Tre rintocchi di campana. Tre voci diventano un inno. Davanti alle 70 croci gli studenti del gruppo AtTorriani ripetono un rito civile ogni volta che una donna viene uccisa
In apertura 3 rintocchi di campana tibetana per richiamare l'attenzione. Poi tre voci in differenti tonalità leggeranno un testo assemblato dai ragazzi del gruppo di teatro, partendo dalla canzone di Alex Britti Perchè e dal testo Baraye di Shervin Hajipour, diventato un inno alle proteste in Iran, scoppiate lo scorso settembre dopo la morte della 22enne Mahsa Amini. Il testo è stato concepito per essere letto come una fuga musicale a tre voci. Al termine 7 colpi di campana uno per ogni decina di donne uccise. Il rito è collegato all'installazione esterna, che domina il lato tangenziale. Un grande e visibile striscione con la domanda: 'quante donne ancora?' Una provocazione che dovrebbe far nascere una riflessione in coloro che passando raccoglieranno la sollecitazione. I 70 nastri rossi annodati con un fiocco simboleggiano le 70 vittime."
Un presidio permanente a pungolo delle coscienze, nella speranza che non ci si abitui troppo e con l'assoluta consapevolezza che solo in una collaborazione fattiva tra uomini e donne si potrà invertire questo drammatico andamento.
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commenti
Marco
17 novembre 2024 06:51
Si possono fare striscioni,panchine rosse, cortei ma la violenza contro le donne non si arresta.
Come non si arresta il pressappochismo in alcuni casi venuto alla ribalta delle cronache verso la loro difesa e protezione.
Braccialetti elettronici non funzionanti o scarichi, pene irrisorie o sottovalutazione del pericolo reale sono venuti a galla più di una volta, ma nessuno poi ha fatto mea culpa e vive senza rimorsi...e intanto si muore .
Molte volte si ha la sensazione che si applichino pene poco severe, anche in casi di stupri di gruppo.
Faccio una domanda a tutti: se aveste una figlia aggredita, molestata, oppure alle prese con uno stalker violento e sappiate l'identità di chi ha fatto o lo sta' compiendo cosa fareste?