica cremonese

Venticinque anni fa, nell’ottobre del 1997, scompariva Elia Santoro, sicuramente una delle penne migliori che abbiano calcato la scena del giornalismo cremonese. La sua passione sanguigna, la vis polemica, la curiosità attenta a quella città che lo aveva adottato, e che lui amava profondamente hanno fatto scuola e segnato davvero un’epoca. Ed oggi, ogni volta che si parla, come in questi giorni, di liuteria cremonese, non si può fare a meno di pensare a quanto pesi la sua assenza. 

Santoro, con i suoi articoli pungenti, le sue ricerche ed i suoi libri, ha segnato in modo determinante gli anni del rilancio della liuteria classica cremonese e della sua scuola. 

Anni di grandi passioni e di grandi polemiche, a cui Elia non si sottrasse mai ma, anzi, contribuì di certo a stimolare. Era nato a Caserta ma arrivò a Cremona proprio il giorno del patrono Sant’Omobono, il 13 novembre. Un segno del destino perché la città di Stradivari e della liuteria divenne la sua città, quella che amò con la passione degli innamorati che litigano per tener vivo il ménage. 

Le sue numerose pubblicazioni nel campo della liuteria, in testa a tutti il volume su "Stradivari", hanno fatto discutere, acceso dibattiti, creato opi- nione. Le sue tesi spesso azzardate hanno scatenato polemiche, che sono poi il sale della civiltà, anzi della libertà. 

Chi non ricorda la sua battaglie a favore della ‘forma interna’, da lui considerato l’unico metodo possibile nella realizzazione del violino? La sua vis polemica è diventata proverbiale, il suo carattere guascone e irrequieto, affatto incline alla mediazione 

Lo scrittore e giornalista Elia Santoro, casertano di origine ma cremonese d’adozione, il suo tratto distintivo. Eppure quest’uomo che non rinunciava mai a far sentire la sua voce garrula e controcorrente ha contribuito alla rinascita della nostra tradizione liutaria, provocando, stimolando, smuovendo le acque e le coscienze. Non venendo mai meno al suo ruolo di “fustigatore”, quando gli avvenimenti lo richiedevano. Come quella volta che “partecipò” lui stesso al concorso. 

Il Concorso Triennale era alla sua terza edizione ed era apertamente osteggiato, così come lo stesso Ente appena nato, da una campagna di stampa sul giornale locale a firma di Elia Santoro. La sua grande competenza, come storico e ricercatore, non sempre coincideva con una visione a 360° della liuteria contemporanea e inevitabilmente la sua vena polemica “contro l’innovazione” emergeva dai numerosi articoli. 

In quel contesto di conflittualità vennero lanciati attacchi al Concorso in fase di organizzazione così che durante l’arrivo degli strumenti partecipanti, gli articoli del giornalista riferivano della partecipazione di strumenti ad arco non in linea con la liuteria classica e cioè violini, viole, violoncelli con forme strane, di plexiglass, colorati di verde e di blu e altre amenità del genere, mettendo in cattiva luce, all’opinione pubblica e non solo, lo sforzo da parte dell’Ente di riunire tanti strumenti provenienti da 26 paesi del mondo. 

Lo staff della ricezione strumenti di quel Concorso era composto da Primo Pistoni, allora venticinquenne, e da altri due colleghi che con grande impegno cercavano di sistemare al meglio gli oltre 350 strumenti. La lettura di quell’ennesimo articolo non contribuì certo a rilassare il clima, ma solo l’idea di una goliardata stemperò la tensione.

Allo staff della ricezione strumenti si unirono altre persone che contribuirono alla realizzazione dell’impresa: un liutaio di origine scandinava mise a disposizione un suo violinaccio da studio, un disegnatore svizzero procurò due bombolette spray e qualcuno realizzò il cartello con la scritta, tutto nella notte precedente all’inaugurazione.

La mattina del 2 Ottobre 1982, giorno dell’inaugurazione della III Triennale, a chi si avvicinava all’ingresso di Santa Maria della Pietà non sfuggiva che appeso al palazzo di fronte c’era un cartello sormontato da un violino colore blu cobalto; sul cartello si leggeva chiaramente “creato da Elia Santoro”.

Ai più, soprattutto stranieri, quel cartello suscitò ilarità e divertimento e naturalmente solo alcuni cremonesi addetti ai lavori furono in grado di comprendere il gesto. Comunque fu il violino più fotografato e filmato di quella Triennale.

L’altra grande passione di Elia fu il cinema. Nel ‘45 era già critico cinematografico dell’edizione cremonese de “Il mattino d’Italia”. Poi collaboratore al “Fronte Democratico”, fino agli anni ‘50. Infine a “La Provincia”, dopo lunga attesa.

A lui si deve anche la realizzazione del primo cineforum al Politeama Verdi. Il cinema, il teatro, la musica, e infine la città, con la sua architettura: ecco le grandi passioni per cui Elia ha lasciato un segno indelebile del suo passaggio in questo mondo.

Elia lasciò la sua biblioteca e il suo archivio alla Biblioteca civica di Cremona, in un apposito fondo. La città dovrebbe essere grata dedicandogli almeno una via o una piazza, una proposta finora caduta nel vuoto.

Fabrizio Loffi


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commenti


Primo Luigi Pistoni

1 ottobre 2022 09:30

Che tempi !!! Un saluto, Primo.

Giorgio Maggi

1 ottobre 2022 09:56

Ricordi lontani, un caffè con Elia in piazza del Comune. Viole nelle mani di angeli cremonesi, colti appunti di storia Cremonese accanto a taglienti ma colti giudizi . Personaggio contestato al quale non si poteva non voler bene.

Nicolini Gualtiero

2 ottobre 2022 05:29

Un grande "nemico" che aveva ragione !

michele de crecchio

2 ottobre 2022 14:20

Anch'io ho un simpatico ricordo di Elia Santoro con il quale mi incontravo e spesso discutevo, nel tardo pomeriggio, all'imbocco della Galleria XXV Aprile, quando la stessa non era ancora degradata al livello di triste "androne cimiteriale" come è oggi.
Lo ricordo anche come non sempre precisissimo, ma costante, cronista delle riunioni di consiglio comunale in anni nei quali l'attività di tale consesso era molto più vivace e complessa dell'attuale, purtroppo mortificata da recenti e sciagurate riforme.
Era anche un appassionato "topo d'archivio" ed ebbe il merito di ricordare, per primo, ai cremonesi soprattutto molte delle relativamente più recenti vicende urbanistiche cittadine. Presentava i risultati delle sue ricerche con la "forma mentis" del cronista, senza cioè approfondire le motivazioni sociali, economiche e culturali di certi avvenimenti.
Oltre a molti altri, pubblicò anche un interessante ed utile libro sulle architetture da lui definite "liberty" esistenti nella nostra città. In tale libro, purtroppo, avventurandosi in un campo nel quale non era sufficientemente aggiornato, commise errori di classificazione, confondendo architetture effettivamente "liberty" con architetture tardo-eclettiche o decò, errori che ancora pesano sulla comune cultura cittadina.
Memorabile la contesa che lo vide contrapporsi all'erudito cremonese Pontiroli sulla esatta localizzazione della casa di Monteverdi. Non sono mai riuscito a ben capire (anche perché alla questione non davo soverchia importanza) chi dei due avesse ragione, ma la disputa ebbe il merito di riportare all'attenzione dei cittadini il desueto termine di "stretta sedile", termine che in passato si usava per indicare il viottolo di uso comune, intercluso tra lotti edificati, che serviva ad allontanarne le acque, bianche e nere, provenienti dalle parti più interne di detti lotti, quando per le stesse era impossibile raggiungere direttamente la fognatura stradale.